Stomachion

domenica 24 agosto 2025

Topolino 3639: L'ultima colonia di Atlantide (e altre cose di scienza!)

topolino3639-estratto-cover
Avevamo lasciato i nostri amici catturati dalle lepri viola mentre il loro capo, lord Volpeker, ritrovava la memoria: lo smemorato Boh era, infatti, un personaggio di alto rango di questa avida associazione criminale che sta cercando i sgreti di Atlantide, ovviamente per i propri scopi. Se ci limitiamo al destino finale di Volpeker e a quello della colonia atlantidea di Zeta, siamo di fronte a un esito tutto sommato scontato ma l'obiettivo di Casty con Le vestigia di Z non era tanto questo, motivo per cui è un vero peccato che siano state utilizzate le due pagine successive alla storia per un'intevista all'autore relativamente all'uscita della Thriller Collection #10 con la ristampa della Spactralia Antartica.
A un livello superficiale si potrebbe dire che l'obiettivo dell'autore friulano sia sempre quello: far comprendere al lettore che esiste un modo non legato al profitto per vivere su questo pianeta. Il vero cuore della storia, però, si trova nella quinta pagina di questo terzo episodio, quando i nostri eroi, accompagnati da Volpeker, entrano nella sala che custodisce il vero tesoro di Z.
L'arca botanica
topolino3639-arca-botanica
Nella mitologia zoroastriana, Ahura Mazda, noto anche come Horomazes, il dio dei cieli, incaricò Yima, mitologico re dell'antica Persia, di costruire una struttura sotterranea chiamata Vara. Al suo interno avrebbe dovuto conservare due demi per ogni tipo di pianta del mondo conosciuto. I semi dovevano provenire da esemplari privi di difetti, mentre Vara doveva essere costruita in modo da resistere a un inverno apocalittico della durata di 300 anni.
Una leggenda simile la si trova anche nei miti norreni. Il giardino sotterraneo di Odainsaker, infatti, era un luogo concepito per resistere all'inverno che avrebbe preceduto il Ragnarok, in modo da proteggere le persone (e il loro ambiente, piante incluse) per ripopolare il mondo dopo la caduta degli dei.
Z, l'ultima colonia di Atlantide, si trova effettivamente sottoterra, come Vara e Odainsaker, e al suo interno custodiva quella che Eurasia Tost ha definito con un termine decisamente evocativo arca botanica. O in termini più moderni, una banca dei semi.
Una banca dei semi è una struttura che, come Vara, o come la Z di Casty, conserva i semi delle piante mondiali, per preservare la biodiversità e permettere, un giorno, di poter recuperare quelle varietà che nel corso dei decenni dovessero andare perdute. La più famosa delle bance dei semi è indubbiamente la Svalbard Global Seed Vault, nata da un progetto del Fondo mondiale per la diversità delle colture (Global Crop Diversity Trust) finanziato dal governo norvegese. Questa è fondamentalmente una cripta di conservazione dei semi costruita sotto uno strato di permafrost sulle isole Svalbard e inaugurata ufficialmente nel 2008.
Come un po' tutte le strutture simili, nascono sotto l'ispirazione della prima raccolta di semi del mondo, quella dell'Istituto dell'industria vegetale fondato nel 1921 a Leningrado da Nikolai Vavilov.
Vavilov, agronomo, botanivo e genetista russo, aveva compreso il valore della raccolta e della conservazione dei semi. Iniziò la sua raccolta di semi sin dal 1916, intensificandola in tutto il mondo nel 1932 e portando la "collezione" dell'Istituto a 148000 specie diverse nel 1933.
Non è stata, comunque, la prima volta che il tema delle banche dei semi è stato affrontato su Topolino. Sul #3256, in occasione dell'Earth Day 2018, venne pubblicata una storia delle Giovani Marmotte proprio su una banca dei semi in Antartide.
Ed è, quindi, un'occasione persa (una delle molte) non aver sottolineato ulteriormente con un articolo apposito l'importanza di tali istituzioni, solo parzialmente compensata dall'articolo sulla foresta amazzonica del numero precedente.
Tra miraggi e ologrammi ottici
topolino3639-mirascopio
