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Dopo una lunga gestazione durata diversi anni, arriva finalmente al cinema il film dedicato a
Freddie Mercury e ai
Queen,
Bohemian Rhapsody, come il titolo di una delle canzoni più note e di successo della
band inglese di
nerd e disadattati che ha rivoluzionato il mondo del rock e della musica in generale. Indubbiamente un film su Freddie Mercury ha nella colonna sonora il suo punto di forza, grazie alla forza trascinante della musica dei
Queen: devo, in effetti, confessare che le ho cantate più o meno tutte, ovviamente sottovoce, e ho stentato a trattenermi dal tenere il ritmo come se fossi a un loro concerto, in particolare in occasione di
We will rock you, peraltro uno dei pezzi scritti da
Brian May, e che in effetti rappresenta molto bene l'altra rivoluzione che i
Queen hanno portato nella musica, il coinvolgimento del pubblico durante i
live.
Nel complesso il film, pur di fronte a differenze, anche abbastanza importanti, nella biografia, risulta molto ben fatto e ben recitato. D'altra parte il compito per gli attori non era agevole: muoversi sul palco come degli animali da palcoscenico come i
Queen era abbastanza arduo, in particolare il compito di
Rami Malek che interpretava Mercury. D'altra parte, se pensiamo un attimo all'impianto del film, le licenze che
Anthony McCarten si è preso nella sceneggiatura sono in qualche modo giustificabili. Il film, infatti, ruota intorno a quello che viene considerato non solo il concerto migliore della
band, ma il
live migliore in assoluto nella storia della musica: la
performance di 20 minuti sul palco del
Live Aid nel 1984 a Wembley. In questo senso risulta incredibilmente emozionate, oltre che ben interpretata nelle movenze, proprio la scena che sintetizza questi mitici 20 minuti, e questo anche grazie alla regia di
Bryan Singer e
Dexter Fletcher, che lo ha sostituito quando Synger, a film quasi ultimato, è stato licenziato.
Se il
Live Aid era da considerarsi punto di partenza e di arrivo della narrazione, il resto del compito del film è stato quello di raccontare la personalità di Mercury, i suoi obiettivi e in parte i suoi eccessi, enfatizzando gli eventi e le persone che in qualche modo hanno contribuito a questi eccessi. Emerge un personaggio molto partecipe non solo nella musica, ma anche nei rapporti con molte delle persone che lo circondavano: in qualche modo è proprio questa forte partecipazione emotiva che lo spinse verso l'eccesso (mi spingerei a fare dei paragoni con alcuni fisici teorici che ebbero una porzione della loro vita ricca di eccessi, ma preferisco evitare).
Dato in particolare quest'ultimo come compito del film, le licenze poetiche di McCarten sono quasi comprensibili, e per approfondirle vi rimando alla
sezione relativa sulla pagina di en.wiki del film.
Nel resto dell'articolo vorrei, invece, soffermarmi sulla canzone, scritta proprio da Freddie Mercury, che in qualche modo fornisce il titolo del
post,
Don't stop me now.