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Gli elementi per essere interessante, in effetti, ci sono: una nube purpurea si diffonde sulla superficie della Terra, espulsa dall'esplosione di un vulcano in Australia. E' fuori di dubbio che questa scelta narrativa sia stata fortemente influenzata dall'eruzione del Krakatoa del 1883, ma anche un altro interessante elemento ha giocato, soprattutto nelle fasi iniziali, un ruolo fondamentale: l'esplorazione del Polo Nord.
La stagione delle grandi esplorazioni dell'Artide sarebbero iniziate solo dopo l'uscita di questo romanzo, per cui il tema poteva tranquillamente essere utilizzato con i toni misteriosi e apocalittici usati da Shiel nella primissima parte del romanzo. Oltre all'ambientazione, lo scrittore costruisce anche una ricca serie di personaggi interessanti, incluso lo stesso protagonista, Adam Jeffson, unico sopravvissuto alla catastrofe. In questo senso è un po' deludente la velocità con cui si conclude la prima parte, in cui tutta la serie di interessanti personaggi viene eliminata a causa della nube purpurea, mentre l'approfondimento del disturbo mentale di Adam Jeffson viene lasciato al suo racconto solitario, risultando alla fine più vicino al delirio di un folle che non al racconto di un essere umano preda di potenze realmente esterne e contrastanti.
Fondamentalmente il romanzo si trascina tra una descrizione e l'altra più o meno dettagliate con una fine che arriva sempre troppo tardi, il che non è certo un complimento se consideriamo la brevità del romanzo stesso, poco più di 200 pagine. Se poi ci aggiungiamo che le mie attese erano quelle di un romanzo snello e dinamico come La peste scarlatta di Jack London, romanzo uscito nel 1912 e ispirato dal racconto La maschera della morte rossa di Edgar Allan Poe, allora il parere non positivo su La nube purpurea è completo e, spero, comprensibile. Certo non ha aiutato nemmeno il continuo confronto con Il mondo senza di noi di Alan Weisman: sebbene quest'ultimo sia un saggio, possiede una scrittura dinamica e profonda che spesso ben pochi romanzi posseggono. Inoltre avrebbe forse giovato un racconto più concentrato proprio sulla descrizione di un mondo senza esseri umani dove la natura inizia a prendersi i suoi spazi, come sembrava emergere in alcuni punti, piuttosto che gettare il lettore tra i deliri di onnipotenza del protagonista.
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