Stomachion

martedì 4 novembre 2025

L'uomo che possedeva il mondo

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Una delle prime immagini
della superficie di Marte
- via commons
Era il 1961. Gli Stati Uniti, nel loro programma di esplorazione spaziale che prevedeva l'invio in orbita di esseri viventi, il 31 gennaio avevano inviato lo scimpanzé Ham nello spazio a bordo della Mercury-Redstone 2. L'Unione Sovietica, però, alzava la posta inviando in orbita, il 12 aprile di quell'anno, Yuri Gagarin, che a bordo della Vostok 1 passò alla storia come il primo uomo nello spazio.
Gli Stati Uniti riescono a rispondere abbastanza in fretta: il 5 maggio, infatti, a bordo della Freedom 7, mandano in orbita Alan Shepard.
Parallelamente all'invio di esseri umani nello spazio, che facevano anche molto rumore mediatico (cosa preziosa in quel periodo di guerra fredda), le due superpotenze stavano inviando diversi satelliti anche nell'esplorazione dei pianeti del Sistema Solare. Per esempio, proprio in quel 1961 i sovietici avevano inviato verso Venere il satellite Venera 1 che il 19 maggio compì il primo flyby intorno al pianeta. Sempre i sovietici avevano dato inizio anche all'esplorazione di Marte con le due missioni Marsnik 1 e 2 che a ottobre del 1960 avevano compiuto un flyby intorno al pianeta rosso.
La prima missione che, però, riuscì a inviare le prime foto della sua superficie fu la Mariner 4 che, compiuto il flyby il 14 luglio del 1965, inviò verso la Terra qualcosa come 21 foto. Per cui ha un che di incredibile leggere questo passo all'interno de L'uomo che possedeva il mondo, pubblicato proprio nel 1961, che ben descrive la superficie di Marte:
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L'atmosfera è rarefatta e non contiene ossigeno, quindi abbiamo dovuto produrlo noi stessi. Ci sono anche frequenti tempeste magnetiche, e violentissime tempeste di sabbia.
In effetti la prima osservazione di una tempesta di sabbia marziana risale al 1956 grazie a Gerard Kuiper.
Un altro passo interessante è quando Robert Carson, il protagonista del romanzo, si ritrova sulla superficie di Marte, all'interno di una tuta spaziale, a osservare il cielo:
Il Sole era alto e bianco nel cielo di un blu profondo, mentre, basso sull'orizzonte, Phobos scintillava, al suo terzo quarto.
Ed effettivamente, come mostrato in questa foto scattata da Curiosity nel 2015, quando il Sole, su Marte, è basso sull'orizzonte, il cielo assume una colorazione blu, anche se risulta leggermente sbiadita...
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Tramonto su Marte - Immagine NASA via The Planetary Society
E' fuor di dubbio che soprattutto in quest'ultimo caso Charles Eric Maine si sia ispirato soprattutto a quanto succede sulla Terra, visto che, appunto, si è dovuto aspettare l'arrivo dei lander sulla superficie di Marte per "vedere" il cielo del pianeta rosso. Però, come aveva già mostrato ne Il grande contagio, si dimostra un conoscitore della scienza tale da riuscire a immaginare il futuro in una maniera ancora oggi profondamente attuale, e non solo scientificamente corretta.
Altro elemento interessante, infatti, è come immagina che gli esseri umani hanno colonizzato il pianeta Marte, dall'ambiente ostile: poche città in superficie protette da cupole che fugono da luoghi di villeggiatura, ma anche di produzione delle risorse alimentari, mentre la maggior parte delle colonie sono sotterranee.
Intorno a queste lucide intuizioni (e ce ne sono anche altre sul futuro post-apocalittico della Terra), Maine costruisce la trama principale, ovvero Robert Carsono, astronauta britannico morto nel 1961 in una missione che lo avrebbe dovuto portare in orbita intorno alla Luna, che viene riportato in vita dai coloni marziani di 8000 anni nel futuro dopo averne recuperato il corpo, rimasto ben conservato grazie al freddo del vuoto cosmico. L'importanza di Carson, per i marziani, è strettamente legata al ruolo che la Terra del futuro gli ha assegnato: è, legalmente, il possessore del pianeta, come recita anche il titolo del romanzo.
Maine utilizza in maniera magistrale Carson per raccontare da una parte la guerra fredda, quella reale, attraverso la guerra fredda che nel romanzo si è creata tra la Terra e Marte. E attraverso questa prova anche a immaginare possibili sviluppi di quella reale, come evidente una volta che tale parallelissmo diventa esplicito. In questo suo esercizio immaginativo, Maine inserisce molti temi, come l'intolleranza o l'idea della guerra "giusta", quella che viene giustificata per esportare la "democrazia". Il senso del romanzo diventa, però, chiaro man mano che Carson attraversa le pagine, cercando, o meglio ri-cercando se stesso: marziani, terrestri del sottosuolo, mutanti (i terresti della superficie che non sono riusciti a proteggersi dalle radiazioni delle bombe nucleari esplose nelle guerre del passato) sono tutti un'unica grande famiglia, e non dovrebbero mettersi uno contro l'altro, ma collaborare insieme per un futuro migliore per tutti.
Un concetto su cui dovremmo pensare bene ancora oggi.

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