
A un livello superficiale si potrebbe dire che l'obiettivo dell'autore friulano sia sempre quello: far comprendere al lettore che esiste un modo non legato al profitto per vivere su questo pianeta. Il vero cuore della storia, però, si trova nella quinta pagina di questo terzo episodio, quando i nostri eroi, accompagnati da Volpeker, entrano nella sala che custodisce il vero tesoro di Z.
L'arca botanica

Una leggenda simile la si trova anche nei miti norreni. Il giardino sotterraneo di Odainsaker, infatti, era un luogo concepito per resistere all'inverno che avrebbe preceduto il Ragnarok, in modo da proteggere le persone (e il loro ambiente, piante incluse) per ripopolare il mondo dopo la caduta degli dei.
Z, l'ultima colonia di Atlantide, si trova effettivamente sottoterra, come Vara e Odainsaker, e al suo interno custodiva quella che Eurasia Tost ha definito con un termine decisamente evocativo arca botanica. O in termini più moderni, una banca dei semi.
Una banca dei semi è una struttura che, come Vara, o come la Z di Casty, conserva i semi delle piante mondiali, per preservare la biodiversità e permettere, un giorno, di poter recuperare quelle varietà che nel corso dei decenni dovessero andare perdute. La più famosa delle bance dei semi è indubbiamente la Svalbard Global Seed Vault, nata da un progetto del Fondo mondiale per la diversità delle colture (Global Crop Diversity Trust) finanziato dal governo norvegese. Questa è fondamentalmente una cripta di conservazione dei semi costruita sotto uno strato di permafrost sulle isole Svalbard e inaugurata ufficialmente nel 2008.
Come un po' tutte le strutture simili, nascono sotto l'ispirazione della prima raccolta di semi del mondo, quella dell'Istituto dell'industria vegetale fondato nel 1921 a Leningrado da Nikolai Vavilov.
Vavilov, agronomo, botanivo e genetista russo, aveva compreso il valore della raccolta e della conservazione dei semi. Iniziò la sua raccolta di semi sin dal 1916, intensificandola in tutto il mondo nel 1932 e portando la "collezione" dell'Istituto a 148000 specie diverse nel 1933.
Non è stata, comunque, la prima volta che il tema delle banche dei semi è stato affrontato su Topolino. Sul #3256, in occasione dell'Earth Day 2018, venne pubblicata una storia delle Giovani Marmotte proprio su una banca dei semi in Antartide.
Ed è, quindi, un'occasione persa (una delle molte) non aver sottolineato ulteriormente con un articolo apposito l'importanza di tali istituzioni, solo parzialmente compensata dall'articolo sulla foresta amazzonica del numero precedente.
Tra miraggi e ologrammi ottici

In realtà non è un fantasma, ma il buon Peleas, in effetti il vero re di Z, che, opportunamente travestito, è riuscito a proiettarsi come un fantasma, o come un ologramma, sulla superficie della città. Per ottenere l'effetto desiderato ha utilizzato un particolare congegno ottico, il miroscopio.
Il primo Optical Display Device (dispositivo di visualizzazione ottica) di questo genere venne brevettato nel 1970 da Virgil Elings e Caliste Landry, rispettivamente giovane ricercatore e custode del dipartimento di fisica dell'Università della California a Santa Barbara.
La storia si svolse così: un giorno Landry, mentre stava pulendo una pila di grandi specchi da rilfettore, rimase sorpreso e affascinato da una realistica illusione ottica di polvere che non poteva essere pulita. Riferito ciò a Elings, questi comprese immediatamente la fisica dietro tale effetto, iniziando a ragionare sulla realizzazione di un dispositivo in grado di produrre regolarmente tali illusioni.
Alcuni anni più tardi il brevetto venne acquistato da Michael Levin che dopo averlo ottenuto, nel 1977, fondò una società per commercializzarlo, la Opti-Gone International, e cambò il nome al dispositivo, che divenne un più evocativo Mirage.
A un certo punto della storia, probabilmente per l'interesse suscitato come dispositivo didattico (un esempio in questa attività dell'Exploratorium), divenne noto come mirascopio, il nome utilizzato da Casty nella storia, che in una vignetta ne esemplifica il funzionamento, anche se non esattamente nel modo corretto.
Tale dispositivo ottico è costituito da due specchi concavi, che permette di proiettare un'immagine tridimensionale di un oggetto posto tra questi specchi. Per capire la fisica che sta dietro al fenomeno, possono venire in aiuto alcuni schemi, come quelli proposti in un articolo di Ingrid Krumphals, come quello qui sotto che mostra come l'immagine reale e quella virtuale siano una l'opposto dell'altra rispetto all'asse di simmetria verticale (cosa che non avviene nella vignetta di Casty):


