Stomachion

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giovedì 27 dicembre 2012

Rex tremendae maiestatis

More about Rex tremendae maiestatis
L'ultimo romanzo della serie di Eimerich di Valerio Evangelisti sembrerebbe essere anche l'ultimo in assoluto (pur se l'autore si è lasciato una piccolissima scappatoia per permettere una prosecuzione che però gli dovrebbe precludere la possibilità di ritornare nell'ambientazione medievale). Con Rex tremendae maiestatis, poi, la serie sembra tornare a un romanzo complicato e immaginifico sulla falsa riga del bellissimo Cherudek, che viene anche citato, e mescola con grandissima maestria gli elementi fantastici della serie, con la fantascienza del lontano futuro, che ha come al solito una influenza (e ne viene a sua volta influenzata) più o meno diretta sul lontano passato, con alcune considerazioni sulla politica, in particolare siciliana, del tempo che sono di una tremenda attualità ancora oggi.
Mentre gli elementi politici risultano come detto estremamente interessanti alla luce dell'invariata situazione politica attuale(1), gli elementi fantastici sono tutti basati su una fusione tra cabala e alchimia, dove l'avversario di Eymerich, Ramon de Tarrega, cerca di portare a compimento la grande opera alchemica rappresentata dall'uovo filosofale. Questo non è altro che un simbolo per rappresentare la fusione tra i quattro principali elementi alchemici con un quinto elemento in modo da ottenere una sorta di vita eterna (lo stesso esperimento che ad esempio in Caino si cerca di ottenere per mezzo della fusione fredda, ormai diventata più un gioco per alchimisti e per opere di fantasia). Ed è proprio per evitare che Ramon ottenga questo potere e diventi il Rex tremendae majestatis che Eymerich deve, in un certo senso, non solo sconfiggere il suo avversario, ma anche fare in modo di prenderne il posto. Ne verrà alla fine una sorta di viaggio iniziatico che conclude degnamente la saga dell'inquisitore spagnolo più famoso d'Italia.

(1) Emblematica a questo proposito questa frase di Eymerich:
La Sicilia è dei baroni e tale resterà per decenni. La società avrà meno cambiamenti che all'epoca dei Sicani o dei Lestrigoni. Avete mano libera a tempo indeterminato.

lunedì 23 agosto 2010

Il cammino dello spettro

Rebecca Stott è insegnante di Storia della Scienza all'Anglia Ruskin University. E si vede leggendo Il codice di Newton, concessione che l'editore, la Piemme si è concessa nel proporre Ghostwalk in Italia. Probabilmente il titolo più corretto, Il cammino dello spettro, che propongo come titolo della recensione di oggi, era troppo intelligente e raffinato per i lettori italiani, o così avranno pensato i geni del marketing che, invece, hanno puntato sul successo di un libro come Il codice da Vinci, che ha vissuto di rendita grazie alla pubblicità gratuita di un processo per plagio da una parte e delle critiche della Chiesa cattolica dall'altra.
Perché Il cammino dello spettro, certo più letterale, era più adatto a sintetizzare il contenuto del romanzo? Per due motivi: in italiano la parola spettro è sia sinonimo di fantasma, ghost, ma anche indica lo spettro elettromagnetico, sia esso di emissione o di assorbimento, tipico di stelle o di oggetti che stanno emettendo. E', ad esempio, grazie allo spettro rilevato che siamo in grado di stabilire di cosa è fatta una stella o semplicemente un oggetto che brucia.
Il primo a fare studi in questo campo, a rilevare lo spettro della luce, ad esempio, quella bianca quando attraversa un prisma, è stato Newton, e questo spiega il titolo italiano, visto che Newton è il protagonista del romanzo, nel bene e nel male. Intorno alla figura del grande fisico, matematico e, si scopre grazie alla Stott, alchimista britannico si imbastisce un mistero che lega i nostri giorni con quelli di Newton, in particolare con il periodo in cui otteneva la cattedra di matematica presso il Trinity College. In effetti il buon Isaac ottenne la cattedra in virtù di alcune morti e defezioni improvvise, risultando alla fine il migliore per la sostituzione dei suoi sfortunati predecessori.

