Stomachion

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venerdì 7 giugno 2019

Ombre di un sole morente

#deathmetal #astronomyforabetterworld #astronomia #sole cc @cosmobrainonair @astrilari @real_fabristol @Pillsofscience @stefacrono @Scientificast @92sciencemusic
Gli Insomnium sono una band death metal finlandese attiva dal 1997. Giunta al suo settimo album in studio, Winter's gate, uscito nel 2016, nell'album precedente di due anni prima ha proposto un pezzo particolarmente interessante per questi aperiodici articoli dedicati alla musica e alla scienza, Shadows of the Dying Sun. Il testo della title track dell'album, oltre che il titolo, presenta alcuni elementi scientificamente interessanti. Andiamoli a vedere insieme:
Quello che resta di un cadavere cosmico
La famosa Figli delle stelle di Alan Sorrenti per come viene utilizzata in particolare dai Deproducers è un modo di vedere l'origine del sistema solare piuttosto positivo. A voler essere pignoli, infatti, siamo qui su questo pianeta perché una o più stelle nel braccio di Orione esplose in supernove(1) per consentire al Sole di poter nascere e dare il via al processo di formazione dei pianeti che gli ruotano intorno.
Questa idea è catturata, in una maniera un po' più soft di come l'ho raccontata or ora, dal verso del ritornello
We are the dust of the stars
Questa polvere stellare, ricca di calcio e alluminio e con abbondanza di oro e uranio, andò successivamente a condensarsi nei pianeti e negli altri corpi celesti che sono gravitazionalmente legati al Sole, e dunque costituiscono il nostro sistema solare. Tale modello è fondamentalmente basato sull'ipotesi nebulare del 1796 di Pierre-Simon Laplace, similare all'ipotesi avanzata da Immanuel Kant nel 1755(1) come probabile evoluzione della teoria del 1734 di Emanuel Swedenborg. Per dettagli sulla formazione del sistema solare vi rimando al modello di Nizza, visto che qui in questa sede proseguo con la possibile evoluzione del Sole.

giovedì 15 giugno 2017

Iddu e le stelle

Non potendo muoverci ed esplorare l’universo in tempi umani, il modo che abbiamo sviluppato per "esplorare" l’universo è raccogliendo la radiazione che ci manda. Il primo e più semplice modo che abbiamo mai utilizzato è indubbiamente l’occhio, però le informazioni che riusciamo a raccogliere utilizzando questo mezzo sono piuttosto limitate. L’universo, infatti, emette energia su varie frequenze: basta solo utilizzare lo strumento giusto per leggerle!
Uno dei segnali che ci manda con maggiore abbondanza è però costituito da particelle ad alta energia, i così detti raggi cosmici. Possiamo immaginarli un po’ come i proiettili animati messicani di Chi ha incastrato Roger Rabbit?: pieni di energia e pronti a interagire con la materia che incontrano.

I Fantastic quattro disegnati da Jack Kirby
Radiazioni dallo spazio profondo
La storia della loro scoperta inizia nel 1909 con il fisico tedesco Theodor Wulf che, misurando le radiazioni intorno alla Torre Eiffel scoprì che i conteggi erano maggiori in cima rispetto alla base. Questa osservazione, però, nonostante la pubblicazione su Physikalische Zeitschrift, non venne mai accettata dalla comunità. Per avere una nuova osservazione nella stessa direzione di quella scoperta da Wulf bisogna attendere il 1911 quando l’italiano Domenico Pacini realizzò alcune misure analoghe su un lago, sul mare e a una profondità di 3 metri dalla superficie. I risultati andavano nella direzione della diminuzione della radioattività subacquea: Pacini concluse allora che una parte della ionizzazione doveva essere dovuta a fonti differenti dalla Terra(1).