Stomachion

venerdì 7 novembre 2025

The man who sold the world

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Quando il 22 giugno del 1973 Life on Mars? venne rilasciata nel Regno Unito, il lato B di questa seminale canzone di David Bowie era un pezzo a modo suo altrettanto seminale, che era stato rilasciato quasi 3 anni prima, il 4 novembre del 1970: The man who sold the world.
Penultima traccia dell'omonimo album, secondo il racconto tradizionale, sarebbe stata ispirata al romanzo di Robert Heinlein L'uomo che vendette la Luna e alla storia storia d'apertura di Strange Adventures #47 della DC Comics con lo stesso titolo della canzone di Bowie, The man who sold the world.
Eppure, se seguiamo quanto disse lo stesso Bowie a BBC Radio 1 nel 1997, forse c'è da aggiungere un'ulteriore ispirazione:
Credo di averla scritta perché c'era una parte di me che stavo cercando... quella canzone per me ha sempre esemplificato in un certo senso il come ti senti quando sei giovane, quando sai che c'è una parte di te che non hai ancora messo insieme: hai questa grande ricerca, questo grande bisogno di scoprire chi sei veramente.
E in effetti il tema della ricerca di se è uno di quelli trattati da Charles Eric Maine ne L'uomo che possedeva il mondo, romanzo pubblicato quasi una decina di anni prima (rispetto all'uscita di The man who sold the world) e, guarda un po' il caso, ambientato su Marte.
Significativi, in quest'ottica, i primi quattro versi:
We passed upon the stair
We spoke of was and when
Although I wasn't there
He said I was his friend
L'idea che in questi versi Bowie stia raccontando di un incontro con se stesso viene rinforzata confrontandoli con quelli di Antigonish di William Hughes Mearns, che in effetti viene anch'essa considerata come fonte di ispirazione per la canzone di Bowie:
As I was going up the stair
I met a man who wasn't there
He wasn't there again today
I wish, I wish he'd stay away...
D'altra parte incontrare un uomo che non era lì è un modo come un altro per dire di aver "incontrato se stessi"!
L'ispirazione dal romanzo di Maine, però, sembrerebbe presente nei due versi che concludono la prima stanza:
"I thought you died alone
A long, long time ago"
che potrebbe essere letto come un riferimento al protagonista de L'uomo che possedeva il mondo, che si credeva deceduto da 8000 anni.
Questi due versi vengono successivamente rielaborati nella seconda stanza esprimendo un concetto a suo modo ancora più estremo come la solitudine di ciascun essere umano:
I gazed a gazely stare
At all the millions here
We must have died alone
A long, long time ago
Inoltre, a chi ha letto il romanzo di Maine questi versi faranno sicuramente venire in mente la scena finale quando Robert Carson si ritrova, suo malgrado, a dover compiere un discorso a tutte le popolazioni della Terra e di Marte. E la conclusione del romanzo, che sancisce la solitudine estrema di un uomo che rifiutava il ruolo che i marziani (e anche una parte dei terrestri) volevano affidargli, viene qui estremizzata, come scritto sopra, fornendo la sensazione di una solitudine in qualche modo assoluta, che accomuna tutti quanti, in netto contrasto con l'ironia dei versi del ritornello, ironia che in effetti sembra la stessa del fumetto di Otto Binder e Seymour Barry:
Who knows? Not me
We never lost control
You're face to face
With the man who sold the world

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