Le ultime osservazioni

Sempre una pianta risulta il segreto della perdita di memoria di tutti coloro che si sono avventurati nella ricerca e nell'esplorazione di Z. Una pianta che ricorda quella introdotta da Marco Nucci proprio insieme a Casty in una inquietante saga con Macchia Nera protagonista.
Visto il finale, comunque, mi aspetto almeno un'altra storia atlantidea: d'altra parte un bel confronto finale con le lepri viola con un messaggio forte sul destino del pianeta sarebbe una degna conclusione della ricerca di Atlantide.
Con gli occhi di Medusa

E proprio sul mito di Medusa che ruota L'anello della gorgone di Enrico Faccini, storia al tempo stesso divertente, ma anche ricca di azione in cui Amelia riesce a realizzare un anello in grado di pietrificare chiunque lo indossi. Il suo obiettivo è ovviamente utilizzarlo contro Paperone, solo che la cosa le si ritorce contro e alla fine finisce per animare una statua di Medusa nascosta in un angolo non visitato del parco di Paperopoli.
Con l'assistenza di Pico, Amelia e Paperone si alleano per sconfiggere la statua: la storia, però, spicca non solo per la capacità di Faccini di gestire registri differenti rispetto a quello esclusivamente comico, ma anche per l'ottimo uso degli elementi mitologici, come il gufo di Atena o la variazione del tema sullo scufo lucido come uno specchio, ma anche per il recupero dell'equipaggio della nave Narciso, che era stata protagonista de Il mostro bianco di Merril De Maris e Floyd Gottfredson (ne ho scritto in occasione del volume dei Grandi Autori dedicato a Gottfredson), a quanto pare ora al lavoro proprio per lo zione!
Bello, interessante e sostanzialmente completo l'articolo di francesco Vacca sulle gorgoni che segue la storia e la completa. Tra l'altro lo stesso Vacca è presente con una storia "matematica" disegnata da Marco e Stefano Rota: La multa ricorsiva. In pratica la storia è una esemplificazione dell'algoritmo ricorsivo, ovvero un algoritmo che richiama se stesso per risolvere un dato problema.
Il gioco delle parti

Dove, quando meno te l'aspetti, trovi ancora una volta la scienza a fare capolino. A un certo punto, infatti, arriva una digressione di due vignette, Il meraviglioso mondo della scienza con Pico, in cui il tuttologo paperopolese spiega ai lettori come, a volte, dopo una pioggia particolarmente intensa, i vulcani possono eruttare, questo perché l'acqua piovana, se riesce ad attraversare il terreno e raggiungere il magma sottostante, è in grado di modificare le condizioni di pressione all'interno del vulcano, provocandone l'eruzione.
Un numero, quindi, ricco di scienza, che forse latita un po' nell'unica storia che dovrebbe contenerla, stando al titolo della serie, In science we trust. Il segreto del tarallium, come sempre di Givanni Barbieri e Cristian Canfailla, che in questa occasione collabora anche al soggetto, oltre a raccontare le origini del tarallium (e anche del nome, che effettivamente ha a che fare con i taralli!), racconta del passato amoroso del buon Zapotec. La cosa più divertente, però, è la running gag sull'incapacità di Enigm di comprendere le difficoltà amorose dell'archeologo, posto di fronte alla sua ex-fiamma, cosa che Marlin invece comprende benissimo, visto che è sposato, come ci hanno raccontato alcuni anni fa Giorgio Pezzin e Sergio Asteriti ne Il naufragio nel tempo sul #1933.
Interessante, comunque, la battuta con cui Enigm racconta i cambi d'umore di Zapotec:
Non ci capisco niente! Poco fa Zapotec era più triste di un inegrale indefinito, e ora... sorride!Devo però dire che, più che glòi integrali indefiniti, ho visto tristi gli studenti di ingegneria a causa degli integrali indefiniti!
E su questa nota di colore, chiudo qui questo lungo articolo che è stato attraversato, anche in modi trasversali, dalla scienza!
Nessun commento:
Posta un commento