Nella storia della matematica, Gauss è uno dei pochi principi di questa disciplina ad avere avuto non solo una grande creatività, ma anche una velocità di calcolo inavvicinabile, sorretta evidentemente da una forte memoria. Queste ultime caratteristiche non sono spesso abbinate con la prima, la creatività, e anzi in alcuni casi ne sono di impedimento, ma Gauss non è l'unico esempio di grandi scienziati che sono stati in grado di abbinare queste tre capacità in una sola mente.
Altro esempio a noi più recente è quello di John von Neumann. Pioniere nell'ideazione e progettazione dei moderni computer, era anche molto abile nel calcolo a mente. Si narra infatti che, quando era a Los Alamos, era tenuto da conto come uno degli esperti del calcolo insieme con Enrico Fermi e Richard Feynman: in particolare, mentre l'italiano prendeva il regolo calcolatore e Feynman la calcolatrice, von Neumann utilizzava solo il calcolo mentale. E ovviamente non aveva alcun timore di sbagliare, più o meno come tutti i... "calcolatori".
A riprova, però, della difficoltà di mettere insieme velocità di calcolo, memoria e creatività c'è, però, il confronto tra von Neumann e altri campioni del calcolo a mente, che fanno letteralmente scomparire le abilità degli scienziati qui citati o di altri come Leonhard Euler o John Wallis, anch'essi abili a calcolare senza l'ausilio di carta e penna.
La storia di Colburn e Bidder
Era il lontano 1804 quando a Cabot, nel Vermont, nasceva Zerah Colburn che, come il padre, la bisnonna e (sembra) un altro fratello, si presentava al mondo con un dito in più su ciascuna mano e ciascun piede. Oltre a questo, però, possedeva una certa familiarità con i numeri, visto che ben prima di imparare a leggere e scrivere, imparò le tabelline fino al 100. Così, essendo la sua famiglia povera, il padre decise di mandare il figlio in tour per raggranellare un po' di denaro grazie al talento del piccolo. Il bambino, durante le sue peregrinazioni, finì anche in Inghilterra: aveva 8 anni ed era in grado di moltiplicare tra loro numeri a 4 cifre e mostrava qualche esitazione con numeri a 5 cifre.Fornì anche un'interessante spiegazione su come era riuscito a moltiplicare 21734 per 543. Spiegò che 543 è pari al prodotto tra 181 e 13, per cui prima calcolò il prodotto tra 21734 e 3 e poi moltiplicò il risultato per 181 ottenendo 11801562.
Il talento di Zerah conquistò un po' tutti nel mondo, in particolare lo scrittore Washington Irving, che decise di raccogliere il denaro necessario per mandare il ragazzo a scuola, prima a Parigi e poi a Londra. Quando ritornò in America ormai vent'enne, non solo il suo talento nel calcolo in generale e quello mentale in particolare era diminuito, ma anche il suo interesse per la materia, tanto che intraprese la carriera di pastore metodista per il decennio successivo e poi come insegnante di inglese presso l'università di Norwich fino alla precoce morte a 35 anni.
Colburn, però, aveva un avversario, il britannico George Parker Bidder, di poco più giovane di lui (era nato nel 1806 nel Devonshire). Anche Bidder era di umili origini: il padre era uno scalpellino e si racconta che imparò l'aritmetica giocando con marmi e bottoni. Come il padre di Zerah, anche quello di George portò in tour il ragazzo, che all'epoca aveva nove anni. Domande tipiche rivolte al piccolo George erano di questo tenore: se il suono potesse propagarsi nello spazio vuoto, quanto tempo impiegherebbe a raggiungere la Luna dalla Terra? Oppure quale è la radice quadrata di 119550669121.
Poiché i due "calcolatori" umani si trovavano più o meno contemporaneamente sullo stesso territorio, fu naturale congegnare una sfida tra i due giovani talenti: Bidder aveva 12 anni, mentre Colburn 14. La palma del vincitore dipende dalla campana che si sente!
Anche Bidder affrontò gli studi, a quanto pare grazie all'interessamento di John Herschel, diventando uno dei più noti ingegneri dell'Inghilterra: la sua opera più nota è il porto Vittoria a Londra. Bidder, a differenza di Colburn, non perse le sue capacità calcolatrici: si narra che in punto di morte trovò la soluzione esatta all'ennesimo indovinello che evidentemente gli veniva posto per distogliere la sua attenzione dalla fine imminente. Inoltre lo stesso figlio, che con un grande moto di originalità venne chiamato George Parker Bidder jr., aveva ereditato un'ottima capacità di calcolo che gli permise di essere un abile crittografo (anche se forse gli fu meno utile nella sua carriera di parlamentare).
