
D'altra parte lo stesso Paolo Pasi nel corso di quell'incontro non aveva certo annunciato delle novità nella loro storia, raccontata con precisione, cercando di non trascurare nulla più del necessario. Con un piccolo, ma non trascurabile dettaglio: Pasi cerca di far emergere gli uomini oltre le vicende della cronaca. Ovviamente soprattutto i due accusati e la loro battaglia per dimostrare la loro innocenza, tra testimoni inattendibili e un'accusa che ricostruisce le prove per adattarle alla sua visione. D'altra parte la pressione dei media era tanta e tale da dover trovare una soluzione il più in fretta possibile. E Sacco e Vanzetti erano i capri espiatori perfetti, due anarchici, due figure che erano per questo già solo colpevoli, senza alcuna esitazione.
Pasi, però, quasi trovando una comunanza spirituale, indulge soprattutto su Vanzetti, di cui ho pubblicato tempo fa la sua invettiva contro la guerra: ne traccia un profilo da scrittore, quasi da poeta. La sensazione che Pasi passa al lettore è che proprio in questa scrittura che Vanzetti trova la forza di sopportare prima le false accuse, quindi gli anni di processo e di prigione, e infine la condanna. Non che non ci siano state anche momenti di disperazione, ma in quei momenti, e ciò alla fine valeva per entrambi, a dare forza ecco arrivare gli amici e i parenti, come l'amata sorella.
Una narrazione agile, ma intensa e appassionata che restituisce più che la tristemente nota vicenda in se, il profilo di due uomini che cercavano di combattere il sistema, per poi rendersi conto, alla fine, che... La salvezza è altrove.
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