venerdì 7 agosto 2009

Il sangue del cavaliere

More about Il sangue del cavaliereSembra una versione decisamente molto interessante di Highlander, il mitico film con Christopher Lambert con canzoni dei Queen come colonna sonora. Però, a differenza del film, che parte dal profondo nord per spaziare un po' in ogni tempo e in ogni luogo attraverso i flashback di McLoud fino ad arrivare agli Stati Uniti dei giorni nostri (o meglio di una ventina di anni fa), Il sangue del cavaliere di Wolfgang Hohlbein è ambientato nel sud Europa: parte dalla Transilvania per poi scendere verso la costa. Il periodo storico, poi, è ben preciso: le crociate e la tensione tra cristiani e musulmani.
Il protagonista, il nostro eroe, Andrej Delany, va alla ricerca dei superstiti del suo villaggio, catturati da un sanguinario inquisitore che sembra una copia (un po' sbiadita forse per scarso approfondimento) del nostro Eymerich. Nel corso della vicenda Delany, cresciuto da uno strano parente che lo ha addestrato alle tecniche di combattimento arabe, scoprirà che la sua capacità di guarigione estremamente veloce (non come quella di Wolverine, però) è in realtà un fatto ereditario e non unico. E il potere dei suoi geni lo spingerà a compiere un rito vampirico contro il suo avversario per acquisirne la forza e il vigore.
In definitiva l'inizio di una saga che mescola il vampirismo con Higlander all'interno di un romanzo storico-avventuroso, che da quest'ultimo punto di vista è ben descritto e approfondito. E' sicuramente questa parte del libro che consente a questo primo capitolo di essere comunque gradevole e divertente: una lettura veloce e interessante, che potrebbe, personalmente, anche avere un seguito.

giovedì 18 giugno 2009

Un uomo chiamato Carmine Pascià

Più riguardo a Carmine Pascià che nacque buttero e morì beduinoGian Antonio Stella non è solo il giornalista de La Casta, ma è anche uno scrittore, che in quanto giornalista si documenta anche, e scrive delle vicende belle, ben scritte e soprattutto coerenti con l'ambientazione e il periodo storico.
E' il caso di Carmine Pascià che nacque buttero e morì beduino: un racconto di come un uomo del sud si ritrova costretto a dover combattere una guerra che non vuole per un paese che non ha mai fatto nulla per lui, né prima né dopo l'arruolamento, ma che ne ha preteso la lealtà. E così Carmine si ritrova a combattere una guerra assurda, una guerra di colonizzazione, seguendo comandanti assurdi, ordini assurdi e diventando disertore a causa di una... sbronza!
Così, catturato dai beduini, è posto di fronte al dilemma: completare il tradimento diventando il sicario di coloro che lo hanno catturato, o restare fedele a una patria che si è ricordata di lui solo per la guerra?
E' facile pensare a quale sia la scelta di Carmine, senza dimenticare che la sua patria, che guarda un po' è anche la nostra, senza neanche approfondire le vicende e il destino del suo soldato, lo dichiara disertore.

mercoledì 17 giugno 2009

Un sogno turco

Più riguardo a Un Sogno TurcoGli incubi di Lovecraft spesso ispirarono al solitario di Providence i suoi misteriosi e orrorifici racconti. Ora un altro sogno ispira Giancarlo De Cataldo nella stesura di un testo che poi sarebbe diventato una lettura, un reading come dicono in Gran Bretagna, nella tradizione ormai da anni intrapresa da Alan Moore. Il racconto è Un sogno turco e, come i reading di Moore, è diventato un fumetto grazie a Giuseppe Palumbo, che interpreta magistralmente il testo di De Cataldo, lavorando anche a stretto contatto con il magistrato-scrittore, autore del famoso Romanzo criminale.
La sintesi tra i due autori porta a un racconto al tempo stesso storico, duro e violento, ma anche magico, che riprende Le mille e una notte, ma anche le guerre che hanno spesso devastato l'area di confine tra Asia e Africa: la Turchia, appunto.
Un racconto sulla vita, la morte, la ribellione, la guerra, la violenza e il rapporto con se stessi e con il proprio passato.
Un bel sogno.

