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Duckburg table games
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La fiera, organizzata da Paperone, ha come attrattiva più importante la mostra delle cards da collezione dei grandi campioni del passatto autografate: come al solito Paperino viene precettato per la sorveglianza, per questa volta solo diurna (per la notturna Paperone si avvale di una squadra di professionisti), mentre Qui Quo Qua vengono coinvolti con il ruolo di consulenti per il passaparola social tra gli appassionati. La fiera e in particolare le cards risvegliano l'interesse anche nei Bassotti, che iniziano a tramare per impossessarsi dei pezzi da collezione. Inevitabile l'esito del loro tentativo di furto.
La storia, pur non risultando particolarmente ricca di gag, scivola via con un buon ritmo, mostrando comunque la capacità di Bosco di riuscire a scrivere storie moderne, come già era avvenuto con la prima della serie.
Ad affiancarlo Francesco D'Ippolito, con il suo tratto netto e preciso che mostra sempre di più l'influenza di Giovan Battista Carpi: basti vedere i Bassotti (tratti, espressioni e stassa) o lo stesso Paperone (basette e movenze).
In conclusione un'ottima apertura di numero!
La storia su un arazzo
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La storia di conquista realizzata nell'arazzo, da molti ritenuto un modo per legittimare il potere normanno in Inghilterra, si trasforma in un invito alla pace e all'unione dei popoli contro il tiranno che opprime e divide ne L'arazzo di Topeux, 20.ma storia della serie de La storia dell'arte di Topolino. Ancora una volta a scrivere l'avventura è Roberto Gagnor, con tutti i pregi e i difetti che si porta dietro lo stile del simpatico sceneggiatore. Ad esempio alcuni modernismi, già mostrati nella parodia dell'Odissea, risultano fuori luogo, o la scena della fuga dei protagonisti dal castello del tiranno lascia la sensazione di essere un po' troppo rocambolesca e irrealistica soprattutto a causa della gag delle padelle. Punti di forza sono il già citato messaggio di pace e convivenza civile e la capacità dello sceneggiatore di descrivere con poche ma chiare vignette il modo in cui l'arazzo veniva eseguito anticamente.
I disegni, infine, vengono assegnati a Roberto Vian, che come al solito realizza un ottima ricostruzione dell'ambientazione unita al tratto chiaro, preciso e facilmente riconoscibile.
Una bella storia completata dal breve articolo di Gabriella Valera che aggiunge alcune brevi informazioni storiche e artistiche, correggendo l'errore commesso con La storia del cinema di Topolino con storie senza alcun pur breve approfondimento.
Il reality del pioniere
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L’esperto sceneggiatore porta Paperone nel ricco mondo della creazione dei format televisivi da vendere alle reti generaliste. Il programma proposto, partorito dallo stesso Paperone con la collaborazione di Paperino e Paperoga, è il classico reality con due squadre di mandriani che si sfidano per portare in un punto convenuto un gregge di pecore. A fine giornata una prova di abilità in stile pionieristico e il televoto da casa stabiliscono gli eventuali vantaggi in termini di partenza anticipata da assegnare per il mattino successivo. Per ottenere, però, la paternità dell’idea e quindi i soldi della sua vendita, Paperone deve sfidare Rockerduck proprio in una sorta di pilota di Belando sotto le stelle: il suo storico avversario ha, infatti, presentato un'idea assolutamente identica, che però ha rubato a Paperone grazie alla classica mosca-spia.
Il confronto tra le due squadre procede spedito, ricco di gag, con una sfida abbastanza classica in questo genere di storie tra i professionisti ingaggiati da Rockerduck e i veraci parenti di Paperone. La conclusione è abbastanza scontata, mentre il finale riserva un’ultima divertente gag che in qualche modo riabilita la reputazione di uno dei protagonisti dell'avventura.
Da parte sua Nico Picone, che si è occupato dei disegni, pur mostrando ancora un forte legame nel tratto con Stefano Intini, in un paio di vignette, soprattutto quadruple, mostra alcune soluzioni prospettiche che in qualche modo richiamano all'ultimo Alberto Lavoradori.
Il risultato finale è una storia divertente, moderna e piacevole da leggere.
Meno due
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Alla fine non è solo la contessa del titolo a restare perplessa, ma anche il lettore, che così diventa ancora più curioso di leggere la storia vera e propria.
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