Probabilmente il tempo per festeggiare la vittoria di Raikkonen in Belgio la Ferrari se lo concederà, considerando che l'unico problema che il team ha, nell'immediato, è attendere gli esiti per gli ultimi esami specialistici che Felipe Massa dovrà fare. Da questi esami, molto probabilmente, dipenderà il futuro di Luca Badoer e, nell'immediato, le sue possibilità di correre il Gran Premio d'Italia.
Poiché, infatti, nonostante tutto il rispetto per il collaudatore della Rossa di Maranello, al momento la scuderia Ferrari sta combattendo per il terzo posto tra i costruttori con un solo pilota, un rientro molto in ritardo del piccolo brasiliano potrebbe convincere la scuderia a ingaggiare un pilota più bravo e abituato alle corse, come ad esempio Fisichella il cui nome è sempre più insistentemente accostato alla scuderia italiana.
Giunto secondo dietro a Kimi, si propone per quella che per molti è la sua nuova vettura per tutto il resto della stagione con una gara strepitosa e in generale un fine settimana impeccabile o quasi: forse stanno tutti bluffando e il Fisico ha più di una speranza che lo ha spinto in quel delle Ardenne? Ripeto: tutto dipenderà dagli esiti degli esami. Prima Felipe rientra nelle corse (magari subito dopo Monza), più sarà probabile vedere Badoer ancora sulla Ferrari, altrimenti una sua mancata sostituzione non solo confermerebbe un disimpegno forte dal progetto 2009, ma addirittura un rigetto, un modo per dire: non ci interessa nemmeno per ottenere dei soldi in più.
Dietro Kimi e Fisico, però, si fa luce Vettel, giovane pilota che in molti vedono sulla Ferrari tra qualche anno, forse finita l'avventura sulla Red Bull. Il giovane tedesco, che già sulla Toro Rosso dello scorso anno aveva dimostrato tutto il suo valore, con una gara attenta e fatta di giri veloci, ottiene il gradino più basso del podio, giungendo davanti alle due BMW di, nell'ordine, Kubica e Heidfeld.
Il podio, comunque, si gioca praticamente tutto tra il primo giro e la ripartenza dovuta all'ingresso della safety car a causa di un mega incidente dovuto a un eccesso di adrenalina di Grosjean, il giovane pilota della Renault (forse aveva ragione Piquet senior quando criticò Briatore per il taglio del figlio). In quelle fasi Kimi agguanta prima il terzo posto, scartando Barrichello fermo al via (giunto 7.mo davanti a Rosberg e, se non erro, con un contratto a gettone, come Fisichella), poi il secondo ai danni di una BMW, e poi, dopo la safety car, alla ripartenza supera Fisico e sembra in grado di andarsene. Al primo pit stop ha un vantaggio di un paio di secondi, che però si vedrà ridotto nel corso della gara: la Force India ha perso per il kers o, più semplicemente, per il fatto che, safety car o meno, nella prima parte della gara la Ferrari era più forte e quindi il sorpasso di Kimi prima della fermata ai box sarebbe stato inevitabile.
Il podio di Vettel, però, è stata una concessione prima dei problemi di Rubens, che alla fine ha comunque recuperato molte posizioni (era dopo la safety dietro a Badoer), poi dai problemi di Alonso, che guidando una vettura estremamente pesante, era terzo subito dietro i due cavalieri di Ferrari e Force India. Purtroppo un urto in partenza con il compagno di Fisico, Sutil (che in questi ultimi mesi ha ricevuto incomprensibili complimenti sulle sue presunte qualità, ma mi pare che il suo stile di guida non sia cambiato di molto), gli ha creato prima problemi al cambio degli pneumatici con notevole perdita di tempo, e poi lo ha costretto al ritiro.
La McLaren, che era in grande difficoltà, è riuscita nel frattempo con un solo stop, a tamponare l'allungo della Ferrari grazie a Kovalainen, sesto, e nonostante Hamilton sia stato subito buttato fuori dalla corsa. In fondo la scuderia di Ron Dennis può contare su due piloti.
In tutto questo a ridere sono Vettel, che si riprende la leadership nella squadra (che non penso sia mai stata messa in discussione neanche quando Webber andava più forte), e Button, anch'egli buttato fuori nel mega incidente del via, considerando i problemi in partenza di Barrichello. Speriamo, però, che alla fine i due punti del brasiliano raccolti in Belgio possano essere determinanti per lo sprint al titolo, perché...
Una volta ferrarista, ferrarista per sempre!
Stomachion
lunedì 31 agosto 2009
sabato 29 agosto 2009
L'urlo...
(un urlo lacerante attraversò l'oscurità; un urlo di dolore di una cavia tradita dal proprio amico; un urlo che promette vendetta; un urlo nel segno del Re!)
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Creature della notte
In attesa che l'ispirazione per concludere Miss Finch arrivi, in maniera tale che finalmente esca la recensione su LoSpazioBianco, scrivo alcune riflessioni su Creature della notte, sempre di Gaiman e Zulli: in questo caso vengono adattati un paio di racconti dello scrittore britannico, uno in particolare edito nella recente raccolta Il cimitero senza lapidi.
La riduzione di quest'ultimo è estremamente fedele e il tratto di Zulli sembra in ogni caso adattarsi meglio a questo racconto, Il prezzo, che non al successivo, La figlia dei gufi, che a differenza del primo è costruito con meno vignette per pagina. Pur se restano comunque molto belle le illustrazioni di uno dei disegnatori più puliti e dal tratto più lieve e magico, se così si può dire, in circolazione, nel caso del secondo racconto forse per la brevità dello stesso o per una colorazione non efficace non sembrano ottenere lo stesso risultato. In ogni caso i due racconti vengono accomunati dall'originalità della trama e dalla stranezza dei protagonisti: un gatto che ogni notte difende la famiglia che lo accudisce (o che lui ha adottato!) contro gli attacchi del diavolo, e una bambina che, giunta da chissà dove, viene cresciuta da una sordo muta, sola in un castello sperduto, e che poi subirà a causa della sua bellezza una terribile violenza.
Due piccole storie che indicano come Gaiman sia, in effetti, un moderno cantastorie, in grado di rinnovare la fiaba e renderla fresca e moderna (Il prezzo è ambientato ai giorni nostri) senza dover per forza scrivere un romanzo o un racconto fantasy.
