La serie televisiva
Star Trek ha raccolto in poco più di 50 anni una gran quantità di appassionati: il segreto del suo successo è, in effetti, contenuto in una serie di molteplici elementi. Da un lato l’ottima caratterizzazione dei personaggi e le storie mai banali proposte dagli sceneggiatori, dall’altra il tentativo di rappresentare in maniera quanto più plausibile possibile la tecnologia e la fisica alla base della serie.
È innegabile che, se parliamo di viaggi nello spazio profondo, la fisica che domina tutta la serie è la relatività, speciale e generale, di
Albert Einstein, ma di tutti gli elementi che la serie ha introdotto, quelli che hanno maggiormente colpito l’immaginario popolare sono il teletrasporto e il
motore a curvatura. Sono, infatti, i due sistemi che riducono i tempi di percorrenza di grandi distanze, come quelle planetarie (relativamente al teletrasporto) o interplanetarie (relativamente ai viaggi nell’universo).
In particolare il motore a curvatura ha un fascino innegabile, legato all’idea o al sogno di poterci lanciare in una nuova avventura esplorativa, questa volta viaggiando tra le stelle. E in effetti spinti da questo sogno alcuni fisici hanno cercato di progettare un motore a curvatura.
Come avevo già scritto tempo fa, la prima e più nota proposta fu quella del 1994 di
Miguel Alcubierre, cui nel 2012 fece seguito il ricercatore della NASA
Harold White che ipotizzò la possibilità di ridurre la massa e l’energia negative necessarie per il motore modificando la forma del disco di curvatura. Il problema era che la massa necessaria andava da quella del
Voyager 1 a quella presente nell’intero universo osservabile!
Nonostante queste
piccole difficoltà di ordine tecnico, l’interesse verso il motore a curvatura continua a restare particolarmente alto, tanto che curiosando in giro ancora oggi continuano a uscire articoli sull’argomento, come i due che ho selezionato per questo brebe
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