Stomachion

giovedì 20 marzo 2025

Le grandi domande della vita: Ci serve veramente un'interpretazione fisica della meccanica quantistica?


Niels Bohr
Il 2025 è l'Anno Internazionale della Scienza e della Tecnologia Quantistica, per cui può essere interessante tornare sull'annosa questione dell'interpretazione di Copenaghen della meccanica quantisica. Partirei, prima di tutto dalla questione se effettivamente tale interpretazione ha un ampio consenso tra i fisici.
Ed effettivamente sia nel 1997, sia nel 2011 sono stati realizzati dei sondaggi tra i fisici teorici su quale fosse la loro interpretazione quantistica preferita. E la maggior parte dei fisici teorici hanno votato per l'interpretazione di Copenaghen.
I risultati ottenuti in due anni distinti e in due conferenze distinte in cui comunque, in totale, saranno stati presenti un'ottantina di fisici teorici, non possiamo comunque considerarli come indicativi di tutta la cateogria, ma possono fornire alcuni spunti interessanti. Se, infatti, sono sostanzialmente inutili quelli del workshop informale sulla meccanica quantisica UMBC dell'agosto 1997 (i cui risultati hanno permesso a Max Tegmark di "parlare" dell'interpretazione dei molti mondi in quello stesso articolo in cui discusse il suicidio quantistico), più interessanti sono i risultati ottenuti presso il workshop Quantum Physics and the Nature of Reality tenutosi nel 2011 presso la International Academy Traunkirchen in Austria e condotto da Maximilian Schlosshauer, Johannes Kofler e Anton Zeilinger (ricordo che quest'ultimo ha ottenuto il premio Nobel per la fisica nel 2022).
In quest'ultimo caso, spulciando i risultati, emerge sì un largo consenso sull'interpretazione di Copenaghen, ma personalmente ho anche avuto la sensazione che ciascuno dei fisici teorici abbia almeno una seconda interpretazione preferita su cui magari sta lavorando nella speranza che possa diventare quella principale.
E' fuor di dubbio, sondaggi a parte, che uno dei principali vantaggi dell'interpretazione di Copenaghen è legato al successo dal punto di vista sperimentale, successo che però a ben vedere prescinde dalla particolare interpretazione della meccanica quantistica (se ne trovano almeno una quindicina, di cui molte presentano delle varianti, inclusa quella di Copenaghen). Probabilmente la mia posizione è direttamente collegata al fatto di aver applicato la teoria dei gruppi alla meccanica quantistica. E due dei fondamenti della teoria dei gruppi sono gli isomorfismi e gli omomorfismi, che in pratica ci garantiscono che possiamo passare da un gruppo a un altro (o da uno spazio a un altro) dove, magari, studiare le proprietà cui siamo interessati risulta più agevole, per poi tornare lì dove serve (dove per esempio possiamo realizzare un qualche esperimento). Che, diciamolo, è una posizione non molto differente da quella espressa da Christopher Fuchs e Asher Peres in un articolo dal titolo abbastanza esplicito: Quantum Theory Needs No 'Interpretation'.
Sulla questione è poi tornato il solo Fuchs alcuni anni più tardi e nell'abstract troviamo un'affermazione significativa:
Finally, we will conclude that what QM needs is not a new interpretation but instead, a theoretical (formal-conceptual) consistent, coherent and unified scheme which allows us to understand what the theory is really talking about.
E secondo me qualcosa del genere è in costruzione. Mi riferisco alla meccanica quantistica categoriale, che è in pratica l'applicazione della teoria delle categorie alla meccanica quantistica. E all'interno di questo nuovo approccio ai fondamenti della meccanica quantistica gioca un ruolo interessante il quanto-pittorismo di Bob Coecke, che conto di approfondire in un futuro più o meno lontano (o vicino, dipende dai punti di vista!).

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