La storia di Harald dopo la morte si fa leggenda, come per tutti i re vichinghi che combattono fino alla morte meritandosi l'accesso verso il valhalla: le circostanze e in qualche modo anche il momento del decesso sono, in effetti, non molto chiare e questo potrebbe dare origine a un po' di leggende, come ad esempio quella del suo ritorno sulla Terra quando la situazione dovesse essere piuttosto complicata, qualcosa di non molto diverso dalla leggenda del ritorno di re Artù.
Esiste, però, almeno un altro re, nel mondo, che potrebbe ritornare a calcare nuovamente il suolo del nostro pianeta.
Quezalcoatl
Ce Acatl Topiltzin Quezalcoatl è un mitico re tolteco del X secolo. I toltechi erano i predecessori degli aztechi, almeno secondo la tradizione di questi ultimi, dediti a sanguinosi sacrifici umani, proprio come gli stessi aztechi. Ci fu un'unica eccezione in questa storia intrisa di sangue: il regno di Quezalcoatl. Questo mitico sovrano tolteco cancellò le antiche tradizioni del suo popolo: così sotto il suo regno i sacrifici umani vennero sostituiti con i sacrifici di animali come serpenti, uccelli e altri animali.Quezalcoatl era descritto come un uomo alto, bianco, biondo e barbuto, una specie di vichingo, quindi, mentre la leggenda afferma che, se ce ne fosse stata la necessità, sarebbe ritornato per difendere il suo popolo, proprio come re Artù. Inoltre il serpente, rappresentazione divina di Quezalcoatl, è una figura mitologica comune sia alle civiltà mesoamericane, come toltechi e successivamente aztechi, sia ai vichinghi, quindi è più che comprensibile che un eventuale esploratore vichingo giunto per caso sulle coste tolteche possa aver adottato il serpente come simbolo.
Queste ipotesi messe una dietro l'altra un po' come dei fatti non sono, però, supportate da alcuna prova, dunque restano delle semplici supposizioni: quel che si potrebbe dire un processo indiziario. D'altra parte possono diventare una solida base per un romanzo fantastico o per uno archeologico d'avventura, come è il caso de Il sigillo maledetto dei templari di David Gibbins.
Il candelabro perduto
Gibbins, archeologo subacqueo, ha alle spalle alcuni romanzi di genere con protagonista il suo alter ego letterario Jack Howard, come ad esempio Il vangelo proibito. In Crusader Gold, letteralmente Il tesoro dei crociati, titolo molto più corretto di quello scelto dalla Newton Compton, l'archeologo mescola questa leggendaria ricostruzione con una delle perdute reliquie dell'antichità: la menorah, il sacro candelabro a sette bracci della tradizione ebraica.L'idea di Gibbins è quella di supporre che i vichinghi di Harald Hardrada, dopo aver preso possesso della menorah come ricmpensa per i servigi ai sovrani di Costantinopoli, l'hanno portata con se in giro per mezza Europa fino poi nelle Americhe e tra i toltechi. In effetti le tracce più meridionali dei vichinghi nelle Americhe si trovano nel sito di L'Anse au Meadows in Canada, per cui, così come la presenza della menorah in quel di Costantinopoli intorno all'anno mille, anche la presenza dei vichinghi tra i toltechi è abbastanza ipotetica, per quanto il tutto decisamente molto plausibile. La plausibilità del tutto è dovuta indubbiamente alla capacità di Gibbins di mettere in fila i fatti, capacità che gli deriva dal suo lavoro di archeologo.
Il romanzo, però, non si regge solo sulla ricerca archeologica, che già di per se sostiene il romanzo senza problemi grazie alle spettacolari immersioni di Howard e del suo amico e collega Costas, ma anche sulla costruzione di un avversario inesorabile e violento che, nascondensodi dietro la tradizione vichinga più sanguinaria, è anch'esso alla ricerca della menorah per motivi di avidità e controllo della pace mondiale.
A completare il tutto arrivano alla fine le note storiche e archeologiche di Gibbins, che arricchiscono la lettura e permettono di distinguere tra le ipotesi romanzesche e i dati archeologici. Una lettura estiva che è valsa la pena recuperare nonostante il titolo e alcune incertezze (come ad esempio la copertina) dell'edizione italiana.
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