La riduzione di quest'ultimo è estremamente fedele e il tratto di Zulli sembra in ogni caso adattarsi meglio a questo racconto, Il prezzo, che non al successivo, La figlia dei gufi, che a differenza del primo è costruito con meno vignette per pagina. Pur se restano comunque molto belle le illustrazioni di uno dei disegnatori più puliti e dal tratto più lieve e magico, se così si può dire, in circolazione, nel caso del secondo racconto forse per la brevità dello stesso o per una colorazione non efficace non sembrano ottenere lo stesso risultato. In ogni caso i due racconti vengono accomunati dall'originalità della trama e dalla stranezza dei protagonisti: un gatto che ogni notte difende la famiglia che lo accudisce (o che lui ha adottato!) contro gli attacchi del diavolo, e una bambina che, giunta da chissà dove, viene cresciuta da una sordo muta, sola in un castello sperduto, e che poi subirà a causa della sua bellezza una terribile violenza.
Due piccole storie che indicano come Gaiman sia, in effetti, un moderno cantastorie, in grado di rinnovare la fiaba e renderla fresca e moderna (Il prezzo è ambientato ai giorni nostri) senza dover per forza scrivere un romanzo o un racconto fantasy.
venerdì 28 agosto 2009
Il sole dei morenti
Sapevo che non avrei potuto leggere nulla più di Jean Claude Izzo, un autore a me particolarmente amato, scrittore francese, di Marsiglia, di origini italiane. Quindi l'ultimo romanzo che mi restava da leggere di Izzo, Il sole dei morenti, lo lasciavo lì, sullo scaffale, ripromettendomi spesso: ora lo leggo. Alla fine ho deciso di leggere anche quest'ultimo romanzo.
Scoperto con la saga di Fabio Montale, al cinema interpretato da Alain Delon, Izzo è velocemente diventato il mio scrittore preferito, subito davanti a Bunker e ora, come terzo, Champion Joe Lansdale. Nella trilogia di Montale (Casino totale, Chourmo, Solea), Izzo racconta la Francia della periferia, racconta una città di mare, come Marsiglia, racconta anche l'Italia, non solo per le similitudini di Marsiglia con il nostro paese e con le città del Sud, ma anche per i legami tra la criminalità marsigliese e la nostra. In Solea, ad esempio, nell'ultimo romanzo, Izzo mette alcune delle informazioni che poi Saviano riscoprì dentro Gomorra, informazioni che da anni attendevano di essere di nuovo riscritte. E con la stessa lucidità di una persona che ha fatto molti lavori, che ha vissuto la strada e il mare della sua città, Izzo affronta le divergenze di una Francia multietnica che non riesce ad adattarsi al cambiamento, nemmeno in una città aperta come Marsiglia.
Se lo si può inserire nel così detto france noir, una dimensione particolare del noir in genere, si potrebbe restringere ancora di più la definizione fino ad arrivare a un noir mediterraneo, a una sorta di movimento letterario (Fregni il suo discepolo) che fa del Mediterraneo, delle sue atmosfere, della sua influenza, fonte centrale d'ispirazione e protagonista al pari degli esseri umani. Accade questo, ad esempio, in Marinai perduti, e in piccolo anche nella raccolta Vivere stanca. La passione per la sua città e soprattutto per il Mediterraneo e per tutte le città costiere, in particolare quelle italiane, è anche evidente, esplicita oserei dire, in Aglio, menta e basilico, raccolta di scritti e saggi sul noir, sul Mediterraneo, sui sapori, gli odori del mare.
L'ultimo passo, forse il più bello perché in un certo senso completa l'intero percorso, avviene con Il sole dei morenti. Un po' come lo stesso Will Eisner con i suoi romanzi grafici, anche Izzo si concentra sulle persone, e come Eisner si è concentrato su quelle persone usualmente invisibili, mai protagoniste in Vite invisibili, così Izzo si concentra su quella parte della società che di solito ignoriamo: Il sole dei morenti è infatti un romanzo sui barboni, sulla loro vita. E diventa un romanzo sulla Francia perché si concentra in particolare su uno di loro che, alla morte di un amico, decide di intraprendere un viaggio fino a Marsiglia, la sua città, per tornare un'ultima volta. Tra ricordi e nuove avventure, tutte al limite, tutte al margine, scoprendo come la vita lo ha portato in mezzo ad una strada, scoprendo come concentrato su se stesso ha dimenticato tutto il resto, consentendo così alla vita di consumarlo, scopre nella sua città un'amicizia improbabile con un immigrato, un bambino, quasi un adolescente, che trascrive per noi la vicenda, ricostruendola dai racconti che, a spizzichi e bocconi, gli ha raccontato il suo amico.
Stupenda la scena finale, sul molo, mentre il sole tramonta.
Mentre Il sole dei morenti tramonta sui reietti.
Scoperto con la saga di Fabio Montale, al cinema interpretato da Alain Delon, Izzo è velocemente diventato il mio scrittore preferito, subito davanti a Bunker e ora, come terzo, Champion Joe Lansdale. Nella trilogia di Montale (Casino totale, Chourmo, Solea), Izzo racconta la Francia della periferia, racconta una città di mare, come Marsiglia, racconta anche l'Italia, non solo per le similitudini di Marsiglia con il nostro paese e con le città del Sud, ma anche per i legami tra la criminalità marsigliese e la nostra. In Solea, ad esempio, nell'ultimo romanzo, Izzo mette alcune delle informazioni che poi Saviano riscoprì dentro Gomorra, informazioni che da anni attendevano di essere di nuovo riscritte. E con la stessa lucidità di una persona che ha fatto molti lavori, che ha vissuto la strada e il mare della sua città, Izzo affronta le divergenze di una Francia multietnica che non riesce ad adattarsi al cambiamento, nemmeno in una città aperta come Marsiglia.
Se lo si può inserire nel così detto france noir, una dimensione particolare del noir in genere, si potrebbe restringere ancora di più la definizione fino ad arrivare a un noir mediterraneo, a una sorta di movimento letterario (Fregni il suo discepolo) che fa del Mediterraneo, delle sue atmosfere, della sua influenza, fonte centrale d'ispirazione e protagonista al pari degli esseri umani. Accade questo, ad esempio, in Marinai perduti, e in piccolo anche nella raccolta Vivere stanca. La passione per la sua città e soprattutto per il Mediterraneo e per tutte le città costiere, in particolare quelle italiane, è anche evidente, esplicita oserei dire, in Aglio, menta e basilico, raccolta di scritti e saggi sul noir, sul Mediterraneo, sui sapori, gli odori del mare.
