Anche io sto ritornando in ufficio un po' alla volta, una o due volte alla settimana. E questa settimana c'era anche un collega ricercatore, peraltro un altro appassionato di musica (anche se i suoi generi preferiti sono leggermente più soft dei miei!), che mi ha parlato del suo ultimo articolo, in pubblicazione sul Monthly Notices of the Royal Astronomical Society (lo trovate, nel frattempo, su arXiv).
Stefano Andreon, insieme con un gruppo internazionale di astronomi, è riuscito a osservare il primo vagito, per così dire, di un ammasso di galassie primordiale. L'importanza della cosa è varia. Innanzitutto, come spiegato in varie occasioni, osservare il cielo vuol dire gettare uno sguardo sul passato. Quindi più lontano siamo in grado di osservare, più informazioni riusciamo a raccogliere su vari fenonemi che altrimenti non potremmo osservare dal vivo, come ad esempio la nascita o la morte di una stella o i processi di formazione di strutture più complesse, come le galassie o gli ammassi di galassie. Quando scrissi gli articoli sulla Via Lattea presenti qui su DropSea e sul Caffè del Cappellaio Matto, vi parlai del fatto che nell'universo possiamo identificare strutture sempre più grandi a partire dalle galassie in su, identificate dalla caratteristica di essere composte da oggetti gravitazionalmente legati. Non sono solo i pianeti, infatti, a essere "costretti" a ruotare intorno alle stelle, e le stelle intorno al centro galattico, ma anche le galassie a muoversi intorno ad altre galassie. Queste strutture sono dette, appunto, ammassi di galassie. E l'articolo di Andreon et al. racconta di un ammasso lontano lontano, la cui luce ha impiegato 10 miliardi di anni per raggiungerci (l'ammasso, invece, si trova a una distanza un po' più grande: per capirci qualcosa, date un'occhiata a questo video di Sandro Bardelli). Questa luce, però, è un po' particolare, perché è stata prodotta poco dopo la sua formazione, e quindi è ricca di informazioni su quel processo. Questo risultato è stato ottenuto grazie (anche) alle osservazioni fatte con il Green Bank Observatory, un telescopio con uno specchio del diametro (se non ricordo male) di circa un palazzo di oltre 30 piani!
E qui entra la parte aneddotica (per cui spero siate arrivati fino a qui), visto che Stefano è andato di persona personalmente presso il Green Bank Observatory, toccando con mano le vertiginose altezze di una struttura di queste dimensioni: un'esperienza vertiginosa, ma indubbiamente emozionante (e io l'ho semplicemente ascoltata!).
Stefano, però, ha anche potuto lavorare da remoto su questo oggetto, come mostrato nella foto allegata con l'articolo uscito su MediaINAF, dove lo vediamo alla scrivania di casa sua di fronte alla schermata con tutti i controlli del telescopio. Sul suo schermo si può osservare a sinistra il Green Bank Observatory mentre sulla destra le immagini dell'ammasso galattico denominato IDCSJ1426+3508.
Se pensiamo alle proporzioni, un oggetto piccolo come un computer, in grado di controllare un oggetto paragonabile a un grattacielo di oltre 30 piani, in grado a sua volta di "scattare" una "foto" a un oggetto grandie diverse Vie Lattee (e la nostra galassia ha un raggio di oltre 50000 anni luce), c'è solo da emozionarsi come, così insignificanti come siamo, riusciamo a conoscere così tanto del nostro universo. Che poi è sempre una quantità trascurabile, ma questa è tutta un'altra faccenda.
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