Ho scoperto i Magic Opera grazie a Leonardo Petrillo, che tempo addietro avevo introdotto nel mondo del metal, in particolare il power metal. In particolare la band italiana si inserisce nel filone del symphonic power metal dove abbiamo un'altra band di un certo spessore, i Rhapsody of Fire. E in effetti The golden pentacle, album di debutto della band di Marco Garau è un concept album di genere fantasy. Ambientato in un reame fantastico, il regno di Amtork, ruota intorno all'eterna lotta tra bene e male, tra pace e armonia da un lato, avidità e distruzione dall'altro.
I Magic Opera, però, non si limitano al semplice compito dello sviluppo di un album di genere puro e semplice, ma inseriscono anche elementi di death metal in alcuni dei pezzi del sommario, aggiungendo una dinamicità dovuta al dialogo tra i due stili musicali distinti. Da amante di entrambi i generi, non posso che apprezzare la scelta, ma non sono qui semplicemente per raccontarvi l'album (che comunque vi invito a sostenere, anche perché ci sono diverse chicche musicali molto interessanti), ma per prendere spunto dalla traccia conclusiva, Until the end of time, titolo utilizzato da diversi musicisti in generi completamente differenti. Come immaginabile dai miei lettori usuali, in questo caso andrò a soffermarmi proprio sul titolo e sulle sue implicazioni scientifiche.
Una delle questioni spinose riguardo il nostro universo è, infatti, il suo destino finale, e dunque anche il concetto della così detta fine del tempo. Dal punto di vista della fantascienza, spesso la fine del tempo viene rappresentata come una rocca posta su un vortice che risucchia tutto senza alcuna speranza di uscita (qualcosa del genere si trova in una storia di Tom Strong, personaggio ideato da Alan Moore). E' ovvio che la fine del tempo non può essere qualcosa del genere, ma in ogni caso il destino del tempo è intimamente legato al destino dello spazio: come scoperto da Albert Einstein con la sua relatività speciale e poi con quella generale, il tempo e lo spazio sono legati uno all'altro. Per cui il fatto che il tempo possa finire o meno è allo stesso modo legato con il fato ultimo dell'universo.
Le ipotesi sul piatto sono diverse: si va da un universo la cui espansione potrebbe venire invertita fino a un big crucnch, per arrivare a un universo in espansione infinita che viene letteralmente fatto a pezzi dalla pressione interna fino a un bir rip, con in mezzo la così detta morte termica. In quest'ultimo caso l'espansione, pur non arrivando a distruggere completamente l'universo, allontana le galassie una all'altra sempre di più. I cieli nei vari pianeti, abitabili o meno che siano, diventano sempre più scuri, mentre le galassie gravitazionalmente legate sono destinate a compattarsi sempre di più (ad esempio la Via Lattea e Andromeda, in un futuro relativamente lontano diventeranno un'unica galassia).
Quale sarà il destino del nostro universo è cosa ancora ampiamente dibattuta: non abbiamo, al momento, abbastanza elementi per stabilire cosa avverrà in un futuro che è comunque lontano lontano. Il motivo è molto semplice: non sappiamo esattamente il contenuto di materia, materia oscura ed energia oscura nell'universo (allo stato attuale stimato rispettivamente con un 3%, 27% e 70% circa - non sono le percentuali esatte, sto andando a memoria). Nè tantomeno se e come queste interagiscono una con l'altra.
In tutta questa discussione ho voluto tenere un po' in disparte qualunque discorso filosofico (trovate però qualche spunto interessante nell'articolo che ho dedicato all'immortalità quantistica).
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