In questo post vengono ristampati e riadattati due post, ormai cancellati dall'editore, dedicati a Neil Armstrong e Buzz Aldrin. La pubblicazione ritardata è dovuta a un ritardo del sottoscritto nel recupero del post su Aldrin. Mi scuso per questo con i lettori e con i due protagonisti dell'allunaggio del 20 luglio 1969.
Quel giorno, in tutto il mondo, si sentirono queste parole:
That's one small step for [a] man, one giant leap for mankind.(1)
E' quello che disse
Neil Armstrong dopo aver posto, per primo, il piede sulla Luna, entrando così nella storia, non solo quella di una lunga rincorsa spaziale tra statunitensi e sovietici, ma nella storia di tutta la Terra.
Nato il
5 agosto del 1930, Armstrong, comandante della missione
Apollo 11, quella atterrata sul suolo lunare, non era solo in quella notte così silenziosa e stellata. Lo accompagnarono in quel lungo viaggio e infine nello sbarco
Buzz Aldrin, che con lui condivideva il passato di
scout, e
Michael Collins.
Neil può, per molti versi, essere considerato un
predestinato: nel 1968 era a capo dell'equipaggio di riserva dell'Apollo 8 e nello stesso anno, a maggio, rischiò la vita durante un'esercitazione con un modulo lunare. Per sua e nostra fortuna fu in grado di salire sull'Apollo 11 e mettere così per primo piede sul nostro satellite.
All'astronauta statunitense sono anche intitolati un piccolo cratere lunare e un
asteroide, il
6469 Armstrong.
Seguita con attenzione in tutto il mondo, la missione Apollo 11 atterrò nella parte meridionale del
Mare della Tranquillità. Dopo circa 6 ore e mezza, Armstrong e Aldrin mosserò i primi, incerti passi sulla Luna, iniziando a filmare e fotografare l'evento, raccogliendo rocce e campioni della superficie lunare.
La discesa di Armstrong venne filmata grazie ad una telecamera montata sull'
Eagle, il modulo che portò gli astronauti fino all'allunaggio, appositamente espulsa dal suo alloggiamento all'interno dello scafo da un comando azionato dallo stesso Armstrong scendendo.
I due astronauti, una volta scesi, si mossero in modo apparentemente goffo, prevalentemente a balzi, a causa della minore gravità del nostro satellite: Aldrin disse che i movimenti dovevano essere programmati con un certo anticipo, poiché il suolo lunare era particolarmente sdrucciolevole. Anche grazie a questo successo, il programma spaziale statunitense poté proseguire ancora per un'altra decina di anni (più o meno), almeno fino a che la Nasa decise di dirottare i fondi, comunque scarsi e diminuiti, verso altri progetti di maggiore valenza scientifica. Probabilmente per gli stessi motivi anche i sovietici avevano interrotto da tempo il loro programma spaziale.
Il secondo protagonista di questa bella storia,
Edwin Eugene Aldrin, detto
Buzz, nato il
20 gennaio del 1930, è, a mio giudizio, il volto simpatico della missione, raggiungendo una fama, una volta tornato, forse anche superiore al suo comandante e amico: d'altra parte Neil aveva il compito e la responsabilità innanzitutto del buon esito della missione, e poi quello non secondario di
passare alla storia. Certo, quando venne il momento di lasciare un segno tangibile, Aldrin non si tirò indietro e durante la sua passeggiata lunare, evidenziando il suo carattere schietto e sincero, ma al tempo stesso molto spiccio, disse semplicemente:
Magnificent desolation.(2)
Laureatosi nel 1951 in ingegneria meccanica all'accademia militare di West Point, dopo la guerra di Corea entrò al
MIT dove prese il dottorato in astronautica, per poi venire selezionato dalla
Nasa nel 1963.