L'ultimo passo, forse il più bello perché in un certo senso completa l'intero percorso, avviene con Il sole dei morenti. Un po' come lo stesso Will Eisner con i suoi romanzi grafici, anche Izzo si concentra sulle persone, e come Eisner si è concentrato su quelle persone usualmente invisibili, mai protagoniste in Vite invisibili, così Izzo si concentra su quella parte della società che di solito ignoriamo: Il sole dei morenti è infatti un romanzo sui barboni, sulla loro vita. E diventa un romanzo sulla Francia perché si concentra in particolare su uno di loro che, alla morte di un amico, decide di intraprendere un viaggio fino a Marsiglia, la sua città, per tornare un'ultima volta. Tra ricordi e nuove avventure, tutte al limite, tutte al margine, scoprendo come la vita lo ha portato in mezzo ad una strada, scoprendo come concentrato su se stesso ha dimenticato tutto il resto, consentendo così alla vita di consumarlo, scopre nella sua città un'amicizia improbabile con un immigrato, un bambino, quasi un adolescente, che trascrive per noi la vicenda, ricostruendola dai racconti che, a spizzichi e bocconi, gli ha raccontato il suo amico.
Stupenda la scena finale, sul molo, mentre il sole tramonta.
Mentre Il sole dei morenti tramonta sui reietti.
giovedì 27 agosto 2009
La bandiera nera
L'unica cosa in Metallo urlante che aveva una buona qualità era l'episodio di Pantera, il pistolero messicano, sciamano e guaritore, ideato da Valerio Evangelisti su quelle pagine. E Pantera ritorna in Black flag, un romanzo dall'impianto eymerichiano (passatemi il termine), in cui le visioni del lontano futuro si alternano alla vicenda oscura e gotica vissuta da Pantera nel west di Evangelisti.
Balck flag, in un certo senso, possiamo ritenerlo una fusione tra le atmosfere di Lansdale, lo scrittore pulp per eccellenza, e quelle cyber punk di Sterling e soci: Pantera vive una vicenda, durante la guerra di secessione, sporca e terribile per molti versi. Da un lato Evangelisti si dimostra grande conoscitore anche della storia americana, raccontandola dal punto di vista dell'esercito del sud in particolare, con gli orrori e le abiezioni che si concedono durante le loro scorrerie, tipiche della guerriglia piuttosto che della guerra, accanendosi contro i civili. Dall'altro, oltre all'orrore dell'essere umano, descrive anche un altro orrore, quello del licantropismo, un orrore più gotico, visto però in un'ottica differente: per capirla meglio bisogna però ricordare che si veniva dall'11 settembre e dalle discussioni tra i così detti falchi e le così dette colombe (decisamente più diplomatiche dei primi). Una simile divisione si presenta anche nel corso del romanzo, dove i icantropi si dividono tra i licantropi buoni, i nativi, di colore bianco nel loro aspetto lupesco, quelli che proteggono la terra, e quelli cattivi, di colore grigio e opaco nel loro aspetto lupesco, che si sono lasciati andare agli istinti sanguinari, in un certo senso figli deviati dei primi. Tra le due fazioni un licantropo grigio che però non riesce ad accettare la sua natura e che chiede aiuto a Pantera.
Il messicano, però, a differenza di Eymerich, non solo accetta la situazione, ma lotta e riesce comunque a vincere, comprendendo quello che sta accadendo. E a differenza di Eymerich, le sue azioni non sembrano influenzare, purtroppo, il futuro: saranno alla fine i licantropi grigi a vincere, o comunque a trovarsi in posizione di evidente vantaggio. Qualcosa, però, accomuna Black flag con Gocce nere, contenuto nella raccolta Acque oscure: un piccolo messaggio di speranza, l'esistenza di qualcuno che non rinuncia a lottare, ad opporsi, un po' come i discendenti di Sara Connor in Terminator.
Saremo in grado di mantenere gli anticorpi necessari per opporci a un inevitabile destino di morte?
Balck flag, in un certo senso, possiamo ritenerlo una fusione tra le atmosfere di Lansdale, lo scrittore pulp per eccellenza, e quelle cyber punk di Sterling e soci: Pantera vive una vicenda, durante la guerra di secessione, sporca e terribile per molti versi. Da un lato Evangelisti si dimostra grande conoscitore anche della storia americana, raccontandola dal punto di vista dell'esercito del sud in particolare, con gli orrori e le abiezioni che si concedono durante le loro scorrerie, tipiche della guerriglia piuttosto che della guerra, accanendosi contro i civili. Dall'altro, oltre all'orrore dell'essere umano, descrive anche un altro orrore, quello del licantropismo, un orrore più gotico, visto però in un'ottica differente: per capirla meglio bisogna però ricordare che si veniva dall'11 settembre e dalle discussioni tra i così detti falchi e le così dette colombe (decisamente più diplomatiche dei primi). Una simile divisione si presenta anche nel corso del romanzo, dove i icantropi si dividono tra i licantropi buoni, i nativi, di colore bianco nel loro aspetto lupesco, quelli che proteggono la terra, e quelli cattivi, di colore grigio e opaco nel loro aspetto lupesco, che si sono lasciati andare agli istinti sanguinari, in un certo senso figli deviati dei primi. Tra le due fazioni un licantropo grigio che però non riesce ad accettare la sua natura e che chiede aiuto a Pantera.
Il messicano, però, a differenza di Eymerich, non solo accetta la situazione, ma lotta e riesce comunque a vincere, comprendendo quello che sta accadendo. E a differenza di Eymerich, le sue azioni non sembrano influenzare, purtroppo, il futuro: saranno alla fine i licantropi grigi a vincere, o comunque a trovarsi in posizione di evidente vantaggio. Qualcosa, però, accomuna Black flag con Gocce nere, contenuto nella raccolta Acque oscure: un piccolo messaggio di speranza, l'esistenza di qualcuno che non rinuncia a lottare, ad opporsi, un po' come i discendenti di Sara Connor in Terminator.
Saremo in grado di mantenere gli anticorpi necessari per opporci a un inevitabile destino di morte?
mercoledì 26 agosto 2009
Sulla spiaggia...
Sai cos'è bello, qui? Guarda: noi camminiamo, lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate. Ma domani, ti alzerai, guarderai questa grande spiaggia e non ci sarà più nulla, un'orma, un segno qualsiasi, niente. Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. E' come se non fosse passato mai nessuno. E' come se non fossimo mai esistiti. Se c'è un luogo, al mondo, in cui puoi pensare di essere nulla, quel luogo è qui. Non è più terra, non è ancora mare. Non è vita falsa, non è vita vera. E' tempo. Tempo, che passa. E basta.
