A quel punto, vinti dal dolore, esprimono un secondo desiderio: che il loro unico figlio torni in vita.
"C'ho pensato solo ora", disse istericamente. "Perché non c'ho pensato prima?" Perché non ci hai pensato prima?"E ancora una volta il desiderio viene esaudito in un modo imprevedibile e non gradito: il ragazzo, infatti, torna come uno zombie. Così, in una scena finale dalla tensione crescente, il marito esprime freneticamente il terzo desiderio, che annulla il secondo e impedisce alla moglie di incontrare il mostro che sta bussando alla loro porta.
"Pensato a cosa?" chiese egli.
"Agli altri due desideri" replicò subito ella. "Ne abbiamo espresso solo uno."
"E non era abbastanza?" domandò ferocemente.
"No", gridò lei, trionfante; "ne useremo un'altro. Vai giù e fallo subito, desidera che il nostro ragazzo viva di nuovo."(1)
La citazione poco sopra apre la terza parte di Per Sematary di Stephen King. Lo stesso scrittore ha confermato l'influenza del racconto e la sua intenzione di portare quella storia alle estreme conseguenze. Il romanzo di King, infatti, non solo è suddiviso in tre parti, ma sembra avere anche una struttura a tre desideri, per così dire, visto che Louis Creed prima resuscita il gatto della figlia, Ellie, quindi il figlio Gage e infine la moglie Rachel, il tutto trascinato in un delirio e una follia crescenti che portano all'ennesima potenza lo stesso delirio della signora White nel racconto di Jacobs.
In questo caso, a differenza del racconto, non c'è nulla che riesce a far ragionare il genitore folle, che anzi si autoconvince di aver ogni volta commesso un errore che con la successiva sepoltura non commetterà. Interessante, poi, come Jud Crandall, vicino dei Creed e colui che rivelerà il segreto del cimitero degli indiani Micmac, racconta a Louis una storia simile a quella dei coniugi White, finita altrettanto male, ma spintasi comunque un po' più in là che ne La zampa di scimmia.
Il punto centrale del romanzo, però, è l'esplorazione del rapporto degli esseri umani con la morte. King scava in questo tema sin dai primi capitoli, in particolare quando presenta ai Creed il cimitero degli animali, dove i bambini del circondario vanno a seppellire i loro animali morti. Questa visita genera una serie di domande "scomode" da parte di Ellie al padre, un medico, e porta i coniugi Creed al litigio a causa del passato di Rachel, che ha assistito, sentendosi colpevole, alla morte della giovane sorella Zelda.
King, quindi, propone al lettore dei personaggi in qualche modo predisposti alle malizie del terreno maledetto che si trova poco oltre il cimitero degli animali, e conduce il lettore attraverso la distruzione della mente forse più razionale tra quelle dei personaggi presenti nel romanzo. Louis, vero protagonista della storia, viene costruito e poi distrutto un pezzo alla volta fino alla folle scena finale, in cui tutto si conclude con una semplice parola, che però perde qualunque senso rassicurante che, in un contesto normale, si porterebbe dietro.
Il problema, però, è proprio quello che da questo punto in poi hanno costruito le due trasposizioni cinematografiche di Pet Sematary.
Una piccola apocalisse zombie
Il romanzo di King ha, in effetti, avuto due trasposizioni, la prima del 1989, arrivata in Italia come Cimitero vivente e diretta da Mary Lambert, e la pellicola del 2019 di Kevin Kölsch e Dennis Widmyer.Giusto per chiarire sin da subito, il film del 1989 è di tutt'altra pasta rispetto a quello di 30 anni più tardi (tra l'altro quest'ultimo è considerato un remake del film e non una trasposizione del romanzo). Innanzitutto, pur con tutti i cambiamenti alla storia, alcuni anche piuttosto importanti, il film della Lambert è di gran lunga più fedele al romanzo di King, visto che ne riprende quasi pedissequamente scene e battute. Inoltre approfondisce i personaggi in maniera molto più efficace, mentre il film di Kölsch e Widmyer risulta comprensibile in molti passaggi solo con la lettura pregressa del romanzo.
Il cambiamento più importante del film del 1989 è, però, la scomparsa del personaggio della moglie di Jud, che in King era usato come scusa per spingere quest'ultimo a rivelare a Louis l'esistenza del cimitero dei Micmac. A partire da questo cambiamento, però, gli sceneggiatori procedono cercando, lodevolmente (nonostante il parere negativo dello stesso King sul risultato finale), di mantenersi quanto più fedeli al romanzo originale, laddove invece nel film del 2019 vengono introdotti altri nuovi cambiamenti e posta maggiore enfasi sul gatto di Ellie come agente del cimitero indiano. Inoltre eliminano la scena delirante del trasporto del cadavere del figlio morto al cimitero, che non era stata resa in maniera particolarmente efficace nel 1989 (forse l'unico punto in cui la conoscenza pregressa del romanzo era realmente necessaria), e non approfondiscono il rapporto tra Louis e i suoceri, che in realtà è uno degli elementi chiave del crollo psicologico del medico.
Il film del 2019, poi, si conclude lasciando lo spettatore come all'inizio di una vera e propria apocalisse zombie, mentre gli sceneggiatori del 1989, accarezzando proprio l'idea di qualcosa del genere, Cimitero vivente 2, uscito nel 1992. Questo sequel si lascia apprezzare molto di più, nonostante il finale sia decisamente ben poco kingiano, forse perché gli sceneggiatori, liberatisi dalla necessità di dover seguire una storia già scritta da altri, possono dare libero sfogo alla propria creatività, pur mantenendo una serie di riferimenti al film precedente. Questo permette sì di costruire una sorta di storia unica, ma non limita il film e la sua godibilità come storia a se stante, indipendente non solo dal romanzo di King, ma anche dal primo film.
- Tradotto dall'originale presente su wikisource. ↩︎
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