Stomachion

martedì 5 febbraio 2019

Arancia meccanica: in difesa delle libertà individuali

Vista l'imminente chiusura di Google+, ho fatto un controllo veloce sul blog per vedere se c'erano pulsantini di condivisione a questo social e quindi ho migrato il profilo associato alla mia firma bloggistica da quello su G+ a quello su Blogger. Fatte le ultime sistemazioni vado a controllarlo e vedo che tra i miei blog c'è anche la partecipazione a Schock Addizionali. Aperto a dicembre 2007 da un amico di giù, ha proseguito a fasi alterne le pubblicazioni per un'annetto circa, per poi non venire più aggiornato. Controllando i miei contributi colà, vedo che ci sono alcune recensioni, così mi è sembrata una buona idea riproporle anche qui su DropSea, iniziando da Arancia meccanica di Anthony Burgess.
Rileggendo la recensione di ormai più di dieci anni fa, lasso di tempo durante il quale non ho recuperato l'Arancia meccanica di Stanley Kubrik (ma 2001: Odissea nello spazio sì e magari vi scrivero qualche riga in futuro), scopro che l'edizione dell'Einaudi aveva anche alcuni contenuti aggiuntivi alla prima edizione originale, come un primo capitolo in più, un articolo di Burgess sul film di Kubrik e un'intervista al regista. Leggendo questi contenuti si scopre che, cosa rara per i film tratti dai romanzi, è lo stesso autore a sottolineare le poche differenze tra il film e il suo romanzo, mentre nell'intervista Kubrik giustifica i cambi effettuati durante la stesura della sceneggiatura, necessari per rendere più chiaro il punto di vista di Burgess, altrimenti impossibile con una trasposizione pedissequa. In questo senso risulta coerente l'esclusione dalla trasposizione dell'ultimo rassicurante capitolo, che Burgess è stato costretto ad aggiungere a causa di pressioni dell'editore.
Uno degli equivoci cui Arancia meccanica (anche il film) è andato incontro è la rappresentazione della violenza fine a se stessa. Tale rappresentazione è, però, ai fini narrativi, assolutamente necessaria, perché l'opera letteraria può essere fruita completamente solo se si chiariscono i punti cardine nel suo complesso, e non estrapolando ciò che fa più comodo al critico di turno. Nella prima parte viene narrata una escalation di violenza che porta Alex, il narratore nonché protagonista della vicenda, nelle patrie galere britanniche. Alex e la sua banda (i suoi soma), scorrazzano per la città picchiando a sangue, distruggendo ciò che incontrano, per il solo gusto di farlo, giovani teppisti di una società in continuo mutamento, e Burgess è così abile nel descrivere i loro comportamenti eccessivi che si è naturalmente portati a desiderare per i giovani protagonisti tutto il male possibile. In pratica questa prima parte è una fotografia della società così come è ancora oggi in molte grandi metropoli dell'occidente civilizzato.
La seconda parte narra delle peripezie di Alex nella prigione, dai suoi tentativi di sfuggire alle sodomie dei compagni di cella fino all'ultimo caso di violenza che ha portato alla morte di un altro carcerato, malmenato a sangue da Alex e compagni. Alla fine, come già per l'omicidio della vecchia che alla fine della prima parte portò Alex in prigione, anche in questo caso i suoi compagni di cella lo tradiscono, lo lasciano solo al suo destino. In questo senso questa prima fase della vita carceraria di Alex è abbastanza tipica di ogni carcerato: basta leggere i romanzi e la biografia di Edward Bunker (esempio lampante è sicuramente Cane mangia cane) per avere un'idea ben precisa delle difficoltà che si incontrano nelle prigioni, spesso traslate anche nella vita fuori, ma questo è un discorso che meriterebbe un articolo a sé.
Negli anni in cui A Clockwork Orange (titolo originale dell'opera) venne concepito, si stava facendo largo l'idea di proporre il lavaggio del cervello per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri. Burgess, in risposta a tale idea, concepisce, scrive e pubblica le avventure di Alex, che nelle ultime due settimane di detenzione viene sottoposto a una tecnica rivoluzionaria: la somministrazione di un mix chimico che lo costringe ad avere rigetto fisico nei confronti della violenza e di tutto ciò che la sua mente associa alla violenza, su tutto la sua amata musica classica, da Ludwig van Beethoven a Wolfgang Amadeus Mozart, passando per Johann Sebastian Bach (spero non sfuggiranno, nell'ottica di come concludo la recensione, i gusti musicali di Alex, che un certo modo di pensare associa alle persone generalmente "tranquille").
Viene così restituito al mondo, nella terza parte, un Alex non già mondato e rinato a nuova vita, ma inibito nelle sue pulsioni, impossibilitato a difendersi da una torma di vecchietti che lo assale nella biblioteca pubblica, o dai suoi ex-compagni di pestaggio ormai diventati poliziotti. Trova salvezza nella casa di un uomo cui, a suo tempo, violentò la moglie (opportunamente coperto da una maschera), e che alla fine lo presenta ad alcuni amici che lo useranno per i loro fini politici. Alla fine il fatto che Alex, così come i suoi compagni di violenze, sia una pedina nel gioco politico del potere è non solo una delle chiavi di lettura del romanzo, ma probabilmente anche la più importante.
In pratica Alex è veramente libero solo nella prima parte del romanzo, quando la sua pur discutibile scelta di violenza è comunque di Alex e soltanto sua. Dall'omicidio della vecchia in poi il ragazzo, nel romanzo un quindicenne, non è più libero, prima perché in prigione, poi perché con il miraggio della libertà fisica, viene privato di quella della scelta, e infine perché il suo ritorno alla violenza (come si legge nel debole capitolo conclusivo, aggiunto successivamente, come già detto) è in pratica dovuto a quello stesso Governo che lo aveva chimicamente lobotomizzato.
In conclusione un bel romanzo, che come spesso capita a tutti i bei romanzi, non viene compreso appieno e si punta l'attenzione solo su alcuni aspetti marginali, che in realtà sono necessari solo per chiarire il più ampio discorso sulla libertà individuale di scegliere il proprio destino. Una libertà che questa società dovrebbe concedere a tutti.

Nessun commento:

Posta un commento