Sarebbe un rifugio perfetto. Invisibili a qualsiasi nemico. Sospesi. Bianchi come i quadri di Plasson. Impercettibili anche a se stessi. Ma c'è qualcosa che incrina questo purgatorio. Ed è qualcosa da cui non puoi scappare. Il mare. Il mare incanta, il mare uccide, commuove, spaventa, fa anche ridere, alle volte, sparisce, ogni tanto, si traveste da lago, oppure costruisce tempeste, divora navi, regala ricchezza, non dà risposte, è saggio, è dolce, è potente, è imprevedibile. Ma soprattutto: il mare chiama. Lo scoprirai, Elisewin. Non fa altro, in fondo, che questo: chiamare. Non smette mai, ti entra dentro, ce l'hai addosso, è te che vuole. Puoi anche far finta di niente, ma non serve. Continuerà a chiamarti. Questo mare che vedi e tutti gli altri che non vedrai, ma che ci saranno, sempre, in agguato, pazienti, un passo oltre la tua vita. Instancabilmente, li sentirai chiamare. Succede in questo purgatorio di sabbia. Succede in qualsiasi paradiso, e in qualsiasi inferno. Senza spiegare nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un mare, che ti chiamerà.
(Ann Deverià a Elisewin, da Oceano mare di Alessandro Baricco)
Sarebbe un rifugio perfetto. Invisibili a qualsiasi nemico. Sospesi. Bianchi come i quadri di Plasson. Impercettibili anche a se stessi. Ma c'è qualcosa che incrina questo purgatorio. Ed è qualcosa da cui non puoi scappare. Il mare. Il mare incanta, il mare uccide, commuove, spaventa, fa anche ridere, alle volte, sparisce, ogni tanto, si traveste da lago, oppure costruisce tempeste, divora navi, regala ricchezza, non dà risposte, è saggio, è dolce, è potente, è imprevedibile. Ma soprattutto: il mare chiama. Lo scoprirai, Elisewin. Non fa altro, in fondo, che questo: chiamare. Non smette mai, ti entra dentro, ce l'hai addosso, è te che vuole. Puoi anche far finta di niente, ma non serve. Continuerà a chiamarti. Questo mare che vedi e tutti gli altri che non vedrai, ma che ci saranno, sempre, in agguato, pazienti, un passo oltre la tua vita. Instancabilmente, li sentirai chiamare. Succede in questo purgatorio di sabbia. Succede in qualsiasi paradiso, e in qualsiasi inferno. Senza spiegare nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un mare, che ti chiamerà.
(Ann Deverià a Elisewin, da Oceano mare di Alessandro Baricco)
martedì 25 agosto 2009
La casa delle vacanze
Certo. Siamo in vacanza. Quindi La casa delle vacanze, trasposizione a fumetti dell'omonimo romanzo di Clive Barker è in linea perfetta con il periodo. In realtà il romanzo, anzi i due romanzi raccontano di come Harvey Swick venga avvicinato da un tale Rictus, accolito del signor Hood, per invitarlo a soggiornare in una strana casa dove ogni giorno è vacanza e le stagioni passano in 24 ore.
Quando Harvey riuscirà a trovare il coraggio di uscire e allontanarsi da quella nuova e un po' inquietante versione del Paese dei Balocchi di Pinocchio, scoprirà che Hood gli ha rubato il tempo. A quel punto la decisione è presa: tornare indietro, sconfiggere il malvagio e riavere gli anni perduti.
Un bellissimo adattamento (spero di poter leggere presto anche il romanzo) ad opera di Chris Oprisko per i disegni di Gabriel Hernandez, che tra disegni realistici e caricaturali perfeziona una prova grafica di gran valore.
Un prodotto che nel complesso merita la lettura.
Quando Harvey riuscirà a trovare il coraggio di uscire e allontanarsi da quella nuova e un po' inquietante versione del Paese dei Balocchi di Pinocchio, scoprirà che Hood gli ha rubato il tempo. A quel punto la decisione è presa: tornare indietro, sconfiggere il malvagio e riavere gli anni perduti.
Un bellissimo adattamento (spero di poter leggere presto anche il romanzo) ad opera di Chris Oprisko per i disegni di Gabriel Hernandez, che tra disegni realistici e caricaturali perfeziona una prova grafica di gran valore.
Un prodotto che nel complesso merita la lettura.
lunedì 24 agosto 2009
In attesa di Felipe
Con una combinazione di strategia e giri veloci Rubens Barrichello (una volta ferrarista, ferrarista per sempre!) e Kimi Raikkonen raggiungono rispettivamente il primo e il terso posto nel Gran Premio d'Europa che per il secondo anno si corre a Valencia, città che ha anche ospitato l'altra grande competizione sportiva che raccoglie soldi in diritti televisivi, la Coppa America.
In questo modo mentre la Brawn GP e il suo capo, titolare e stratega Ross (anche per lui valgono le stesse parole - una volta ferrarista, ferrarista per sempre! - nonostante lo... sgarro!) tornano a sorridere, anche se la settimana prossima in Belgio (la gara di Schumacher, un peccato non ce l'abbia fatta a tornare, anche se non avrebbe risolto poi molto) dovrebbero tornare a soffrire con le Red Bull che sicuramente faranno valere nuovamente la forza della loro aereodinamica. Questo fine settimana, però, mentre Vettel (il prolungamento del contratto vuol semplicemente dire che salirà il prezzo del cartellino) viene appiedato dal motore Renault, Webber praticamente corre solo per la firma, sorpassato in prestazioni e strategia sia da Button, che limita i danni, sia da Kubica, che torna a punti proprio dopo l'annuncio del ritiro della BMW dalle corse (speriamo che il ritiro non sia completo, magari limitandosi alla fornitura dei motori, perché no con un ritorno alla Williams in caccia della sostituto del Toyota).
Un po' anonimo l'idolo di casa, Alonso (non mi stupirei se alla fine non andasse in Ferrari: ricordiamo che Jean Todt, anche se ora non comanda più, non lo ha mai tenuto in considerazione nemmeno come sostituto del Re!), finito subito davanti Button e dietro a Rosberg, che nel finale è andato in caccia di Kovalainen: il finnico della McLaren, con un assetto leggermente diverso, ha forse pagato più di Hamilton, finito secondo, i problemi con il secondo e il terzo set di gomme, considerando soprattutto che anche Kimi ha avuto problemi sempre con il secondo treno.
C'è da chiedersi allora: se la McLaren sviluppando (e c'è voluto veramente poco) è riuscita a battagliare con la Brawn per la vittoria finale (uno dei motivi della sconfitta è stato il solito pasticcio ai box, l'altro il grande stato di forma di Barrichello e della sua vettura), perché in Ferrari continuano a portare pochi aggiornamenti (secondo le parole dei commentatori, è stata l'unica vettura ad avere poche novità rispetto all'Ungheria) ed essere ancora lì? Sembra che le manchi veramente poco per ritornare la più forte e solo una grande stagione 2010 potrà farli perdonare di questo mancato sviluppo (che per tutti, comunque, sembra procedere molto lentamente).
