Stomachion

lunedì 10 dicembre 2018

I rompicapi di Alice: Cubi, cubi, sempre cubi

Potrebbe essere una domanda più adatta a Le grandi domande della vita, ma visto che sorge sulle colonne della storica rubrica Mathematical games di Martin Gardner sul quarto numero del 1965 di Scientific American direi che può benissimo trovare spazio tra i Rompicapi di Alice.
In particolare la questione è:
è possibile tagliare un cubo in un numero infinito di altri cubi più piccoli nessuno dei quali identico a un altro?(1)
La risposta è: no. E per capirlo ragioniamo per assurdo. Supponiamo, cioè, che sia possibile "cubizzare un cubo". Prendiamo la prima delle figure proposte da Gardner nel suo articolo.
Se partiamo da un quadrato la struttura che otteniamo al secondo passo è un tris di quadrati in cui quello più piccolo è il centrale. E proseguendo con suddivisioni successive i quadrati più piccoli saranno sempre e comunque circondati da quadrati più grandi. Allo stesso modo se proviamo a suddividere un cubo in cubi più piccoli: il cubo più piccolo che tocca il tavolo deve essere circondato da cubi più grandi(1). Questo implica che intorno alle pareti del cubo più piccolo sorgeranno quattro cubi più grandi di questo che impediranno a un cubo più grande di trovarsi in cima. E questa situazione si andrà a ripetere per ciascuno dei cubi che andremmo a suddividere ulteriormente. Questo, però, porta a una regressione infinita che contraddice con l'assunto iniziale, ovvero che il problema sia risolvibile.(1)
Gli aspetti più interessanti, ma anche più curiosi, della regressione infinita si trovano, però, nell'introduzione al problema. Ad esempio Gardner riesce con poche righe a raccontare i teoremi di incompletezza di Kurt Godel. Secondo Gardner, infatti, il matematico austriaco
è stato in grado di mostrare che non esiste una singola matematica inclusiva di tutto, ma solo una regressione infinita si sistemi sempre più ricchi.(1)
L'aspetto più interessante, però, è che tale regressione infinita di matematiche era in qualche modo stata intravista anche da Lewis Carroll, come mostrato nel suo articolo What the tortoise said to Achilles, pubblicato su Mind nell'aprile del 1895.
L'idea di Carroll è abbastanza semplice: una volta che il pelide ha raggiunto la tartaruga, quest'ultima intraprende con l'eroe un altro genere di inseguimento, basato sulla logica, in cui costringe Achille a intraprendere una serie infinita di dimostrazioni legate ai lati di un triangolo.
In particolare date le proposizioni:
A. Due elementi che sono uguali a un terzo sono uguali tra di loro.
B. I due lati di questo triangolo sono uguali al terzo.
la loro verità implicherebbe la verità di
Z. I due lati di questo triangolo sono uguali tra di loro.
L'arguzia della tartaruga, però, non accetta che la verità di Z discenda da quelle di A e B, così Achille è costretto ad aggiungere sempre nuove proposizioni prima di soddisfare la sete di dimostrazione della tartaruga(2).
Lo stesso Carroll ha in qualche modo utilizzato la regressione infinita in maniera leggermente più sottile, come ricorda lo stesso Gardner: in Attraverso lo specchio, infatti, lo scrittore e matematico ricorda al lettore che non è solo Alice a sognare il Re Rosso, ma che la bambina fa anche parte del sogno di un Re Rosso addormentato(1)!
Si potrebbe allora concludere con la classica domanda su quanto sia reale il nostro universo, ma d'altra parte che importanza ha per il punto luminoso nel gioco della vita di Conway se il suo universo è generato da un computer o meno? Per lui resta sempre un posto reale.
  1. Martin Gardner, 1965, 'Mathematical Games', Scientific American, vol. 212, no. 4, pp. 128-135 doi:10.1038/scientificamerican0465-128 
  2. I rompicapi di Alice: La storia di Achille e della tartaruga, in corso di ripubblicazione su Science Backstage 

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