Un metodo comune sia a Colburn sia a Bidder sia a molti calcolatori umani nell'affrontare calcoli complessi è quello della semplificazione delle operazioni, che personalmente ho sempre trovato molto utile ma che per mantenere attivo va comunque esercitato. Se prendiamo ad esempio il prodotto tra un numero di tre cifre e uno di due cifre, come 236 $\times$ 47, allora il modo più semplice è scomporre 236 in 200 $+$ 36 $+$ 6 e 47 in 40 $+$ 7. In questo le operazioni, pur se aumentano in numeri, risultano più semplici da compiere e quindi più rapide da portare a compimento rispetto al metodo usuale(1).
I segreti di un "calcolatore"
Uno dei più grandi "calcolatori" del XX secolo è stato, invece, Alexander Craig Aitken, nato l'1 aprile del 1895 in Nuova Zelanda. Ha anche fornito contributi nei campi dell'algebra, della statistica e, ovviamente, dell'analisi numerica. A differenza di Colburn e Bidder, le sue abilità di calcolo mentale non divennero manifeste fino all'età di 13 anni. Uno degli aspetti interessanti di Aitken è il modo in cui memorizzava le cifre di dati numeri più o meno lunghi. Non associava le cifre a parole specifiche, un metodo troppo lento per ricordare e successivamente richiamare le cifre richieste, ma, come ha dichiarato alla Society of Engineers di Londra nel 1954, fissava nella mente un dato ritmo. L'esempio che ha fatto è stato la memorizzazione delle cifre decimali del $\pi$. Il calcolatore francese Maurice Dagbert aveva dichiarato di essere riuscito a memorizzare 707 cifre decimali del $\pi$ calcolato da William Shanks nel 1873. Atkin c'era già riuscito alcuni anni prima di Dagbert semplicemente suddividendo le cifre decimali in righe di cinquanta per poi dividere ciascuna riga in dieci gruppi da cinque e infine leggere questi usando un ritmo particolare.
Il segreto della mia mente è il rilassamento, la completa antitesi della concentrazione come solitamente si intende. L'interesse è necessario. Una sequenza casuale di numeri, senza alcun significato aritmetico o matematico, mi ripugnerebbe. Se è necessario memorizzarli, si potrebbe, ma controvoglia.Chiuso l'intervento con queste parole, peraltro interessanti che in qualche modo riecheggiano l'idea dell'ozio creativo di Henri Poincaré, Aitken si è esibito nel ricordare le cifre del $\pi$, prima recitandole fino alla 250.ma, quindi, su richiesta del pubblico, riprendendo dalla 301. Dopo altre 50 cifre, gli venne chiesto di saltare alla 551.ma e proseguire per altre 150 cifre. Aitken, senza batter ciglio e senza commettere errore alcuno, ha eseguito ciascuno dei compiti proposti.
Un altro memorizzatore di cifre del $\pi$ era Lewis Carroll, che sviluppò un metodo di memorizzazione che gli permetteva di arrivare a 71 cifre per il pi greco e a ricordare i logaritmi di tutti i numeri primi sotto il 100. Rispetto ad Aitken, Carroll utilizza le consonanti per poi aggiungere le vocali in modo da crare delle parole vere e proprie per memorizzare le cifre, ad esempio quelle delle date. Ad ognuna delle 10 cifre Carroll associava due consonanti. Quindi a partire dalla data, lo scrittore di Alice nel Paese delle Meraviglie determinava una parola e, per fissarla meglio nella mente, creava una rima, tipicamente due versi in cui la parola corrispondente alla data da ricordare si trovava alla fine del secondo verso.
In qualche modo il metodo di Carroll unisce sia il tradizionale sistema di utilizzare le parole, sia il sistema di Aitken legato al ritmo. Questa "memoria technica", come Carroll amava definire il metodo, serviva per ridurre al minimo i problemi derivanti dalle uniche due mancanze della sua altrimenti prodigiosa memoria: le facce e, appunto, le date.
Martin Gardner, 1965, 'Mathematical Games', Scientific American, vol. 212, no. 4, pp. 128-135 doi:10.1038/scientificamerican0465-128
- Di fatto questa considerazione mi era sembrata piuttosto chiara sin dalle scuole elementari, quando ti insegnano le moltiplicazioni a due cifre. Queste sono sempre state relativamente semplici da visualizzare a mente (sì, visualizzo i numeri, soprattutto quando faccio i calcoli a mente), ma non mi sono mai spinto oltre le due cifre (tipo numeri da 3 o 4 cifre moltiplicati per numeri a 2 cifre), a meno di non avere situazioni particolai in cui il calcolo risulta particolarmente semplificato (qualche zero in giro per il numero, a voler essere precisi). L'abilità è indubbiamente diminuita, anche se al suo massimo ero arrivato al punto di visualizzare e seguire a mente un integrale, ma come spesso avviene basta incontrare un incredulo e inizi a non crederci più nemmeno tu... Ad ogni buon conto la buona memoria che ancora mi assiste, almeno relativamente alle cose scientifiche, direi che è originata più o meno dagli stessi motivi che raccontava Aitken, come saprete tornando a leggere l'articolo (sempre che questa nota non la leggiate alla fine, ovviamente!) ↩
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