giovedì 16 aprile 2009

Viva Verdi

Immagine di Quel delitto in casa Verdi

Inizio a recuperare un po' di mini-recensioni, iniziando da quella dedicata a Quel delitto in casa Verdi.
Durante il risorgimento i carbonari e i mazziniani invitavano alla lotta contro la dominazione austriaca e per un'Italia unita scrivendo sui muri Viva Verdi. In effetti volevano dire: Viva Vittorio Emanuele Re d'Italia. Certo, se avessero saputo cosa aspettava l'Italia, probabilmente avrebbero scelto un altro re, ma quello era disponibile in quel momento e soprattutto quello aveva vere intenzioni economiche di unire l'Italia. Al di là, però, delle mere considerazioni storico/politiche sulle effettive motivazioni per appoggiare l'unità d'Italia (portata a termine da Garibaldi) che possono essere più o meno condivisibili, resta il fatto che quello fu uno dei periodi storici più intensi e ricchi della storia d'Italia dopo la caduta dell'Impero Romano. Grazie ad un'attenta ricerca storica tra carte e carteggi veri, Maurizio Chierici ricostruisce la figura di Verdi nell'atipico giallo storico Quel delitto in casa Verdi. Un po' Baricco per le atmosfere sognanti, un po' Eco per il rigore storico, Maurizio Chierici realizza un ritratto insolito e poco noto del maestro Verdi, ricco anche di pettegolezzi, ma sicuramente più umano della mitica figura che ancora oggi segna la storia d'Italia.
Un bel romanzo che non può mancare nella libreria di ogni appassionato verdiano.

martedì 19 agosto 2008

Cose scritte e cose dette

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Si sa, la calunnia è un venticello che cresce, cresce e alla fine porta guai a chi la subisce. Filippo "Pippo" Genuardi, protagonista de La concessione del telefono di un Andrea Camilleri in grandissima forma, sul finire del XIX secolo, fa richiesta per una concessione telefonica a uso personale che colleghi la sua segheria con la casa del suocero. Purtroppo per lui Genuardi fa la richiesta alla persona sbagliata: il Prefetto di Montelusa, il dottor Marascianno. Ad aggravare la situazione (il Marascianno è mentalmente instabile), sbaglia il nome del Prefetto, che diventa Parascianno: ciò non fa altro che alimentare la paranoia del Prefetto che si convince che il povero Genuardi, politicamente ignorante, sia un pericoloso sobillatore. Tale convinzione aumenta dopo le superficiali indagini dei carabinieri, mentre la pubblica sicurezza (la polizia) cerca in tutti i modi di evitare problemi a un innocente.
Nel frattempo Genuardi, intenzionato a tutti i costi a ottenere la concessione, non esita prima a chiedere aiuto a un vecchio amico, quindi a tradirlo per un mafioso quando l'aiuto del suo amico non si rivela sufficiente. Alla fine Genuardi si trova preso, quasi ignaro, tra carabinieri e prefetto da un lato, e la mafia dall'altro, il tutto tra gag e situazioni assurde, fino all'incredibile finale.
Tecnicamente il romanzo è quanto di più originale sia uscito in questi anni: alternando capitoli con lo scambio epistolare tra i protagonisti a capitoli di soli dialoghi senza alcuna descrizione, Camilleri costruisce un passo dopo l'altro una vicenda interessante e divertente, il tutto senza dimenticare il suo amato dialetto siciliano. I dialoghi, molto teatrali, sono poi così vividi e intensi che non hanno veramente bisogno di alcuna descrizione: un piccolo capolavoro che non può mancare nella libreria di nessun amante di Camilleri (e non solo!).

martedì 20 aprile 2004

La banalità del bene

Ho finito da un paio di giorni La banalità del bene di Enrico Deaglio. Racconta la storia di Giorgio Perlasca, la storia di un uomo che si è ritrovato per caso nell'Ungheria nazista proprio sul finire della guerra, proprio mentre il nazismo si preparava al suo ultimo colpo di coda, a quella che poteva essere la deportazione più spietata di tutte, ma che grazie a persone come Perlasca non lo è stata. Molte persone, grazie al suo altruismo, si sono salvate, perché chiunque l'avrebbe fatto.