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sabato 20 dicembre 2025

Superman: Red Son

Il primo Elseworld ufficiale fu Gotham by Gaslight del 1989 di Brian Augustyn e Mike Mignola, ma la tradizione delle storie immaginarie, Imaginary Stories, era iniziata nel lontano 1966 su Superman #183. La storia in questione, Superman, Cartoon Hero!, non era stata concepita esattamente come una versione alternativa delle storie regolari di Superman. Già Lois Lane: Superwoman! su Action Comics #60 che la precedeva (datata, infatti, 1943), aveva un'idea di altrimondi dietro, visto che possiamo considerare la storia come una lunga sequenza onirica.
D'altra parte grazie a questo espediente gli autori sia di Superman sia di Batman furono in grado di proporre storie particolari come i matrimoni degli eroi, o le loro morti, giocando anche con variazioni malvage o stupide.
Questo concetto delle storie immaginarie, però, era già presente nelle stesse origini di Superman, non quelle fumettistiche, ma quelle reali: Jerry Siegel e Joe Shuster, infatti, proposero diverse versioni non solo del personaggio, ma anche delle sue origini, anche dopo il suo esordio. Basti, per esempio, pensare che mentre in Action Comics #1 viene mostrata la superficie di Krypton squassata da forti terremoti, la sua esplosione diventa ufficiale qualcosa come un anno più tardi con l'esordio delle daily strip di Superman.
Di tutte queste origini, però, ce n'è una in particolare, che non vi racconto nel dettaglio, ma che è stata utilizzata come punto di partenza da Mark Millar per congegnare Red Son, unendola a uno degli elementi che hanno caratterizzato gli Elseworld fin dai loro esordi: calare i supereroi DC Comics in contesti storici differenti da quelli in cui si muovono usualmente.
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Tra le campagne dell'Ucraina
In effetti Millar, supportato ai disegni da Dave Johnson e Killian Plunkett, non cambia il contesto storico, fine anni Trenta inizio anni Quaranta del XX secolo, ma l'area geografica. Il razzo che porta un Superman neonato sulla Terra cade, infatti, non nel Kansas, ma nell'Ucraina, rendendo Superman un campione del comunismo.
La scelta non dovrebbe stupire, viste le simpatie socialiste dello sceneggiatore scozzese, ma stiamo comunque parlando anche di un eroe che non rappresenta solo i valori del comunismo, ma anche il regime staliniano dell'epoca. E se, quindi, da una parte abbiamo degli Stati Uniti rappresentati da Lex Luthor, che senza Superman su suolo americano passa senza colpo ferire dalla parte dei "buoni", dall'altra abbiamo un Superman che all'inizio cerca sinceramente di essere un eroe per tutti e non solo per i russi o per coloro che si affidano al comunismo.
Nonostante questi iniziali idealismi, la deriva dittatoriale di Superman, già anticipata nella prima parte da alcuni personaggi che la temevano, è in ogni caso una chiara indicazione di come il desiderio di potere sia il peggior nemico di qualsiasi buon proposito. La capacità di Superman di imporre qualunque idea, per quanto giusta essa sia, non può portare a nulla di realmente positivo, e alla fine è proprio questo il punto che viene messo maggiormente in discussione, molto più dell'ideologia comunista stessa. D'altra parte questo è uno dei pericoli che proprio Lex Luthor ha spesso visto in Superman, ponendosi spesso la domanda su cosa avrebbe fatto qualcuno dotato dell'immenso potere di Superman.
Millar, con Red Son, sembra quasi voler dare ragione a Luthor con il suo ribaltamento di ruoli, ma il segreto di tutto il progetto sta proprio in quel "quasi": il lettore, nonostante tutto, riconosce nel Superman di Red Son sprazzi del Superman usuale. E proprio quegli sprazzi saranno la chiave per comprendere il finale della vicenda.

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