Stomachion

giovedì 19 settembre 2019

Blade Runner: cacciatori di androidi

Ma gli androidi sognano pecore elettriche? è uno dei romanzi più noti di Philip K. Dick e sin dalla sua prima uscita risvegliò un certo interesse nel mondo di Hollywood. Agli inizi degli anni Settanta Herb Jaffe acquisì i diritti del libro, affidando la sceneggiatura al figlio Robert. Dick, però, rigettò decisamente il lavoro del giovane Jaffe e così la palla passò nel 1977 a Hampton Fancher che, per mantenere i costi bassi, prevedeva una pellicola ricca di dialoghi e quasi interamente ambientata in interni. Anche in questo caso Dick non gradì la versione di Fancher, ritenendo che svuotasse la storia di tutto il senso originale.
La strada della sceneggiatura di Fancher, però, non si interruppe, arrivando fino al produttore Michael Deeley, che ebbe l'idea di contattare Ridley Scott. Questi, però, declinò l'invito a causa dei suoi impegni con la versione cinematografica di Dune. Questo progetto, però, si rivelò ben presto più lento del previsto e Scott, che sentiva la necessità di mettersi al lavoro il prima possibile, si sganciò da Dune per prendere le redini dell'adattamento cinematografico del romanzo di Dick.
Il regista di Alien mise mano alla sceneggiatura di Fancher avvalendosi dell'apporto di David Webb Peoples, che di fatto stravolse il lavoro del collega, spingendolo ad abbandonare la produzione per poi tornare sui suoi passi. Di fatto il film, che ottenne il titolo definitivo di Blade Runner, è un hard boiled fantascientifico, classificato come cyberpunk, sebbene sia molto meno cyberpunk del romanzo di Dick, raccontato con uno stile oscuro all'interno di un ambiente dove l'idea di una tecnologia invasiva è sì presente come nel romanzo, ma molto meno evidente rispetto a quanto scritto da Dick. Inoltre si perde completamente il tema religioso, a parte alcune battute di Roy Batty, interpretato da Rutger Hauer, che peraltro ha anche fortemente contribuito alla scrittura del suo personaggio, oltre che al famosissimo monologo finale, "Ho visto cose che voi umani..."
Nel frattempo Dick, che non era stato informato del procedere della produzione, si disse dispiaciuto di questo andazzo, mostrando ancora una volta tutto il suo scetticismo, in particolare in un articolo uscito su Select TV Guide dove lo scrittore criticava la prima stesura di Fancher. A quel punto lo studio di Deeley inviò a Dick la riscrittura di Peoples, ribaltando completamente la situazione: Dick era diventato un entusiasta sostenitore del film di Scott.
D'altra parte, come ho potuto apprezzare vedendo la pellicola su Netflix giusto un paio di giorni fa, nonostante i profondi cambiamenti nella trama, l'atmosfera del mondo in cui si muovono umani e androidi non si discosta di molto non solo dal romanzo di Dick, ma anche dalle atmosfere di molti altri romanzi dello scrittore. Forse la differenza più sostanziale resta nel confronto androide-umano, molto meno enfatizzato rispetto a quanto non avviene nel romanzo. D'altra parte la parola scritta ha, rispetto al cinema, il vantaggio di raccontare anche i pensieri più reconditi dei protagonisti, mettendo in scena un confronto più diretto. In questo senso è proprio il personaggio di Batty quello che meglio incarna questo aspetto del romanzo di Dick, con l'alternanza di dubbi e certezze, di istinto e calcolo, di follia e raziocinio, e soprattutto con quel rapporto molto alla Frankenstein con il suo creatore.
Ecco: nella versione presente su Netflix, The final cut, quello che manca è proprio il dubbio, che invece nella Director's cut era presente grazie alla scena in cui si insinuava l'idea che Deckard, interpretato da Harrison Ford, fosse in realtà anch'egli un androide. Ovviamente il sequel, Blade Runner 2049, in qualche modo ha imposto l'ufficializzazione della Final cut in una versione leggermente più aperta.
Alla fine, come avevo scritto nella recensione del romanzo, ho toccato con mano quel che mi avevano raccontato: Blade Runner cambia profondamente il romanzo senza perderne lo spirito, una delle cose al tempo stesso più semplici e complesse che ci possano essere nell'affrontare la trasposizione cinematografica di un capolavoro.

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