Si può dire, tranquillamente, che nei risultati di quest'anno, soprattutto negli ultimi, c'è tanto dei piloti e molto meno delle vetture: in questo senso (e magari in Belgio finisce sul podio: ne è anche capace!), Badoer non è sembrata la scelta più opportuna per sostituire Massa, sempre che alla fine non si dimostri che Felipe sta recuperando così in fretta da rientrare prima della fine del campionato: speriamo bene!
In questo modo mentre la Brawn GP e il suo capo, titolare e stratega Ross (anche per lui valgono le stesse parole - una volta ferrarista, ferrarista per sempre! - nonostante lo... sgarro!) tornano a sorridere, anche se la settimana prossima in Belgio (la gara di Schumacher, un peccato non ce l'abbia fatta a tornare, anche se non avrebbe risolto poi molto) dovrebbero tornare a soffrire con le Red Bull che sicuramente faranno valere nuovamente la forza della loro aereodinamica. Questo fine settimana, però, mentre Vettel (il prolungamento del contratto vuol semplicemente dire che salirà il prezzo del cartellino) viene appiedato dal motore Renault, Webber praticamente corre solo per la firma, sorpassato in prestazioni e strategia sia da Button, che limita i danni, sia da Kubica, che torna a punti proprio dopo l'annuncio del ritiro della BMW dalle corse (speriamo che il ritiro non sia completo, magari limitandosi alla fornitura dei motori, perché no con un ritorno alla Williams in caccia della sostituto del Toyota).
Un po' anonimo l'idolo di casa, Alonso (non mi stupirei se alla fine non andasse in Ferrari: ricordiamo che Jean Todt, anche se ora non comanda più, non lo ha mai tenuto in considerazione nemmeno come sostituto del Re!), finito subito davanti Button e dietro a Rosberg, che nel finale è andato in caccia di Kovalainen: il finnico della McLaren, con un assetto leggermente diverso, ha forse pagato più di Hamilton, finito secondo, i problemi con il secondo e il terzo set di gomme, considerando soprattutto che anche Kimi ha avuto problemi sempre con il secondo treno.
C'è da chiedersi allora: se la McLaren sviluppando (e c'è voluto veramente poco) è riuscita a battagliare con la Brawn per la vittoria finale (uno dei motivi della sconfitta è stato il solito pasticcio ai box, l'altro il grande stato di forma di Barrichello e della sua vettura), perché in Ferrari continuano a portare pochi aggiornamenti (secondo le parole dei commentatori, è stata l'unica vettura ad avere poche novità rispetto all'Ungheria) ed essere ancora lì? Sembra che le manchi veramente poco per ritornare la più forte e solo una grande stagione 2010 potrà farli perdonare di questo mancato sviluppo (che per tutti, comunque, sembra procedere molto lentamente).
Si può dire, tranquillamente, che nei risultati di quest'anno, soprattutto negli ultimi, c'è tanto dei piloti e molto meno delle vetture: in questo senso (e magari in Belgio finisce sul podio: ne è anche capace!), Badoer non è sembrata la scelta più opportuna per sostituire Massa, sempre che alla fine non si dimostri che Felipe sta recuperando così in fretta da rientrare prima della fine del campionato: speriamo bene!
domenica 23 agosto 2009
La metamorfosi!
(una scena drammatica; una metamorfosi in atto; il resto non è per i deboli di cuore!)
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sabato 22 agosto 2009
Il corpo e il sangue
Il personaggio di Valerio Evangelisti ha avuto un innegabile successo non solo italiano ma mondiale. Mentre ne La furia, realizzato insieme a Francesco Mattioli, Evangelisti si concentra sulla sua creatura, tradendo un po' l'impianto classico delle sue tipiche storie che alternano la vicenda principale dell'inquisitore con visioni del futuro (o del passato: dipende anche da chi si pensa sia la figura centrale, se il personaggio o il lettore), la versione bd di Jorge Zentner per i disegni di David Sala, Il corpo e il sangue, è fedele al personaggio e al corrispondente romanzo.
Da una parte lo stile narrativo è fedele a quello di Evangelisti, senza che Zentner ecceda troppo nelle didascalie: il loro uso è sapiente e preciso, mai veramente eccessivo. Dall'altra molto belli e gotici i disegni di Sala, che oscillano tra Dave McKean, soprattutto per i colori, e Kent Williams, per il tratto e la struttura dei personaggi.
Una buona trasposizione come ce ne sono poche.
Da una parte lo stile narrativo è fedele a quello di Evangelisti, senza che Zentner ecceda troppo nelle didascalie: il loro uso è sapiente e preciso, mai veramente eccessivo. Dall'altra molto belli e gotici i disegni di Sala, che oscillano tra Dave McKean, soprattutto per i colori, e Kent Williams, per il tratto e la struttura dei personaggi.
Una buona trasposizione come ce ne sono poche.
Laika
La prima cagnetta ad andare nello spazio, Laika, è anche protagonista della splendida graphic novel di Rick Abadzis pubblicata in Italia dalla Magic Press.
Il cartoonist britannico si documenta con precisione e puntiglio per ricostruire la parte storica della vicenda: tutto inizia con il primo Sputnik, lanciato nello spazio il 4 ottobre del 1957 per inviare un segnale verso la Terra. La missione successiva, la Sputnik 2, lanciata il 3 novembre del 1957, vedeva a bordo il primo essere vivente, un cane: la piccola Laika. Questa seconda missione, però, nasceva sotto le pressioni del governo, che aveva tutta l'intenzione di festeggiare il quarantennale della rivoluzione d'ottobre con un nuovo, grande successo del piano spaziale dell'allora Unione Sovietica. Così la missione che avrebbe visto Laika salire a bordo venne preparata in tutta fretta, progettando un satellite meno sofisticato che non era previsto sarebbe rientrato sul pianeta: una condanna a morte al di là di ogni ragionevole dubbio per il suo passeggero. La morte di Laika, però, avvenne molto presto: la missione era progettata per durare una settimana o poco meno, ma la cagnetta morì ben prima, nell'arco di 5-7 ore:
Oltre, però, ai retroscena storici della vicenda, che sono giunti all'opinione pubblica solo nei primi anni del III millennio, il cartoonist britannico racconta anche la semplice storia di una cagnetta che dalla strada finisce nello spazio e delle persone che ne hanno condiviso la vita e l'affetto sulla Terra.
Un romanzo grafico, realizzato con il classico stile franco-belga, che non può mancare nella collezione di ogni amante del fumetto, soprattutto in occasione dell'anno astronomico!
(1) Dmitrij Malashenkov, Some Unknown Pages of the Living Organisms' First Orbital Flight
P.S.: post aggiornato dopo la prima pubblicazione il 3 novembre del 2011.
