
Come ben sanno i lettori disneyani, a volte gli editori realizzano degli albi speciali in collaborazione con aziende non del settore, soprattutto catene alimentari e, appunto, supermercati. L'albo che la DC aveva pensato per i clienti della Walmart era un mensile, distribuito tra il 2028 e il 2019, strutturato con una storia inedita di apertura e una ristampa in appendice. Dopo i primi due numeri, nei successivi dodici ecco arrivare Up in the sky con puntate di una decina di pagine che sono state successivamente raccolte in una miniserie classica di sei numeri pubblicata, sovrapponendosi con la fine di Superman Giant, tra fine 2019 e inizio 2020.
Proprio questa struttura breve dei vari capitoli è il difetto peggiore della saga, che emerge in particolare nella lettura della raccolta: alcuni dei capitoli, infatti, appaiono slegati uno rispetto all'altro, lasciando nel lettore una sensazione un po' straniante. La cosa è parzialmente mitigata in alcuni dei capitoli, come il primo e il secondo originali fusi nel primo albo della miniserie, o come gli ultimi tre, che nonostante siano usciti sugli ultimi due numeri della miniserie, risultano particolarmente scorrevoli e senza eccessivi stacchi nella lettura.
A parte queste eccezioni, questa particolare scrittura rende la storia un po' "annacquata", se mi passate il termine, e questo nonostante la trama di base particolarmente interessante: un viaggio di Superman nello spazio per salvare una bambina rapita da ignoti alieni. Ogni capitoletto è, dunque, un passo verso la salvezza di Alice, la bambina rapita, una delle dodici fatiche, per riprendere quanto scritto nell'aletta della copertina del DC Pocket, in un parallellismo con Ercole che non si potrebbe cogliere senza conoscere le origini editoriali della storia (origini che non vengono mai raccontate nei redazionali). King sfrutta queste dodici fatiche per compiere una duplice operazione: da un lato omaggiare Superman, in particolare quello della golden age, come ben si comprende dal fatto che è in grado di viaggiare nello spazio senza bisogno di respirare o di usare alcuna navicella spaziale o altro aiuto tecnologico, e dall'altro scavare nell'essenza di Superman, in particolare in quel suo desiderio di aiutare tutti.

Il tutto viene anche condito con diverse citazioni alla vita editoriale del personaggio, come le sfide contro Classius Clay, che già all'epoca dell'uscita di quei fumetti aveva cambiato il suo nome in Muhammad Ali, e che nel terzo capitoletto viene sostituito da un pugile extraterrestre, o le sfide di corsa contro Flash, all'epoca in cui il manto del velocista scarlatto era ricoperto da Barry Allen: una di queste, raccontata dalla voce di una Alice prigioniera degli alieni, costituisce il settimo capitoletto (apre la quarta uscita della miniserie) e viene rappresentata da Andy Kubert utilizzando esclusivamente splash page.
Questo è fuori di dubbio il capitoletto in cui emerge maggiormente il tratto del disegnatore, che comunque si fa apprezzare anche nel resto della storia, sia per il modo in cui ritrae Superman, fortemente influenzato soprattutto da Neal Adams più che dal padre Joe Kubert, ma anche per la capacità di suddividere la pagina per enfatizzare i momenti di calma e di tensione delle storie. Questo salto di qualità rispetto per esempio alla miniserie Adam Strange scritta da Richard Bruning e con il fratello Adam come colorista era già avvenuto ai tempi del Batman di Grant Morrison, ma trova il giusto compimento in Su nel cielo, tenendo in piedi così una storia altrimenti troppo debole nonostante gli ottimi spunti e un finale molto ben scritto.
Curiosità finale: l'unico elemento scientifico all'interno della storia è la citazione della galassia di Bode, che ho utilizzato per una delle gallerie di Halloween che propongo ogni anno su EduINAF.
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