
All'epoca Nakazawa, nato nel 1939 a Hiroshima, aveva 6 anni e frequentava il corrispettivo della nostra prima elementare. La bomba, sganciata il 6 agosto del 1945, cadde a poco più di un chilometro da dove si trovava il futuro mangaka e causa la scomparsa di buona parte della sua famiglia: il padre, la sorella maggiore e il fratello minore.
Anni dopo, quando inizia a lavorare in maniera indipendente dopo aver fatto l'assistente per altri, racconta di questa terribile esperienza nei racconti della raccolta poc'anzi citata. Ed è proprio da quell'esperienza diretta che arriva la forza evocatiuva e d'impatto delle scene di sofferenza e disperazione dovute al cosiddetto dopo-bomba. Non ci sono sentiti dire o rappresentazioni a partire di descrizioni scientifiche, ma proprio un racconto di prima mano di corpi con la pelle in liquefazione, di persone che urlano mentre bruciano vive, di altre che muoiono soffocate, tutte senza alcuna possibilità di sopravvivere. A parte pochi fortunati.
Ed è su quei pochi che si concentra la lente di Nakazawa, raccontando della solitudine, della disperazione e in alcuni casi persino del senso di colpa per essere ancora vivi. C'è anche rabbia e vendetta, come quella del killer del racconto d'apertura, che accetta commissioni solo per uccidere americani, o quella della prostituta che accetta solo clienti stranieri, nella speranza di contaminarli. E poi ci sono i figli dei sopravvissuti, che o si ammalano, destinati a una vita breve, e che permettono così al mangaka di raccontare proprio quel senso di colpa di cui sopra, o sono essi stessi a esprimere a parole quel senso di colpa per via delle discriminazioni che subiscono per essere i figli dei sopravvissuti.
In mezzo a tanto dolore, quasi catartico per certi versi, sicuramente preparatorio per la realizzazione di Gen di Hiroshima, il racconto finale, Le grida della terra nera, oscilla tra l'ottimismo che nasce dal desiderio del protagonista di voler testimoniare gli orrori del nucleare (cui giunge egli stesso dopo un tortuoso e doloroso percorso di crescita), e lo sconforto rispetto al resto dell'umanità, che emrge non solo dal titolo di giornale che conlude il racconto, ma anche dal confronto del protagonista del racconto con i suoi coetanei. Quando, alla fine, il ragazzo comprende la lezione, la distanza che si è creata a causa di questa consapevolezza tra se e i suoi amici è tale da far emergere con forza lasuperficialità della società nipponica dell'epoca.
Nonostante questo, però, Nakazawa non si è lasciato fermare e, anzi, ha trovato gli stimoli per raccontare gli orrori di quel lontano giorno d'agosto, schierandosi apertamente contro il nucleare e in favore della vita.
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