Il cartoonist britannico si documenta con precisione e puntiglio per ricostruire la parte storica della vicenda: tutto inizia con il primo Sputnik, lanciato nello spazio il 4 ottobre del 1957 per inviare un segnale verso la Terra. La missione successiva, la Sputnik 2, lanciata il 3 novembre del 1957, vedeva a bordo il primo essere vivente, un cane: la piccola Laika. Questa seconda missione, però, nasceva sotto le pressioni del governo, che aveva tutta l'intenzione di festeggiare il quarantennale della rivoluzione d'ottobre con un nuovo, grande successo del piano spaziale dell'allora Unione Sovietica. Così la missione che avrebbe visto Laika salire a bordo venne preparata in tutta fretta, progettando un satellite meno sofisticato che non era previsto sarebbe rientrato sul pianeta: una condanna a morte al di là di ogni ragionevole dubbio per il suo passeggero. La morte di Laika, però, avvenne molto presto: la missione era progettata per durare una settimana o poco meno, ma la cagnetta morì ben prima, nell'arco di 5-7 ore:
L'analisi dei dati dei parametri dell'ambiente della cabina ha dimostrato che il contenuto di ossigeno durante il volo era sufficiente. Il fatto che la pressione nella cabina non ha subito riduzioni ha dimostrato la sua tenuta. E 'stato molto importante, in quanto il satellite passa attraverso le aree dei flussi meteorici. La normalizzazione dei parametri respiratori e circolatori di Layka durante il volo orbitale ha permesso di giungere a una conclusione, che la prolungata assenza di peso non causa variazioni essenziali nello stato degli organismi animali. Durante il volo il graduale aumento di temperatura e umidità nella cabina è stato registrato attraverso canali telematici. In circa 5-7 ore di volo ci fu un guasto nel sistema di telemetria. Non è stato possibile rilevare lo stato del cane a partire dal quarto giro [orbita]. Durante la simulazione a terra delle condizioni di volo, la conclusione è stata che Layka dovrebbe essere morta a causa del surriscaldamento durante il 3.o o 4.o giro.(1)Stando così le cose, l'ipotesi del silenzio imposto dall'alto sulle condizioni di salute di Laika, o più che altro sull'impossibilità di monitorarle, raccontata da Abadzis non sono così campate in aria: consideriamo, infatti, che l'animale sarebbe dovuto restare in vita in tempo per festeggiare anche lui il quarantennale della rivoluzione d'ottobre!
Oltre, però, ai retroscena storici della vicenda, che sono giunti all'opinione pubblica solo nei primi anni del III millennio, il cartoonist britannico racconta anche la semplice storia di una cagnetta che dalla strada finisce nello spazio e delle persone che ne hanno condiviso la vita e l'affetto sulla Terra.
Un romanzo grafico, realizzato con il classico stile franco-belga, che non può mancare nella collezione di ogni amante del fumetto, soprattutto in occasione dell'anno astronomico!
(1) Dmitrij Malashenkov, Some Unknown Pages of the Living Organisms' First Orbital Flight
P.S.: post aggiornato dopo la prima pubblicazione il 3 novembre del 2011.
venerdì 21 agosto 2009
L'odissea di Glystra
Jack Vance, probabilmente spinto dal desiderio di descrivere un mondo barbaro e non tecnologico, idea il Pianeta Gigante, un immenso pianeta su cui manca completamente il metallo più pesante, quello utilizzato per sorreggere tutta la tecnologia, e che quindi diventa una moneta di scambio molto preziosa.
Sul Pianeta Gigante atterra malamente a causa di un sabotaggio l'astronave di Claude Glystra in missione politica per conto della Terra. Inizia un lungo viaggio, L'odissea di Glystra, verso la base terrestre attraverso un pianeta ostile dove l'unica salvezza saranno il metallo per i commerci, le armi tecnologiche e l'audacia di un altro eroe che alla fine della vicenda diventerà un super, un po' come i personaggi di Van Vogt.
Romanzo divertente, leggero, veloce da leggere, un'avventura mascherata da fantascienza: un buon modo per passare qualche ora in spensieratezza.
Sul Pianeta Gigante atterra malamente a causa di un sabotaggio l'astronave di Claude Glystra in missione politica per conto della Terra. Inizia un lungo viaggio, L'odissea di Glystra, verso la base terrestre attraverso un pianeta ostile dove l'unica salvezza saranno il metallo per i commerci, le armi tecnologiche e l'audacia di un altro eroe che alla fine della vicenda diventerà un super, un po' come i personaggi di Van Vogt.
Romanzo divertente, leggero, veloce da leggere, un'avventura mascherata da fantascienza: un buon modo per passare qualche ora in spensieratezza.
giovedì 20 agosto 2009
Prima di 1984: Il tallone di ferro
Dalla prefazione di Goffredo Fofi leggo che questo libro fu bandito dallo stesso Mussolini, traditore del partito socialista cui London e la moglie appartenevano (e da cui se ne andarono quasi per gli stessi motivi di Mussolini) e dell'Italia poi, leggo poi che è un romanzo di fantapolitica sul socialismo, senza poi contare i capolavori di London, Il richiamo della foresta e Zanna Bianca, due splendidi romanzi del Nord ricchi di avventura ed emozioni. Tutto questo non poteva non colpirmi e così Il tallone di ferro è finito nella mia libreria.
Come già Heinlein con il romanzo postumo A noi vivi, anche London sfrutta il romanzo per portare avanti una serie di mini lezioni politico-economiche, in questo caso sul socialismo. Da abile scrittore quale era, però, London non dimentica l'azione e così nella seconda parte del romanzo, mentre le idee si diradano, iniziano le descrizioni delle lotte, delle battaglie, degli espedienti dei dissidenti socialisti contro il così detto Tallone di Ferro, ovvero l'unione dei trust economici che in effetti controllano il mondo. Interessante come, grazie all'inserimento di note di un curatore del futuro, London sembra molto ottimista sulla vittoria del socialismo.
In effetti il tema della lotta sociale, dovuta al controllo e allo sfruttamento eccessivo delle materie prime, è protagonista primaria o velata di molti ottimi romanzi di fantascienza, primo fra tutti il da me sempre citato Morte dell'erba di John Cristopher.
In ogni caso Il tallone di ferro è un ottimo libro, una lettura intelligente e interessante e di grandissima attualità.
Come già Heinlein con il romanzo postumo A noi vivi, anche London sfrutta il romanzo per portare avanti una serie di mini lezioni politico-economiche, in questo caso sul socialismo. Da abile scrittore quale era, però, London non dimentica l'azione e così nella seconda parte del romanzo, mentre le idee si diradano, iniziano le descrizioni delle lotte, delle battaglie, degli espedienti dei dissidenti socialisti contro il così detto Tallone di Ferro, ovvero l'unione dei trust economici che in effetti controllano il mondo. Interessante come, grazie all'inserimento di note di un curatore del futuro, London sembra molto ottimista sulla vittoria del socialismo.
