Le origini di Frankenstein, però, hanno in qualche modo contribuito alla prima vera rivoluzione del genere: due anni prima, nel 1816, la Shelley era in vacanza in una villa di Bellerive, nei pressi di Ginevra, con una compagnia particolarmente interessante. C'erano, infatti, Lord Byron, la sua amante Claire Clairmont (sorellastra di Mary), il dottor William Polidori. Il gruppo, durante le piovose serate di quell'inusitata estate, si intratteneva in discussioni sulla letteratura tedesca e ciò ispirò a Mary Frankenstein e a Polidori Il vampiro, pubblicato nel 1819 e che rivestì una fondamentale importanza nel Dracula di Bram Stoker.
Pubblicato nel 1897, il romanzo di Stoker rivoluziona il genere grazie allo stile narrativo, al racconto a più voci e alla commistione tra elementi soprannaturali e scientifici. In questo senso è evidente come il romanzo sia a tutti gli effetti un confronto tra due epoche, quella superstiziosa, piena di mostri e leggende, e quella scientifica che si stava affacciando grazie alle grandi scoperte che si stavano preparando per il XX secolo.
Allo stesso tempo, oltre a dare freschezza al romanzo gotico, Stoker diede indipendenza e vigore anche al sottogenere del gotico che si occupa dei vampiri. Ed è proprio con i vampiri che arriva una seconda rivoluzione del genere, guidata ancora una volta da una scrittrice: Anne Rice.
Le cronache dei vampiri
La scrittrice statunitense irruppe sulla scena del gotico nel 1976 con il primo romanzo de Le cronache dei vampiri. Intervista col vampiro, peraltro suo romanzo d'esordio, racconta la vita di un vampiro di New Orleans dal suo punto di vista: un giovane senza nome, che si presume essere un giornalista, raccoglie la sua testimonianza registrandone la storia su una serie di cassette.Lo stile di narrazione è fortemente influenzato dalla narrativa gotica classica e dal romanzo vittoriano. Il punto di vista, invece, quello del vampiro, è condiviso con il noir, genere che per lo più si concentra su antieroi quanto addirittura criminali veri e propri come protagonisti. Di fatto Intervista col vampiro narra la ricerca, anche filosofica, del senso della sua esistenza di Louis de Pointe du Lac, possidente terriero a New Orleans. Nato in Francia nel 1766, viene trasformato in vampiro da Lestat de Lioncourt nel 1791, vivendo la sua esistenza da non morto pieno di dubbi lancinanti sulla sua stessa natura e sulle differenze tra bene e male.
Louis emerge, allora, come uno dei vampiri più complessi e introspettivi della letteratura di genere, fornendo nuova linfa al mito del vampiro anche grazie al film di Neil Jordan del 1994 con Tom Cruise nei panni di Lestat e Brad Pitt nei panni di Louis. Devo dire che, leggendo il romanzo, non avendo mai visto il film se non qualche scena in televisione, molto probabilmente al telegiornale, ho costantemente immaginato Lestat con le sembianze di Brad Pitt, mentre Louis non sono mai riuscito a figurarlo come Tom Cruise, ma molto più simile a un Peter Cushing. Probabilmente il motivo è da ricercarsi nel ruolo interpretato da Pitt in Fight Club: Lestat, infatti, ha una caratterizzazione molto simile a quella di Tyler Durden, la personalità malvagia del protagonista e narratore.
Per contro è strano che non sia riuscito a figurarmi Cruise nel ruolo di nessuno dei vampiri, considerando che la parte del romanzo ambientata a Parigi mi ha fatto pensare quasi immediatamente a Eyes wide shut del 1999 (stesso anno di Fight Club) di Stanley Kubrick. Questo parallellismo mi permette di sottolineare come l'elemento erotico del romanzo sia quasi una costante, mentre la parte puramente dell'orrore è concentrata nel viaggio di Louis con la piccola Claudia (nel film interpretata dalla dodicenne Kirsten Dunst), quando i due vampiri americani si imbattono nei vampiri dei carpazi, mostri praticamente senza coscienza, più simili al classico Nosferatu di Friedrich Wilhelm Murnau se non addirittura a degli zombie.
Nel complesso l'intensità narrativa del romanzo è forse eccessiva in rapporto alla sua lunghezza e in molte occasioni si attende l'arrivo dei dialoghi con un qual certo sollievo. Le stesse interazioni tra Louis e il giornalista si diradano sempre di più con il proseguire del romanzo, mentre la scena finale lascia un po' di delusione, anche sapendo che siamo di fronte al primo capitolo di una vera e propria saga. La differenza stilistica con La mummia, unico altro romanzo della Rice che ho letto, è abbastanza evidente, cosa più che comprensibile considerando che Intervista col vampiro è l'esordio assoluto della scrittrice. Altro elemento forte del libro, però, oltre all'adozione del punto di vista del vampiro, è quello di sganciare il mito del vampiro dalla religione cattolica, anche in considerazione del fatto che miti simili sono presenti in moltissime culture del pianeta.
Indubbiamente la curiosità di leggere gli altri romanzi de Le cronache dei vampiri è alta, ma per il momento direi che mi posso accontentare di aver recuperato questo inizio.
Nessun commento:
Posta un commento