ultimo contributo lungo apparso su Shock Addizionali: ispirando al venerdì musicale, che più o meno sto cercando di rispettare nell'ultimo periodo, vi propongo una recensione di un vecchio album power metal. L'articolo ha, in qualche modo, una dedica a Moreno Colaiacovo, che ha proposto un titolo ispirato proprio alla mia passione per il metal a un articolo a suo modo interessante che abbiamo scritto insieme poco più di 6 anni fa.
I Judas Priest sono sicuramente uno dei gruppi più tecnicamente dotati della scena metal mondiale: d'altra parte sono, insieme con gruppi come Led Zeppelin, Black Sabbath o Deep Purple, fondamentali per le origini e lo sviluppo dell'heavy metal. Un po' come i Dream Theater con James LaBrie, cui dedicherò un articoletto in uno dei prossimi venerdì, anche i Judas Priest trovano abbastanza presto il loro cantante simbolo, Rob Halford, abile nell'interpretazione, con una grande presenza scenica e un registro vocale decisamente molto vario, mostrato in particolare in Nostradamus, uscito nel 2008 (quasi dieci anni fa, dunque). Halford si esibisce in vari generi: dal metal vero e proprio, al melodico fino al lirico.
La prima volta che ho sentito una canzone tratta da Nostradamus è stata ai bei tempi in cui ascoltavo la musica in tv, durante una trasmissione dell'ormai defunta All Music, la sintesi del festival Gods of Metal: Halford stava salendo sul palco vestito come un alto porporato, carico di tutto il suo carisma da showman, con quella voce calda e profonda intonando le note di Dawn of creation cui seguiva senza soluzione di continuità Prophecy, l'inizio del loro album tributo al misterioso Nostradamus.
Proprio qui sta la chiave di questo lungo concept album: è difficile, quasi impossibile, staccare una canzone dal resto del corpo, non solo per non perdersi il racconto vocale dei Judas, ma anche lo stesso racconto musicale. Le tracce sono spesso una la continuazione di quella precedente, creando così un legame che trasporta l'ascoltatore in un percorso musicale nei completo per varietà, pur se restando di base metal. Per cui in Nostradamus si va, come detto, dal metal più classico, senza dimenticare passaggi per il progressive o per l'elettronica, fin quasi al symphonic metal, o forse si dovrebbe parlare di una sorta di liric metal.
La passione per Nostradamus, per la musica, per il rock e il metal: è tutto questo e molto altro il Nostradamus dei Judas Priest, e presenta anche una curiosità interessante per noi italiani. In Pestilence and plague Halford canta il ritornello in italiano, con un lieve accento spagnoleggiante.
In definitiva Nostradamus è una grande opera musicale, da classificare come heavy metal perché questo è, per fortuna, il suo background, ma che comunque resta un lavoro da ascoltare assolutamente.
Recupero, con qualche modifica, l'
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