
La matassa, mostrata come particolarmente intricata, viene svolta dal mangaka alternando in maniera sapiente scene d'azione con altre di pura investigazione (perquisizioni, interrogatori, esame delle prove raccolte).
Il vaso di Pandora che i giovani protagonisti e la loro guida adulta scoperchiano risulta terribile e scioccante: le perversioni di un unico membro influente di una piccola comunità di montagna hanno influenzato e indirizzato il resto degli adulti, legati in maniera apparentemente incredibile attraverso le catene della superstizione. Ed è proprio su questo che Cacciatori di cadaveri ci invita a riflettere: non tanto sulla follia del singolo, quanto sulla costruzione collettiva di una coperta sotto la quale la comunità si nasconde per non vedere le colpe e le codardie dei singoli.
Dal punto di vista della narrazione, poi, l'ambientazione periferica, quasi montana, ha permesso di aumentare la tensione da un lato, ma anche di proporre un'ulteriore riflessione sui pregi e sui difetti di un mondo così interconnesso come il nostro. Sarebbe bello se il messaggio che quei momenti di privacy dalla rete che i ragazzi si sono presi nel corso del loro viaggio diventassero, per tutti noi, un esempio da seguire.
 
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