Stomachion

martedì 26 novembre 2019

La geometria iperbolica dei pesci di Escher

Come promesso, un po' alla volta, cercherò di raccontarvi qualcosa sulle immagini che Roger Penrose ha proposto all'uditorio che si è presentato presso la Biblioteca Braidense ad ascoltare la sua lezione leonardesca. In questa occasione mi piace occuparmi di Cerchio limite I di Maurits Escher, incisore olandese di cui Penrose si è occupato in svariate occasioni.
In particolare Penrose fa notare nel poderoso La strada che porta alla realtà, da cui ha tratto praticamente tutte le immagini che ha presentato nella sua conferenza, che l'illustrazione di Escher altri non è che una rappresentazione euclidea della geometria iperbolica.
Il modo per vederlo è, come sempre, relativamente semplice. Nell'ottica iperbolica i pesci bianchi e neri hanno tutti le stesse dimensioni. Nessuno di loro è più grande o più piccolo dell'altro. Inoltre nessuno di loro raggiunge mai il confine di questo piccolo universo, quello che noi vediamo come la circonferenza limite, ovvero la circonferenza che racchiude il disegno di Escher. Nell'ottica euclidea, invece, i pesci diventano via via più piccoli man mano che sembrano avvicinarsi alla circonferenza limite, fino a diventare di area trascurabile o nulla nel momento in cui la raggiungono.
Inoltre in tale rappresentazione le linee rette vengono rappresentate come porzioni di circonferenze euclidee che intersecano ortogonalmente, ovvero ad angolo retto, la circonferenza limite. In questo modo la nozione di angolo iperbolico tra due linee qualsiasi del piano che si intersecano coincide con la nozione di angolo euclideo tra due rette qualsiasi del piano che si intersecano. Ogni volta che accade qualcosa del genere, allora si parla di geometria conforme o modello conforme, in questo caso alla geometria iperbolica.
Uno dei risultati più interessanti osservando l'illustrazione di Escher è che si capisce bene che gli angoli interni di un triangolo non danno come somma 180°, o $\pi$, come ben enfatizzato anche dall'illustrazione qui sotto, sempre di Penrose:
In questo caso, però, è possibile associare la differenza tra la somma degli angoli interni di un triangolo iperbolico alla sua area tramite la formula scoperta da Johann Heinrich Lambert

dove $c$ è una costante che dipende dalle unità di misura utilizzate per misurare le distanze tra i punti. Ovviamente sorge spontanea la domanda: come si misurano le distanze in una geometria iperbolica? Semplice: presi due punti qualsiasi $A$, $B$, la loro distanza è data dalla formula \[\ln \frac{QA \cdot PB}{QB \cdot PA}\] dove $QA$, $QB$, $PA$, $PB$ sono le distanze euclidee tra i punti $A$, $B$, $P$, $Q$, mentre gli ultimi due punti sono determinati a partire dalla figura seguente

La geometria iperbolica, che si distingue da quella euclidea essenzialmente perché non vale l'assioma delle parallele, può essere rappresentata con un modello visuale e geometrico differente, il modello proiettivo. In questo caso le rette iperboliche, ovvero gli archi di circonferenza, diventano rette euclidee e il fattore di conversione è dato da \[f = \frac{2R^2}{R^2 + r_c^2}\] dove $R$ è il raggio della circonferenza limite, $r_c$ la distanza euclidea dal centro della rappresentazione conforme del punto da rappresentare. In pratica ogni punto della rappresentazione conforme viene allontanato dal centro della circonferenza limite per un fattore $f$ secondo la figura qui sotto
Questo trasforma Cerchio Limite I nel modo seguente:
Tutto ciò, come ricorda Penrose, si basa sul lavoro del matematico italiano Eugenio Beltrami, padre tra le altre cose anche della proiezione stereografica, che peraltro possiede l'interessante proprietà di essere conforme.

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