
Come ne usciremo è un volume di speculative fiction, probabilmente il primo in Italia, curato da Fabio Deotto, che però non si limita alla semplice curatela, ma costruisce il contesto all'interno del quale si "muovono" i racconti proposti nella raccolta. Alcuni di questi, in effetti, non sono inediti e sono stati pubblicati su altre riviste, ma in soldoni l'idea dietro il volume è: siamo nel 2040 e dopo un paio di decenni in cui il mondo ha aperto gli occhi e applicato delle verie politiche di contenimento del riscaldamento globale, arriva la notizia che, finalmente, le emissioni di anidride carbonica si sono stabilizzate. I racconti inseriti in questo contesto provano a rispondere alla domanda su come l'umanità sia arrivata a questo punto, e da qui, nell'ottica di noi lettori, rispondere alla domanda insita nel titolo, Come ne usciremo.
Il libro, pur partendo da un elemento ottimistico, che già non si è avverato (l'adozione di politiche ambientali globali), esamina vari aspetti della società umana conseguenti a quelle scelte, e di conseguenza racconta tanto su come siamo ora, in questo momento. Da un lato i vari autori dei racconti riescono a descrivere come le politiche ambientali potrebbero influenzare il comportamento degli uomini, sia presi come singoli, sia presi come gruppo. Dall'altro propongono una serie di spunti di riflessione, in particolare sulla capacità di anticipare, seppure di poco (i vari racconti sono stati scritti a cavallo della pandemia del covid-19), la deriva razzista e intollerante della politica che sta esplodendo in quest'ultimo periodo (anche se i segnali c'erano da almeno un decennio).
Un altro elemento di riflessione molto interessante è come, in fondo, le generazioni che si alternano sulla faccia del pianeta non sono molto diverse come atteggiamento una dall'altra. Le pagine di raccordo tra un racconto e l'altro, infatti, presentano alcune riflessioni in tal senso, visto che il narratore di queste pagine si confronta con un suo fantomatico nipote adolescente del 2040, utilizzato non solo per raccontare quella possibile, futura generazione, ma anche, appunto, per ricordare al lettore come spesso tendiamo a non fare tesoro delle lezioni del passato.
Fa, poi, quasi tenerezza la speranza che la generazione del 2040 sia meno legata all'informazione a mezzo social rispetto a quella rappresentata dal narratore, cosa che al momento vedo piuttosto difficile che accada.
E' un libro che parla anche di ambiente, e, provando a immaginare il futuro, ci dice come, in fondo, rischiamo di cambiare le cose, senza realmente cambiare ciò che conta sul serio: noi stessi.
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