
Barriere insormontabili?
L'effetto tunnel è un effetto quantistico previsto all'interno dell'equazione di Schrodinger che spiega come mai una radiazione elettromagnetica o una particella riesce a superare un ostacolo, come può essere una barriera di potenziale o un muro vero e proprio.L’effetto tunnel spuntò per la prima volta nel 1927 mentre Friedrich Hund stava eseguendo dei calcoli sulla doppia buca di potenziale. Una buca di potenziale è una vera e propria buca energetica che avviene quando l'energia potenziale di un dato sistema passa (per esempio) da un valore costante a un altro inferiore, per poi ritornare a un altro superiore (per esempio proprio il valore di partenza). E che non può, o non potrebbe essere superato se la particella che si trova intrappolata all'interno di questa buca non possiede l'energia sufficiente.
Le possibilità di superare questo valore di energia, però, come notarono sempre nel 1927 Leonid Mandelstam e Mikhail Leontovich, stavano proprio all'interno dell'equazione di Schrodinger, che prevedeva una probabilità non nulla, per quanto piccola, che una particella con energia inferiore si ritrovasse "quantomagicamente" fuori dalla buca.
Tale effetto venne poi applicato nel 1928 da George Gamow per spiegare il decadimento alpha. Questo decadimento avviene in alcuni nuclei instabili che emettono una particella alpha, ovvero un nucleo di elio-4. E la cosa non sarebbe per nulla comprensibile senza l'effetto tunnel.
Effetto che, peraltro, ha permesso a Leo Esaki e Ivar Giaever di ottenere il Nobel per la fisica nel 1973 per le loro scoperte sperimentali riguardanti l'effetto tunnell rispettivamente nei semiconduttori e sei superconduttori. GLi esperimenti, che erano stati condotti negli anni Sessanta, avevano verificato alcune predizioni teoriche presenti nella teoria della superconduttività sviluppata nel 1957 da John Bardeen, Leon Cooper e Robert Schrieff, permettendo a questi ultimi di ottenere il Nobel per la fisica l'anno prima, nel 1972. Tra l'altro Bardeen aveva già vinto il Nobel per la fisica nel 1956, in questo caso insieme a Walter Brattain e William Shockley questa volta per ricerche sui semiconduttori.
Oltre a Esaki e Giaever il Nobel per la fisica del 1973 venne assegnato anche a Brian Josephson che aveva predetto l'esistenza di una supercorrente elettrica in grado di scorrere attraverso una particolare barriera. L'effetto, che possiamo vedere come una variazione dello storico effetto tunnell, è oggi noto come effetto Josephson e ha permesso di sviluppare un particolare dispositivo quantistico noto come giunzione Josephson.
Dal micro al macro
Siamo per lo più abituati a pensare ai fenomeni quantistici come fenomeni che interessano il mondo microscopico, a dimensioni atomiche e inferiori. Per cui anche gli effetti quantistici ci aspettiamo generalmente che siano "visibili" a quelle dimensioni. D'altra parte l'esperimento mentale del gatto di Schrodinger era stato pensato da Erwin Schrodinger anche (e soprattutto) per mostrare l'assurdità dell'applicare la meccanica quantistica a fenomeni macroscopici. Eppure la natura ci ha stupito ancora una volta: sono, infatti, diversi i fenomeni quantistici che hanno un effetto macroscopico e ra questi ci sono superconduttività e superfluidità.Tre dei teorici che hanno sviluppato la teoria dietro questi fenomeni hanno ottenuto il Nobel per la fisica nel 2003, e tra questi Anthony Leggett già nel 1978 aveva predetto la possibilità che un fenomeno come l'effetto tunnell potesse verificarsi anche su scala macroscopica e proprio all'interno di superfluidi e superconduttori. Una curiosità su Leggett: nel 1984 su Contemporary Physics 50 uscì un suo articolo dal titolo Schrödinger's cat and her laboratory cousin in cui il fisico teorico assegna una evidente identità femminile al gatto di Schrodinger! Facciamo un salto di pochi anni, fino agli inizi degli anni Ottanta, quando alcuni gruppi di ricerca, facendo uso proprio delle giunzioni Josephson, mostrarono dei primi risultati sperimentali che sembravano poter essere spiegati come un effetto tunnell macroscopico. I lavori che, però, avrebbero fornito le prove schiaccianti dell'esistenza del fenomeno vennero pubblicati tra il 1984 e il 1985 proprio da John Clarke, capo del gruppo di ricerca, John Martinis, all'epoca suo studente di dottorato, e Michel Devoret, che in quel periodo stava svolgendo un post-doc proprio nel gruppo di ricerca di Clarke presso l'Università della California a Berkeley.
I tre, insieme con Daniel Esteve e Andrew Cleland, descrissero il loro sistema in un articolo del 1988 su Science, come analogo al decadimento alfa, quello spiegato proprio da Gamow 60 anni prima utilizzando l'effetto tunnell. In studi successivi si vide che il ruolo del nucleo dell'elio del decadimento alpha in questo effetto tunnell macroscopico veniva rivestito dalle giunzioni Josephson.
Ultima nota in chiusura: ho trovato piuttosto curioso che nel documento che racconta il contesto scientifico della scoperta non venga mai citato Gamow, che capisco non vinse mai il Nobel, ma il suo ruolo fu comunque fondamentale, visto che alla fine il decadimento alfa, che proprio Gamow spiegò teoricamente usando l'effetto tunnell, viene citato all'interno del documento stesso.
Lista articoli:
- M. H. Devoret, J. M. Martinis, D. Esteve, J. M. Clarke, "Resonant Activation from the Zero-Voltage State of a Current-Biased Josephson Junction", Phys. Rev. Lett. 53, 1260 (1984).
- J. M. Martinis, M. H. Devoret, J. Clarke, "Energy-Level Quantization in the Zero-Voltage State of a Current-Biased Josephson Junction", Phys. Rev. Lett. 55, 1543 (1985).
- M. H. Devoret, J. M. Martinis, J. Clarke, "Measurement of Macroscopic Quantum Tunneling out of a Zero-Voltage State of a Current-Biased Josephson Junction", Phys. Rev. Lett. 55, 1908 (1985).
- J. Clarke, A. N. Cleland, M. H. Devoret, D. Esteve, J. M. Martinis, "Quantum Mechanics of a Macroscopic Variable: The Phase Difference of a Josephson Junction", Science 239, 992 (1988).
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