Stomachion

domenica 22 settembre 2019

Topolino #3330: La magia del teatro

Mentre Tre paperi in gioco si conclude con il sesto e ultimo episodio, Young Donald Duck giunge alla penultima puntata di quella che si spera sia solo la prima saga della serie. Ideata da Francesco Artibani e Stefano Ambrosio, sta accompagnando i lettori in queste settimane in un percorso in qualche modo inedito per le storie disneyane: approfondire il mondo dell'adolescenza. In questo senso è anche bello vedere come questa serie sia stata pubblicata insieme con la sagga di Bruno Enna che si occupa, anche se con personaggi differenti, di un argomento non molto differente.
Iniziamo, però, l'usuale articolo settimanale dedicato a Topolino proprio con Young Donald Duck.
Su e giù dal palco
In effetti è in questo modo che si potrebbe riassumere Lo spettacolo deve continuare, scritta da Artibani per i disegni di Marco Mazzarello, perfetto con il suo tratto rotondo e dinamico nel rappresentare le acrobazie incontenibili di Paperino. Quest'ultimo, infatti, calatosi eccessivamente nella parte assegnatagli per il saggio finale del corso di teatro della Jeremy Ratt, tormenta i compagni di classe durante la loro visita al luna park di Smileville facendosi inseguire attraverso le attrazioni.
La scena finale, senza necessità di renderlo esplicito, mostra non solo come Paperino, in pratica, abbia sacrificato il suo ruolo di primo attore della rappresentazione per consentire a Topolino e Minni di restare insieme sul palco, ma anche lo stesso spirito indomito del personaggio, quello spirito che molto spesso gli autori sembrano dimenticare, affossando Paperino tra i cliché della lista di debiti e della pigrizia congenita.
Gioco di squadra
Per varie difficoltà tecniche, ho messo in sospeso l'uscita dell'articolo che conclude la saga di Bruno Enna, che però spero andrà on-line domani sul Cappellaio Matto. Per cui, in attesa dell'uscita del testo completo, qui metto un semplice estratto di quell'articolo.
La prima difficoltà nello sviluppo della storia è, dunque, nella gestione delle due linee narrative principali, quella calcistica e quella musicale. A sua volta la sottotrama sportiva diverge in due con gli autori che seguono le due squadre avversarie. Enna, dopo aver proposto una narrazione abbastanza consecutiva e serrata, con l'ultimo episodio, senza necessità di spiegare quanto tempo sia passato, porta il lettore fino alla finale del torneo di quartiere, che vede tutti e tre i nipotini impegnati: Qua con la sua band nel concerto d'apertura della finale, Qui e Quo come avversari nella finale che vede Pulcini e Leoncini sfidarsi per la coppia di quartiere.
Al di là dei dettagli e del modo utilizzato dai nipotini per alleggerire la pressione che stava aumentando sulle loro spalle da parte degli adulti, spicca soprattutto il finale non banale e, come sperato, aperto proposto da Enna, che permette non solo a lui ma anche agli altri autori di poter sviluppare Qui, Quo, Qua in direzioni differenti.
E', ad ogni modo, utile sottolineare, a parte tutti i valori che la storia ha portato all'attenzione dei lettori (amicizia, fiducia, ricerca della propria strada nel mondo, ...), come la conclusione pone l'accento su un elemento che dovrebbe essere una forza e non una debolezza non solo tra fratelli, ma in generale nella società tutta, in particolare in questo tormentato periodo sociale: armonia e rispetto senza annullare gli elementi che ci rendono diversi uno dall'altro.
Realismo letterario
In qualche modo anche la storia di chiusura, Paperinik e il capitolo realistico, si concentra sul mondo dell'arte. Lo scrittore Alvin Scribak è alla ricerca di una nuova idea. La principale caratteristica dei suoi romanzi è che le vicende narrate in uno dei capitoli dei suoi libri sono state realmente vissute dallo scrittore o quest'ultimo ne è stato testimone diretto. Così, avendo avuto l'idea di scrivere un romanzo su Paperinik, idea un piano per vederlo all'opera dal vero.
Scribak, tramite Paperino, attira Paperinik nel deserto, in un villaggio abbandonato dove sono presenti le invenzioni di un suo antenato: degli automi che si muovono grazie all'energia del vapore.
Di fatto Giorgio Figus realizza una sorta di storia steampunk con il Paperinik classico, dal ritmo incessante e senza respiro, ottimamente disegnata da Francesco D'Ippolito che si diverte non solo nella rappresentazione di queste macchine gigantesche, ma anche con una composizione della griglia dinamica che enfatizza i momenti di tensione della sceneggiatura.
Il classico inseguimento finale è, alla fine, degna conclusione di una storia divertente, variazione più o meno originale di altre storie dedicate al personaggio.
Nella Francia pre-rivoluzionaria
Con Paperin Sanspeur e l'unicorno d'alabastro Carlo Panaro propone ai lettori una classica storia in costume ambientata all'epoca di Luigi XIV. La storia è al tempo stesso gradevole e pessima: da un lato, infatti, abbiamo un Paperin/Paperino determinato e abile con la spada, sempre pronto ad aiutare chi è in difficoltà. Dall'altra il classico papero pieno di debiti che non riesce neanche con un pizzico di intelligenza e iniziativa a mantenersi a galla. Il problema in questo senso è, anche, il suo aspetto, che stride con la situazione economica vissuta dal personaggio: sempre impeccabile e con una cavalcatura in buona salute, Paperin non sembra proprio il cavaliere descritto da Panaro. La storia, dunque, dalla struttura abbastanza classica, per quando per lo più gradevole e divertente, vive un po' nell'equivoco tra la necessità di usare il cliché del Paperino indebitato e sempre sull'orlo della sopravvivenza e quello attivo e dinamico di stile barksiano.
Ad affiancare Panaro, troviamo Alessia Martusciello: ben poco da dire su quanto più volte scritto sulla disegnatrice, se non che, in tutta la storia, sono in particolare le pagine 13, 14 e metà della 15 quelle che mi sono sembrate più curate nei dettagli di ambientazione e personaggi. In quest'ultimo caso, però, è soprattutto Paperin il personaggio che graficamente spicca su tutti gli altri.
Un cugino improbabile
Con Il cugino degenere Marco Bosco introduce un improbabile cugino per Orazio, il buon Equinozio. Questi, a differenza di Orazio, è in grado di distruggere qualunque cosa, e il buon Cavezza deve ospitarlo per un paio di giorni prima che Equinozio torni a Minnetopolis. Bosco, ovviamente, non si accontenta di mettere Orazio a confronto con un personaggio che, in pratica, è il suo speculare, ma complica la vicenda inserendo anche Gambadilegno e Sgrinfa impegnati in una rapina.
Nel complesso una storia nella media, senza troppe pretese se non quelle di divertire il lettore e approfondire un po' i personaggi disneyani. Infine i disegni rotondi di Michele Mazzon risultano sempre più gattiani, rendendo sempre più incomprensibile la scelta della redazione di non avvalersi più dell'opera di Luciano Gatto.

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