E così, alla fine, sono riuscito a mettere mano al
Topolino di questa settimana, grazie a mia sorella e alla spesa al supermercato. Ovviamente avrei provato a provvedere in maniera diversa, nel caso, ma vista l'aria che tira, per ora, spero che sarà possibile acquistare anche il prossimo numero. Certo visto quanto ci sta abbruttendo questa chiusura forzata, con molte persone che sono più che disposte a puntare il dito contro una percentuale irrisoria che in ogni caso esce, senza neanche pensare che forse i motivi per farlo ce l'hanno, non è detto che il prossimo numero sarà altrettanto "facile" da ottenere.
Con questa incognita sulla testa del fedele lettore
topolinesco, procediamo con la recensione del numero attualmente in edicola.
Giochi di prestigio
Sfogliando il numero senza leggere i
credits, pensai immediatamente che
Basta pensarlo!, storia muta con Paperoga protagonista, fosse l'ennesimo
colpo di genio di
Enrico Faccini. E invece l'autore è "solo" il disegnatore in una storia deliziosa e divertente: a idearla e scriverla ci ha, infatti, pensato
Marco Nucci, che ovviamente ha trovato in Faccini il miglior interprete, visto che l'autore aveva in passato già realizzato altri piccoli gioiellini del genere.
Unico difetto della storia è, se vogliamo, il fatto che Malachia abita a casa di Paperoga, ma sappiamo bene, non solo grazie alla nuova serie di
Giorgio Salati e dello stesso Faccini, che il gatto di Paperino è tornato a casa. E' una licenza che, vista la bellezza della storia, si può tranquillamente concedere ai due autori.
Nipotini al top
Dopo il gran lavoro di
Bruno Enna non era difficile immaginare che altri autori avrebbero cercato di dare la loro versione dei nipotini, pur mantenendosi sul solco tracciato dallo sceneggiatore sardo, ovvero la differenziazione dei caratteri. Il primo vero tentativo di inserirsi in questo solco narrativo, pur se non è in
continuity con il lavoro di Enna, è
Area 15 di
Roberto Gagnor, coadiuvato dal sempre ottimo
Claudio Sciarrone. E d'altra parte non potrebbe esserci spalla migliore del disegnatore che, in questi anni, ha più di tutti cercato di fornire un'interpretazione moderna e più coerente con i tempi dei personaggi
disneyani.
Sostanzialmente Gagnor in questo primo episodio della serie,
Il potente grandioso club!, costruisce l'ambiente e i personaggi all'interno del quale si svilupperanno le storie della serie. Lo sceneggiatore, abbandonando alcune delle caratteristiche del suo stile surreale, risulta piacevolmente più realistico, e al tempo stesso riversa nel soggetto tutta la sua passione nei confronti del fumetto, in particolare quello supereroistico. Qua, infatti, il vero protagonista di questo primo episodio, si lascia prendere dalla vecchia collezione di fumetti di Archimede.
La fine della storia è anche lì dove, presumibilmente, inizierà il prossimo episodio: la nascita di uno spazio dedicato ai giovani, a metà strada tra una ludoteca e una fumetteria.
Un'occasione persa
L'eroe perde la memoria. Nel frattempo la sua reputazione e i suoi segreti sono in pericolo, ma l'eroe non può saperlo, visto che non ricorda di essere l'eroe. Così non interviene. Nel frattempo un percorso fatto di
flash improvvisi gli permette, un po' alla volta, di ritrovare contezza della sua identità. E così, all'ultimo episodio, torna in città, in tutto il suo splendore, preservando il suo nome e rivelando il marcio in chi lo stava minacciando. Più o meno è quello che avrei voluto leggere dopo la conclusione della prima puntata di
Paperinikland. Però non è andata così: Paperino riesce a risolvere la faccenda con un pizzico di fortuna, come un Gastone qualunque, oltre che con l'aiuto di Archimede; il "cattivo" non si rivela così cattivo, né dimostra di avere conoscenza pregressa del problema che si presenta al suo parco divertimenti; e Paperino ritrova memoria del suo essere Paperinik dopo aver ingurgitato una caramella iperselettiva grazie a una contro-caramella inventata da Archimede.
D'altra parte
Marco Gervasio non è
J.M. De Matteis (i più esperti avranno intuito, leggendo quel che mi aspettavo, che speravo di leggere qualcosa tipo
Tornare in sé) e il solo
Giorgio Cavazzano non può salvare la delusione per una storia che, speravo, potesse diventare quella della svolta per la gestione
gervasiana di Paperinik. E il vostro recensore si salva, evidentemente, solo perché queste righe non le scrive su LSB.
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