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Ritorno al Klondike
Se tra gli autori storici a prendere spunti dalla linea narrativa di Don Rosa ci sono Carlo Panaro e Francesco Artibani, anche forti della tradizione scarpiana, sono soprattutto i nuovi sceneggiatori a proporre soggetti di chiaro gusto donrosiano, ovviamente conditi con un certo grado di italianità. Ad esempio Vito Stabile sviluppa i soggetti con un occhio alla linea letteraria di Rodolfo Cimino, mentre in questo numero con I tempi del Klondike tocca a Pietro Zemelo il compito di affrontare il passato di Paperon de Paperoni.L'episodio che Zemelo approfondisce è, in pratica, l'ultima ricerca di un tesoro nel grande nord da parte di Paperone. Il soggetto, detto così, è effettivamente alla Don Rosa, ma la sua declinazione è più complessa. Infatti, subito dopo il flashback iniziale, la trama ha una svolta che ricorda in qualche modo Il debito d'onore di Giorgio Cavazzano, anche se il coprotagonista della vicenda non è un minatore come nella storia del 1989. Lo sviluppo successivo, invece, è un chiaro riferimento Ricomincio da capo, film del 1993 diretto da Harold Ramis e con Andie MacDowell e Bill Murray. Il lieto fine, in qualche modo scontato, non ne inficia la qualità, sia nello sviluppo del soggetto, ricco di spunti disneyani ma non solo, sia nella gestione dei personaggi. In questo senso anche i soliti e un po' stantii battibecchi tra zione e nipote risultano più sopportabili del solito anche grazie all'importanza narrativa che Zemelo assegna loro.
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Crossover pippide
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I due si ritrovano coinvolti in una storia a metà strada tra un classico di Indiana Jones e la trilogia de La mummia iniziata nel 1999 con il film di Stephen Sommers che permette a Zironi di disegnare vignette di chiaro gusto supereroistico, come la splash page in cui Super Pippo emerge dalle sabbie del deserto con la piramide del faraone Tut-Tut. Forse un po' scontato l'avversario scelto per la storia, il buon vecchio Kranz, ma assolutamente coerente con la trama della storia, sviluppata con una buona alternanza di ritmo tra le scene di spiegazioni e quelle d'azione.
Arte urbana
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In qualche modo la storia di Gagnor è una parodia di film e telefilm ambientati nelle strade americane sulle gang di giovani sbandati declinate però con la solita tranquillità disneyana e condite con una sottotrama di truffa edilizia tipica di ambientazioni in quartieri periferici. Gagnor, però, sfrutta la storia per portare avanti ancora una volta il discorso artistico de La storia dell'arte di Topolino, di cui questa Contesa del capannone potrebbe essere considerato in qualche modo uno spin-off (o un assaggio di future storie dedicate ai due argomenti del rap e dei graffiti, quelli moderni of course). Buoni i disegni di De Lorenzi, sia nella gestione dei personaggi, tratteggiati con tratto chiaro e inchiostrazione marcata, sia nelle ambientazioni, inchiostrate in maniera più leggera.
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