Non è l'unico tema interessante di tipo scientifico presente ne Le vesatigia di Z. A un certo punto della storia, infatti, compare il fantasma del re-custode di Z che minaccia le lepri viola di distruggere la città. Cosa che poco dopo inizia ad accadere.
In realtà non è un fantasma, ma il buon Peleas, in effetti il vero re di Z, che, opportunamente travestito, è riuscito a proiettarsi come un fantasma, o come un ologramma, sulla superficie della città. Per ottenere l'effetto desiderato ha utilizzato un particolare congegno ottico, il miroscopio.
Il primo Optical Display Device (dispositivo di visualizzazione ottica) di questo genere venne brevettato nel 1970 da Virgil Elings e Caliste Landry, rispettivamente giovane ricercatore e custode del dipartimento di fisica dell'Università della California a Santa Barbara.
La storia si svolse così: un giorno Landry, mentre stava pulendo una pila di grandi specchi da rilfettore, rimase sorpreso e affascinato da una realistica illusione ottica di polvere che non poteva essere pulita. Riferito ciò a Elings, questi comprese immediatamente la fisica dietro tale effetto, iniziando a ragionare sulla realizzazione di un dispositivo in grado di produrre regolarmente tali illusioni.
Alcuni anni più tardi il brevetto venne acquistato da Michael Levin che dopo averlo ottenuto, nel 1977, fondò una società per commercializzarlo, la Opti-Gone International, e cambò il nome al dispositivo, che divenne un più evocativo Mirage.
A un certo punto della storia, probabilmente per l'interesse suscitato come dispositivo didattico (un esempio in questa attività dell'Exploratorium), divenne noto come mirascopio, il nome utilizzato da Casty nella storia, che in una vignetta ne esemplifica il funzionamento, anche se non esattamente nel modo corretto.
Tale dispositivo ottico è costituito da due specchi concavi, che permette di proiettare un'immagine tridimensionale di un oggetto posto tra questi specchi. Per capire la fisica che sta dietro al fenomeno, possono venire in aiuto alcuni schemi, come quelli proposti in un articolo di Ingrid Krumphals, come quello qui sotto che mostra come l'immagine reale e quella virtuale siano una l'opposto dell'altra rispetto all'asse di simmetria verticale (cosa che non avviene nella vignetta di Casty):
20250824-miroscopio-hello
In generale ci possono essere due situazioni distinte: la distanza tra i due specchi, infatti, può essere o inferiore o superiore alla distanza focale. Nel primo caso l'immagine verrà prodotta all'interno del dispositivo. Nel secondo all'esterno. Il percorso dei raggi di luce in questo secondo caso risulta semplificato dal seguente schema:
20250824-miroscopio-raggi-luce
Le ultime osservazioni
topolino3639-citta-pietra
Sarebbe interessante approfondire come le città di Sacsayhuaman e Ollantaytambo, cistate da Casty, sono state costruite, ma mi sono dilungato anche troppo. La teoria di Casty, però, è particolarmente interessante molto fantasiosa e coinvolge una pianta e una specie di picchi della roccia, ovviamente due specie inesistenti in natura. La loro presenza è uno dei classici castyani di scienza fantastica ma raccontata in maniera da sembrare quanto più plausibile possibile.
Sempre una pianta risulta il segreto della perdita di memoria di tutti coloro che si sono avventurati nella ricerca e nell'esplorazione di Z. Una pianta che ricorda quella introdotta da Marco Nucci proprio insieme a Casty in una inquietante saga con Macchia Nera protagonista.
Visto il finale, comunque, mi aspetto almeno un'altra storia atlantidea: d'altra parte un bel confronto finale con le lepri viola con un messaggio forte sul destino del pianeta sarebbe una degna conclusione della ricerca di Atlantide.
Con gli occhi di Medusa
topolino3639-amelia-anello-gorgone
Nella mitologia greca, Medusa era una gorgone in grado di pietrificare chiunque avesse la sfortuna di guardarla negli occhi. Secondo il mito, questa donna con dei serpenti al posto dei capelli venne sconfitta dall'eroe Perseo grazie a uno scudo lucido come uno specchio, donato all'eroe dalla dea Atena, che, riflettendo l'immagine della gorgone, la pietrificò all'istante.