In effetti il tema della lotta sociale, dovuta al controllo e allo sfruttamento eccessivo delle materie prime, è protagonista primaria o velata di molti ottimi romanzi di fantascienza, primo fra tutti il da me sempre citato Morte dell'erba di John Cristopher.
In ogni caso Il tallone di ferro è un ottimo libro, una lettura intelligente e interessante e di grandissima attualità.
mercoledì 19 agosto 2009
L'abusivo
A Napoli quasi tutti in lavori sono abusivi, in nero. Non stupisce quindi che anche il mestiere di giornalista, soprattutto all'inizio, è fatto soprattutto da abusivi. Chi scrive, Antonio Franchini, non lo è più; la persona che è protagonista, Giancarlo Siani, lo era ed è morta tale. L'abusivo è il racconto di come Siani sia stato ammazzato dalla camorra non per chissà quale inchiesta incredibile fatta contro qualche boss, ma per una frase che ha scritto, per una insinuazione lasciata tra le righe, qualcosa che un camorrista non poteva lasciare impunita.
C'è qualcosa di terribile e disarmante nel racconto di Franchini, dal modus operandi dei killer fino al movente stesso. Franchini, purtroppo, non si limita ad una raccolta di fatti e testimonianze, ma decide di introdurre il lettore all'atmosfera di Napoli, della Campania, del Sud: e così intervalla gli spezzoni dedicati a Siani, alla sua vita, alle testimonianze, all'inchiesta, con spezzoni della sua vita in famiglia, egli che ora è uno dei tanti emigrati al Nord per lavoro, una vita in cui troppo spesso mi sono ritrovato e che non ho amato leggere, perché la conosco, ne conosco le atmosfere e che, obiettivamente, è anche pesante da leggere alla lunga, rappresentando una ripetitività disarmante, cui solo l'andare via è un modo per sottrarvisi.
Ottimo il lavoro d'inchiesta, un po' meno quello autobiografico, che però si può e si deve sopportare anche solo per conoscere una vicenda terribile del nostro meridione. Una delle tante.
C'è qualcosa di terribile e disarmante nel racconto di Franchini, dal modus operandi dei killer fino al movente stesso. Franchini, purtroppo, non si limita ad una raccolta di fatti e testimonianze, ma decide di introdurre il lettore all'atmosfera di Napoli, della Campania, del Sud: e così intervalla gli spezzoni dedicati a Siani, alla sua vita, alle testimonianze, all'inchiesta, con spezzoni della sua vita in famiglia, egli che ora è uno dei tanti emigrati al Nord per lavoro, una vita in cui troppo spesso mi sono ritrovato e che non ho amato leggere, perché la conosco, ne conosco le atmosfere e che, obiettivamente, è anche pesante da leggere alla lunga, rappresentando una ripetitività disarmante, cui solo l'andare via è un modo per sottrarvisi.
Ottimo il lavoro d'inchiesta, un po' meno quello autobiografico, che però si può e si deve sopportare anche solo per conoscere una vicenda terribile del nostro meridione. Una delle tante.
martedì 18 agosto 2009
Pochi e inutili
In attesa di completare il suo nuovo romanzo, Giorgio Faletti un anno fa o poco più da alle stampe Pochi inutili nascondigli, una raccolta di racconti che oscillano tra il fantastico, l'horror e il gotico.
Alla prova dei fatti non è certo una grandissima prova per lo scrittore e comico romagnolo, anche se dopo Fuori da un evidente destino dimostra che la sua strada preferita è quella del romanzo alla King o ancor meglio alla Preston e Child. Dei racconti presentati uno, La ragazza che guardava l'acqua, era già uscito nei Corti di carta e tutto sommato non è poi così male. Rilevanti, comunque, sono L'ospite d'onore, dove racconta il mondo dello spettacolo e ritorna il Faletti umoristico e divertente, seppure la conclusione sia decisamente hitckockiana; interessante Physique du role, ambientato sul set di un film dell'orrore, ambientazione abbastanza tipica per racconti dello stesso genere; con Spugnole vengono trattati argomenti ecologisti, mentre Graffiti entra nel mondo della scuola raccontando le vicende e gli inconfessabili segreti di un irreprensibile professore di lettere (e per il modo con cui ha trattato la collega di matematica, devo dire che il finale è l'unico possibile!).
Infine i due più lunghi, che aprono anche la raccolta: da una parte L'ultimo venerdì della signora Kliemann racconta dei tentativi di una donna di mantenere una vita normale dopo la morte del marito (ovviamente l'invito è leggere come questa vita ha cercato di mantenerla); Una gomma e una matita, invece, è un modo nuovo e diverso per raccontare dove possono portare le ossessioni e i tradimenti.
Una raccolta che, in ogni caso, è una discreta lettura estiva, ma non certo eccezionale, forse più consigliata per chi vuole portarsi qualcosa sulla spiaggia o non vuole farsi mancare nessuna delle opere falettiane.
Alla prova dei fatti non è certo una grandissima prova per lo scrittore e comico romagnolo, anche se dopo Fuori da un evidente destino dimostra che la sua strada preferita è quella del romanzo alla King o ancor meglio alla Preston e Child. Dei racconti presentati uno, La ragazza che guardava l'acqua, era già uscito nei Corti di carta e tutto sommato non è poi così male. Rilevanti, comunque, sono L'ospite d'onore, dove racconta il mondo dello spettacolo e ritorna il Faletti umoristico e divertente, seppure la conclusione sia decisamente hitckockiana; interessante Physique du role, ambientato sul set di un film dell'orrore, ambientazione abbastanza tipica per racconti dello stesso genere; con Spugnole vengono trattati argomenti ecologisti, mentre Graffiti entra nel mondo della scuola raccontando le vicende e gli inconfessabili segreti di un irreprensibile professore di lettere (e per il modo con cui ha trattato la collega di matematica, devo dire che il finale è l'unico possibile!).
Infine i due più lunghi, che aprono anche la raccolta: da una parte L'ultimo venerdì della signora Kliemann racconta dei tentativi di una donna di mantenere una vita normale dopo la morte del marito (ovviamente l'invito è leggere come questa vita ha cercato di mantenerla); Una gomma e una matita, invece, è un modo nuovo e diverso per raccontare dove possono portare le ossessioni e i tradimenti.
