Settimana scorsa sono finalmente riuscito ad andare al cinema per vedere il tanto atteso Aquaman, la pellicola della Warner che porta sul grande schermo il re di Atlantide, uno dei supereroi della DC Comics.
La storia, come ben era evidente sin dal trailer, è basata sulla riscrittura del personaggio operata da Geoff Johns durante New 52, ma gli stessi sceneggiatori sembra si siano molto più che ispirati alle storie di Johns e in qualche modo si ha la sensazione che sia la stessa sceneggiatura del film a essere farina del sacco dello sceneggiatore DC Comics, anche se non gli è ufficialmente accreditata.
Ad ogni buon conto siamo di fronte a un film sfarzoso, con un'estetica in qualche modo non molto differente da quella di un videogioco fantasy (o da uno Star Wars) e una storia non molto differente per struttura: l'eroe, recalcitrante, viene coinvolto in una "cerca" che gli farà scoprire (o riscoprire) nuovi poteri e una forza che non era ovvio possedesse.
Jason Momoa ha indubbiamente il fisico adatto per interpretare Arthur Curry, in particolare la versione con barba e capelli lunghi che si è imposta nel corso degli anni Novanta del XX secolo. Il suo carattere da surfista completa una caratterizzazione basata su quella di un eroe che deve gestire, a volte mal volentieri, le responsabilità di essere a metà strada tra i due mondi dell'oceano e della terra ferma. Al suo fianco Mera, interpretata da Amber Heard, in qualche modo una sorta di Diana di Atlantide, che si fa carico della responsabilità della pace nonostante il suo stesso padre. In questo senso Aquaman si inserisce sulla stessa linea di Wonder Woman: non solo il protagonista è, come l'eroina delle amazzoni, diviso tra due mondi, ma deve anche combattere per poter essere a tutti gli effetti un ambasciatore della pace.
In qualche modo Aquaman e un po' tutti i film e i fumetti di supereroi rappresentano in maniera incredibilmente efficace il paradosso della società umana, di cui quella statunitense è un esempio lampante: l'inconciliabile necessità di dover combattere per mantenere la pace. No, non sta partendo il discorso anarco-libertario, tranquilli, ma è una semplice constatazione, che però rende spesso molto apprezzabili film come i due Ant-Man, che in pratica si concentrano su tematiche relativamente più leggere.
Questo non vuol dire che Aquaman non sia divertente o un brutto film, ma anzi riesce a soddisfare lo spettatore sia per quel che riguarda l'aspetto visivo, sia per quel che riguarda lo sviluppo della storia, con regista e sceneggiatori che sviluppanpo la vicenda con i tempi che ritengono necessari, accelerando o rallentando nei momenti più opportuni. Non sono, però, tutte rose e fiori: se alcune (poche) battute risultano un po' forzate, in particolare l'accompagnamento musicale è sembrato spesso fuori luogo, oltre a risultare uno scimmiottamento del riff coinvolgente e travolgente ideato per Wonder Woman. Inoltre, nonostante Atlantide e molte delle civiltà sue coeve sono sprofondate negli oceani, lo spettatore più pignolo (presente!), mentre Orm, interpretato da Patrick Wilson, schiera l'esercito atlantideo sul fondale oceanico, si chiede come sia possibile sott'acqua costruire sottomarini da guerra così sofisticati. Poi, però, la battaglia inizia e la domanda, letteralmente, si scioglie nell'acqua!
Molto gradevole e divertente, invece, la parte alla Indiana Jones che a mio parere dimostra, qualora ce ne fosse bisogno, come George Lucas sia uno degli autori più influenti nel genere supereroistico moderno, pur non avendo mai scritto o girato nessun film ascrivibile a tale genere.
Nessun commento:
Posta un commento