E' raro che scriva una recensione, che sia di un libro, un fumetto, una serie televisiva o un film in tempi così vicini alla visione, ma con The guardians of Justice, o I guardiani della giustizia. Partiamo dall'inizio: dopo aver visto il manifesto di presentazione, classifico la serie, uscita l'1 marzo, come l'ennesimo prodotto che vuole cavalcare la mania supereroistica di questi anni. Quando, però, leggo la trama di presentazione e l'anno di ambientazione, il 1987, cambio completamente prospettiva, e inizio a vederla. E con 7 episodi totali di lunghezza media intorno ai 30 minuti (qualcuno di più, qualcuno di meno) 3 giorni sono più che sufficienti per portare a conclusione la visione. Ma cosa c'entra, direte voi, l'anno? Perché proprio quel 1987 dovrebbe averti convinto a vedere la serie?
La risposta è semplice: Wathcmen è ambientato tra il 1986 e il 1987.
Inoltre la serie di Alan Moore e Dave Gibbons inizia con la morte di un supereroe, Edward Blake, il Comico, e allo stesso modo Guardians inizia con la morte di un supereroe. Mentre, però, nel caso di Watchmen si tratta dell'omicidio di un eroe senza poteri, nel caso della serie ideata da Adi Shankar (lo stesso dietro Castelvania) è invece il suicidio in diretta televisiva del più grande di tutti i supereroi della Terra, Marvelous Man. E quest'ultimo è un alieno, originario del pianeta Caltron (forse un riferimento alla Charlton Comics, i cui personaggi ispirarono Moore per la creazione dei protagonisti di Watchmen), per quanto identico esteriormente a un essere umano.
Il punto di riferimento per i Guardians di Shankar è dunque il DC Universe e in particolare proprio Watchmen. E in un certo senso ne respira anche lo spirito, visto che la serie è ricca di riferimenti pop sia fumettistici sia televisivi sia videoludici. E' inevitabile, infatti, paragonare un certo stile recitativo a quello della serie di Batman degli anni Sessanta, mentre le ampie porzioni animate che arricchiscono la narrazione riprendono vari stili presenti nel corso degli ultimi quarantanni, da quelli dei classici cartoni alla Hanna&Barbera, agli anime nipponici, senza dimenticare i pupazzi o gli effetti in stile Tron. Le cose più interessanti che la serie ha da dire, però, stanno tutte nella storia.
Innanzitutto partiamo da Marvelous Man. Sin dal nome è evidente il riferimento a un altro personaggio scritto da Moore, anche se non creato da quest'ultimo, ovvero Marvel Man. Creato da Mick Anglo nel 1954 come versione britannica del Capitan Marvel originale, è stato ripreso da Moore nel 1982 diventando la prima pietra su cui lo sceneggiatore ha costruito la sua operazione di decostruzione e ristrutturazione in termini più realistici del genere supereroistico. Il costume di Marvelous Man, bianco e rosso, ricorda poi un altro clone di Superman, sempre scritto da Moore, ovvero Supreme, supereroe ideato da Rob Liefeld.
Nel momento in cui, però, uno dei personaggi mette in dubbio la verità di quanto visto, suggerendo che non solo Marvelous Man sia stato ucciso, ma che a farlo sia stato un altro dei Guardiani, ecco che il pensiero corre in particolare ai primi due archi narrativi di Powers serie supereroistica crime di Brian Michael Bendis e Michael Avon Oeming. In particolare i primi due archi narrativi partono dall'omicidio della principale supereroina di quel mondo, Retro Girl, e l'indagine che ne segue porta ad approfondire gli altri suoi colleghi supereroi, mostrandoli sotto una luce diversa, per certi versi più umana con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. E qualcosa del genere la fa anche Guardians, proprio a partire dall'evento devastante della morte di Marvelous Man.
Il cuore della narrazione, però, più che lo sviluppo dei personaggi è il racconto di un mondo che, a partire da quel momento in poi, finisce in una spirale autodistruttiva, tra gruppi terroristici autorpoclamatisi nazione in guerra contro gli Stati Uniti, situazioni di tensione al limite della guerra termonucleare con la Russia, diffusione sempre più capillare di una nuova droga devastante, tutte cose che hanno una aderenza con la stretta attualità che ha quasi un che di inquietante. E che poi è il motivo per cui ho deciso di scrivere questo articolo così a ridosso con la sua visione.
In tutto questo seguiamo le indagini di Knight Hawk, l'equivalente del Nite Owl di Wathcmen o del più canonico Batman. Mentre il costume del personaggio richiama molto di più a quello di Nite Owl, o del Birdman del 2014, la sua caratterizzazione richiama molto di più a Batman da un lato, ma anche al Comico dall'altro, con il quale è accomunato da uno smodato uso dell'alcool e dal fumare sigari. Se però in Watchmen c'erano due investigatori, uno il già citato Nite Owl e l'altro Rorschack, in Guardians a indagare è il solo Knight Hawk, che in un certo senso assomma su di se alcune delle caratteristiche dei tre personaggi di riferimento per la sua costruzione. A parte forse un unico aspetto: l'integrità morale, tipica di Rorschack. Quella è finita tutta in Speed, la velocista del gruppo.
I Guardians, in effetti, sono modellati intorno alla Justice League, ma sono rappresentati tutti sotto una luce non esattamente positiva a parte, appunto, Speed e Awesome Man. Quest'ultimo è quello che potremmo definire "il mortale più potente della Terra", definizione che si adatta perfettamente al Capitan Marvel originale. E infatti come quel personaggio trae la sua forza da una parola magica, pronunciando la quale ottiene i poteri di sette dei. La presenza di un personaggio che richiama esplicitamente a Capitan Marvel all'interno di una storia in cui il mondo sta andando in rovina a casua della scomparsa del suo eroe principale richiama immediatamente alla mente un altro grande capolavoro della DC Comics, Kingdom Come di Mark Waid e Alex Ross. Basato, a quanto pare, sul soggetto di Moore per il seguito di Watchmen, anche in questo caso vede un mondo senza Superman, ritiratosi dopo la morte di Lois Laine per mano del Joker. E questo non ha fatto altro che mettermi nella testa il tarlo che Awesome Man fosse, nella sua ingenuità, sotto il controllo di Knight Hawk così come il Capitan Marvel originario era sotto il controllo di Batman.
Ci sono, infine, anche alcuni riferimenti alla JLA di Grant Morrison con una minaccia esterna e con l'idea di affrontarla rendendo super tutta l'umanità.
Arriviamo al finale, in cui viene rivelato il piano di uno dei protagonisti della serie che è volto a creare un ordine mondiale di tipo nazistico con la scusa del "bene superiore". In definitiva non si discosta certo dal tema portante di Watchmen, ma propone allo spettatore, soprattutto nell'episodio conclusivo, una serie di riflessioni interessanti sulla guerra e sulla libertà individuale, anche di poter sbagliare o semplicemente di dissentire da chi detenie il potere. E il modo in cui mette in crisi la giustificazione con cui tutto ciò viene fatto rende la serie perfettamente autoconclusiva, nonostante il finale aperto, tanto che un possibile seguito della serie non potrebbe aggiungere realmente nulla di particolare alla storia narrata fino a qui (ma se ci sarà, va bene lo stesso!).
Per cui, per quanto sia una serie fortemente influenzata da Moore e dai supereroi, usa questi ultimi per raccontare il nostro mondo e la nostra attualità, nonostante l'ambientazione del 1987, e proporci riflessioni sul potere politico e quello mediatico, anch'esso fondamentale all'interno di Guardians.
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