E proprio sul mito di Medusa che ruota L'anello della gorgone di Enrico Faccini, storia al tempo stesso divertente, ma anche ricca di azione in cui Amelia riesce a realizzare un anello in grado di pietrificare chiunque lo indossi. Il suo obiettivo è ovviamente utilizzarlo contro Paperone, solo che la cosa le si ritorce contro e alla fine finisce per animare una statua di Medusa nascosta in un angolo non visitato del parco di Paperopoli.
Con l'assistenza di Pico, Amelia e Paperone si alleano per sconfiggere la statua: la storia, però, spicca non solo per la capacità di Faccini di gestire registri differenti rispetto a quello esclusivamente comico, ma anche per l'ottimo uso degli elementi mitologici, come il gufo di Atena o la variazione del tema sullo scufo lucido come uno specchio, ma anche per il recupero dell'equipaggio della nave Narciso, che era stata protagonista de Il mostro bianco di Merril De Maris e Floyd Gottfredson (ne ho scritto in occasione del volume dei Grandi Autori dedicato a Gottfredson), a quanto pare ora al lavoro proprio per lo zione!
Bello, interessante e sostanzialmente completo l'articolo di francesco Vacca sulle gorgoni che segue la storia e la completa. Tra l'altro lo stesso Vacca è presente con una storia "matematica" disegnata da Marco e Stefano Rota: La multa ricorsiva. In pratica la storia è una esemplificazione dell'algoritmo ricorsivo, ovvero un algoritmo che richiama se stesso per risolvere un dato problema.
Il gioco delle parti
topolino3639-paperino-gastone-beach-volley
Il numero si chiude con La gara della (s)fortuna di Aleksander Kirkwood Brown per i disegni di Massimo Fecchi. Racconta di un torneo di beach volley dove una delle coppie, sponsorizzata da Paperone, giunge in finale: Paperino e Gastone. La storia, molto interessante, presenta una dinamica tra Paperino e Gastone che ricorda in parte quelle che aveva portato avanti Bruno Concina negli anni Novanta e ha alcuni punti in comune persino con Rodolfo Cimino, visto che sposa l'idea della compensazione tra fortuna e sfortuna, che la coppia cerca di sfruttare per togliersi dai guai. L'ottimo rapporto tra i due cugini, che non viene mai esplorato come dovrebbe, è poi la ciliegina sulla torta di una storia gradevole e divertente.
Dove, quando meno te l'aspetti, trovi ancora una volta la scienza a fare capolino. A un certo punto, infatti, arriva una digressione di due vignette, Il meraviglioso mondo della scienza con Pico, in cui il tuttologo paperopolese spiega ai lettori come, a volte, dopo una pioggia particolarmente intensa, i vulcani possono eruttare, questo perché l'acqua piovana, se riesce ad attraversare il terreno e raggiungere il magma sottostante, è in grado di modificare le condizioni di pressione all'interno del vulcano, provocandone l'eruzione.
Un numero, quindi, ricco di scienza, che forse latita un po' nell'unica storia che dovrebbe contenerla, stando al titolo della serie, In science we trust. Il segreto del tarallium, come sempre di Givanni Barbieri e Cristian Canfailla, che in questa occasione collabora anche al soggetto, oltre a raccontare le origini del tarallium (e anche del nome, che effettivamente ha a che fare con i taralli!), racconta del passato amoroso del buon Zapotec. La cosa più divertente, però, è la running gag sull'incapacità di Enigm di comprendere le difficoltà amorose dell'archeologo, posto di fronte alla sua ex-fiamma, cosa che Marlin invece comprende benissimo, visto che è sposato, come ci hanno raccontato alcuni anni fa Giorgio Pezzin e Sergio Asteriti ne Il naufragio nel tempo sul #1933.
Interessante, comunque, la battuta con cui Enigm racconta i cambi d'umore di Zapotec:
Non ci capisco niente! Poco fa Zapotec era più triste di un inegrale indefinito, e ora... sorride!
Devo però dire che, più che glòi integrali indefiniti, ho visto tristi gli studenti di ingegneria a causa degli integrali indefiniti!
E su questa nota di colore, chiudo qui questo lungo articolo che è stato attraversato, anche in modi trasversali, dalla scienza!

Nessun commento:

Posta un commento