Nonostante un certo interesse nei confronti di Junji Ito, soprattutto dei sui manga di stampo lovecraftiano, ho letto molto poco di questo visionario mangaka dell'orrore. E scritto ancora meno. Il volume di cui sto per parlarvi, Sensor, presenta una tematica non molto dissimile da quella di Remina. L'astro infernale, una riflessione sull'universo, i suoi misteri e i suoi orrori. Mentre, però, Remina ha un respiro più fantascientifico e kingiano, Sensor, anche per la scelta narrativa, è decisamente molto più lovecraftiano.
La storia, in sintesi, racconta di un paese posto alla base del Monte Sengoku, un vulcano, che venne distrutto da una sua eruzione negli anni Sessanta. Dalla bocca del vulcano, prima della fatidica eruzione, sembra che uscissero dei filamenti detti capelli di lava o capelli di pele che, invece di apparire scuri e venire dissolti dagli elementi naturali, risultavano permanenti e con una particolare colorazione dorata. Questa caratteristica viene, nel racconto, ricollegata con il martirio del missionario cattolico Miguel nel corso dell'epoca degli shogun. Era stato gettato, insieme con i locali che lo avevano aiutato, nella bocca proprio del Monte Sengoku. Non ho avuto modo di verificare l'esistenza e il martirio di un missionario con questo nome, ma è ad ogni modo una storia abbastanza comune a molti missionari dell'epoca.
Ad ogni modo la storia, grazie a flashback e a strani intrecci temporali, coinvolge una ragazza, Kyoko Byakuya, ritenuta una mistica in grado di essere giunta alla massima conoscenza dell'universo, la preveggenza, e un giornalista (o aspirante tale), Wataru Tsuchiyado, che diventa sin dal secondo capitolo la voce narrante della storia, ricostruendola pezzo dopo pezzo, proprio come in un classico romanzo di Howard P. Lovecraft. Altri elementi tipici della narrativa lovecraftiana sono la presenza di esseri deformati, nello specifico strani insetti suicidi, di un gruppo di umani invasati e, soprattutto, di una oscura e insondabile divinità malvagia, che ovviamente mira al controllo e alla morte dell'universo. Per contro è abbastanza originale l'inserimento di una specie di setta della luce, un gruppo di persone che cerca di contrastare questo male, mosso dall'idea che gli esseri umani siano stati creati per contemplare l'universo, perché solo se esiste qualcuno che lo osserva e si meraviglia di fronte a esso, allora quest'ultimo acquista un senso.
Nel complesso è un'opera che mescola elementi della filosofia orientale con altri della religione occidentale, il tutto "cucinato" con il già citato gusto lovecraftiano. Il risultato è un manga a un tempo filosofico e dell'orrore, che non rinuncia a porre domande importanti al lettore. O a spingere il lettore a porsele.
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