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Nel cuore della notte, tra le ombre contorte della sua dimora di Providence, Howard Phillips Lovecraft si accingeva a compiere un rituale proibito. Con le mani tremanti, tracciò un pentacolo sul pavimento polveroso, mormorando antiche formule tratte dal Necronomicon. L'aria si caricò di elettricità, e un bagliore verdastro illuminò la stanza.
"Cthulhu, servo degli Antichi, ascolta la mia chiamata!" esclamò Lovecraft, la voce rotta dall'emozione. "Ti invoco per chiederti ispirazione! Concedimi una visione, un orrore cosmico che possa alimentare la mia penna!"
Un rombo sordo scosse le fondamenta della casa, e una figura gigantesca emerse dal pentacolo. Cthulhu, il Grande Antico, si ergeva in tutta la sua mostruosa magnificenza, i suoi tentacoli guizzanti e gli occhi incandescenti.
"Lovecraft," tuonò Cthulhu, la voce un eco di abissi lontani. "Perché disturbi il mio sonno eterno? Non ho tempo per i tuoi miseri racconti."
"Ma, Grande Cthulhu," implorò Lovecraft, "le mie storie diffondono il tuo terrore nel mondo! Sono il tuo araldo, il tuo profeta!"
"Araldo?" sibilò Cthulhu, un ghigno mostruoso che gli deformava il volto. "Profeta? Tu sei solo un misero mortale, un insetto che si illude di comprendere l'orrore cosmico. Le tue storie sono pallide imitazioni della realtà, ombre sbiadite del vero terrore."
Lovecraft, ferito nell'orgoglio, si infuriò. "Come osi, Cthulhu? Le mie storie hanno terrorizzato generazioni di lettori! Ho creato un intero pantheon di orrori cosmici!"
"Pantheon?" ruggì Cthulhu, i suoi tentacoli che si agitavano furiosamente. "Tu hai creato solo una parodia, un circo di mostri ridicoli! I veri Antichi sono al di là della tua comprensione, al di là della tua immaginazione."
La discussione si trasformò in una furiosa lite. Lovecraft accusò Cthulhu di essere un critico ingrato, mentre Cthulhu lo accusò di essere un plagiarista mediocre. Volarono parole grosse, insulti cosmici e maledizioni ancestrali.
Alla fine, Cthulhu, esasperato, afferrò Lovecraft per il colletto della camicia e lo sollevò da terra. "Ascolta, misero mortale," ringhiò. "La prossima volta che oserai disturbarmi per le tue sciocchezze, ti manderò direttamente negli abissi di R'lyeh. Hai capito?"
Lovecraft, tremante di paura, annuì freneticamente. Cthulhu lo lasciò cadere sul pavimento, scomparendo nel pentacolo con un ultimo rombo.
Lovecraft rimase a terra, il cuore che gli batteva all'impazzata. Si rialzò lentamente, sentendosi umiliato e offeso. "Che creatura ingrata," mormorò. "Dopo tutto quello che ho fatto per lui..."
Ma poi, un lampo di ispirazione lo colpì. "Aspetta un momento..." pensò, un sorriso malizioso che gli illuminava il volto. "E se scrivessi una storia su un uomo che litiga con Cthulhu?"
Immagine di apertura generata con NightCafe
"Cthulhu, servo degli Antichi, ascolta la mia chiamata!" esclamò Lovecraft, la voce rotta dall'emozione. "Ti invoco per chiederti ispirazione! Concedimi una visione, un orrore cosmico che possa alimentare la mia penna!"
Un rombo sordo scosse le fondamenta della casa, e una figura gigantesca emerse dal pentacolo. Cthulhu, il Grande Antico, si ergeva in tutta la sua mostruosa magnificenza, i suoi tentacoli guizzanti e gli occhi incandescenti.
"Lovecraft," tuonò Cthulhu, la voce un eco di abissi lontani. "Perché disturbi il mio sonno eterno? Non ho tempo per i tuoi miseri racconti."
"Ma, Grande Cthulhu," implorò Lovecraft, "le mie storie diffondono il tuo terrore nel mondo! Sono il tuo araldo, il tuo profeta!"
"Araldo?" sibilò Cthulhu, un ghigno mostruoso che gli deformava il volto. "Profeta? Tu sei solo un misero mortale, un insetto che si illude di comprendere l'orrore cosmico. Le tue storie sono pallide imitazioni della realtà, ombre sbiadite del vero terrore."
Lovecraft, ferito nell'orgoglio, si infuriò. "Come osi, Cthulhu? Le mie storie hanno terrorizzato generazioni di lettori! Ho creato un intero pantheon di orrori cosmici!"
"Pantheon?" ruggì Cthulhu, i suoi tentacoli che si agitavano furiosamente. "Tu hai creato solo una parodia, un circo di mostri ridicoli! I veri Antichi sono al di là della tua comprensione, al di là della tua immaginazione."
La discussione si trasformò in una furiosa lite. Lovecraft accusò Cthulhu di essere un critico ingrato, mentre Cthulhu lo accusò di essere un plagiarista mediocre. Volarono parole grosse, insulti cosmici e maledizioni ancestrali.
Alla fine, Cthulhu, esasperato, afferrò Lovecraft per il colletto della camicia e lo sollevò da terra. "Ascolta, misero mortale," ringhiò. "La prossima volta che oserai disturbarmi per le tue sciocchezze, ti manderò direttamente negli abissi di R'lyeh. Hai capito?"
Lovecraft, tremante di paura, annuì freneticamente. Cthulhu lo lasciò cadere sul pavimento, scomparendo nel pentacolo con un ultimo rombo.
Lovecraft rimase a terra, il cuore che gli batteva all'impazzata. Si rialzò lentamente, sentendosi umiliato e offeso. "Che creatura ingrata," mormorò. "Dopo tutto quello che ho fatto per lui..."
Ma poi, un lampo di ispirazione lo colpì. "Aspetta un momento..." pensò, un sorriso malizioso che gli illuminava il volto. "E se scrivessi una storia su un uomo che litiga con Cthulhu?"
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