
Secondo l'albero genealogico di Don Rosa, Molly era sposata con Dingus De' Paperoni, detto il sozzo, e i ritratti che ne fece il fumettista del Kentucky non erano esattamente felici: mostravano, infatti, una Molly depressa e un Dingus dal piglio arcigno (come il tipico esponente del clan De' Paperoni) e vestito nella foggia dei minatori.
Lo stesso Rosa, che ne aveva realizzato la foggia a partire sia dalle informazioni presenti nell'albero genealogico privato di Carl Barks, sia a partire dalle informazioni contenute in particolare ne Il clan di Zio Paperone, immaginava la storia di Molly e Dingus molto poco adatta al mondo disneyano. E dunque, con queste premesse, il compito delle autrici de La doppia vita di Molly Mallard lo si può immaginare particolarmente complicato.
Il riscatto del palco

Andolfo, nonostante tutto, non rinuncia a mostrare l'estrema povertà, le difficoltà e anche i rischi della vita dell'epoca, molto ben supportata da una sempre ottima Giulia Lomurno e da due coloriste come Agnese Eterno e Katia Vecchio che riescono a trovare sempre la migliore combinazione di colori per ben rappresentare le varie atmosfere della storia, cangianti quasi a ogni pagina. La chiave, però, per alleggerire tutta la vicenda è tanto semplice quanto efficace: i ritratti di Don Rosa sono solo una parte della storia, quella legata appunto al lavoro nelle miniere.
Andolfo va, quindi, oltre quei ritratti, riuscendo a raccontare personaggi molto più tridimensionali, che sì sudano e soffrono nella vita di tutti i giorni, ma che hanno sogni e speranze e, soprattutto, trovano il loro momento di riscatto grazie al teatro, chi sul palco, chi sotto il palco. Ed è proprio il riscatto la parola chiave della storia, molto più della "doppia vita" del titolo: il riscatto dalla propria condizione di ultimi, ma anche rispetto ai soprusi dei ricchi. E sebbene ci siano un paio di dettagli che lasciano perplessi, onestamente ci si soprassiede ben volentieri, proprio perché una storia così coraggiosa non la si leggeva da tempo.
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