Una raccolta che, in ogni caso, è una discreta lettura estiva, ma non certo eccezionale, forse più consigliata per chi vuole portarsi qualcosa sulla spiaggia o non vuole farsi mancare nessuna delle opere falettiane.
lunedì 17 agosto 2009
Il destino del regno
Dopo l'incredibile e complicatissimo Il regno in pericolo, ritorna la divertente saga di Brennan, La guerra degli elfi, con Il destino del regno.
In questo caso Henry deve affrontare una grande decisione (lasciare il suo mondo e la sua famiglia per Aurora e il Regno degli elfi), affrontare la perdita di una persona cara (il signor Fogarty, il simpaticissimo e scorbutico fisico, ammalatosi della misteriosa malattia di cui tra poco racconterò, morirà lasciando ad Henry un compito difficile), affrontare una nuova impresa per salvare il suo amico Pirgus e il Regno dell'amata Aurora.
Se quindi nell'episodio precedente Brennan ha affrontato i problemi della guerra, questa volta affronta in prima battuta argomenti religiosi e mitologici (un angelo della Terra viene catturato e tenuto prigioniero nel Regno, mentre un drago d'acqua, figlio di Loki, viene posto a sua guardia) con i soliti leggerezza e umorismo; quindi a un livello un po' più sottile questioni sull'economia e l'avidità: è proprio a causa dell'avidità di Sulfureo che si diffonde nel Regno, anche se involontariamente rispetto agli intenti dello stesso, la Febbre Temporale che sta uccidendo gli elfi.
Divertente, certo, ma anche molto ricco e probabilmente il più complesso e interessante dei quattro.
In attesa del prossimo romanzo, non resta che divertirci con questo!
In questo caso Henry deve affrontare una grande decisione (lasciare il suo mondo e la sua famiglia per Aurora e il Regno degli elfi), affrontare la perdita di una persona cara (il signor Fogarty, il simpaticissimo e scorbutico fisico, ammalatosi della misteriosa malattia di cui tra poco racconterò, morirà lasciando ad Henry un compito difficile), affrontare una nuova impresa per salvare il suo amico Pirgus e il Regno dell'amata Aurora.
Se quindi nell'episodio precedente Brennan ha affrontato i problemi della guerra, questa volta affronta in prima battuta argomenti religiosi e mitologici (un angelo della Terra viene catturato e tenuto prigioniero nel Regno, mentre un drago d'acqua, figlio di Loki, viene posto a sua guardia) con i soliti leggerezza e umorismo; quindi a un livello un po' più sottile questioni sull'economia e l'avidità: è proprio a causa dell'avidità di Sulfureo che si diffonde nel Regno, anche se involontariamente rispetto agli intenti dello stesso, la Febbre Temporale che sta uccidendo gli elfi.
Divertente, certo, ma anche molto ricco e probabilmente il più complesso e interessante dei quattro.
In attesa del prossimo romanzo, non resta che divertirci con questo!
domenica 16 agosto 2009
Al bar
(e così iniziò l'inseguimento; ovviamente si passa dal bar; e ovviamente al banco c'è dave che beve...)
(precedente | continua)
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sabato 15 agosto 2009
Paesi e paesini
Non mi sembra di aver approfondito bene il punto quando ne ho parlato, così decido di riprendere, insieme, la discussione su Il calore del sangue e In fondo alla palude, due romanzi che mi sono piaciuti al di là delle trame e dei meriti letterali dei due autori, Irene Némirovsky e Champion Joe Lansdale rispettivamente.
Entrambi i romanzi sono caratterizzati dall'ambientazione, nella provincia, francese e statunitense, ed entrambi rappresentano dei conflitti, generazionali e razziali rispettivamente. Mentre però il primo è una sorta di noir, un romanzo per certi versi romantico, il secondo è un vero e proprio giallo, che si potrebbe tranquillamente porre in quel sottogenere che è la letteratura dei serial killer, sia quella fittizia sia quella reale (in quest'ultimo caso sto pensando a Un estraneo al mio fianco di Ann Rule sull'assassiono seriale Ted Bundy).
In entrambi i romanzi, comunque, emerge un particolare fondamentale: la chiusura delle piccole comunità e la sua profonda ipocrisia. E' questo dettaglio, forse dovuto al fatto che ho vissuto buona parte dell'adolescenza e una piccola parte dell'infanzia in un piccolo paese, provincia della provincia (considerando Cosenza come provincia rispetto a grandi città come Napoli o Roma), dove per molti motivi non mi sono mai veramente trovato bene. D'altra parte le chiacchiere, i distintivi, le parole dette e non dette, appena sussurrate, i dispetti tra vicini e compaesani sono all'ordine del giorno in questi piccoli centri della provincia, dove tutti conoscono tutti: e queste caratteristiche, esasperate dal problema razziale nel romanzo di Lansdale e nascoste sotto il velo del perbenismo nel romanzo della Némirovsky, sono le più realistiche e vincenti dei due romanzi, quelle caratteristiche che li accostano uno all'altro.
Certo, Il calore del sangue descrive una realtà, quella francese, molto più vicina alla nostra, che però rischia di trasformarsi sempre più drammaticamente in quello che Lansdale ha descritto: e se consideriamo che negli Stati Uniti rispetto a In fondo alla palude ben poco è cambiato nell'ultimo mezzo secolo (e in questo caso per farsi un'idea basta leggere i romanzi della serie Hap e Leonard), allora non c'è sicuramente da stare allegri, provincia o meno che sia.
Entrambi i romanzi sono caratterizzati dall'ambientazione, nella provincia, francese e statunitense, ed entrambi rappresentano dei conflitti, generazionali e razziali rispettivamente. Mentre però il primo è una sorta di noir, un romanzo per certi versi romantico, il secondo è un vero e proprio giallo, che si potrebbe tranquillamente porre in quel sottogenere che è la letteratura dei serial killer, sia quella fittizia sia quella reale (in quest'ultimo caso sto pensando a Un estraneo al mio fianco di Ann Rule sull'assassiono seriale Ted Bundy).
In entrambi i romanzi, comunque, emerge un particolare fondamentale: la chiusura delle piccole comunità e la sua profonda ipocrisia. E' questo dettaglio, forse dovuto al fatto che ho vissuto buona parte dell'adolescenza e una piccola parte dell'infanzia in un piccolo paese, provincia della provincia (considerando Cosenza come provincia rispetto a grandi città come Napoli o Roma), dove per molti motivi non mi sono mai veramente trovato bene. D'altra parte le chiacchiere, i distintivi, le parole dette e non dette, appena sussurrate, i dispetti tra vicini e compaesani sono all'ordine del giorno in questi piccoli centri della provincia, dove tutti conoscono tutti: e queste caratteristiche, esasperate dal problema razziale nel romanzo di Lansdale e nascoste sotto il velo del perbenismo nel romanzo della Némirovsky, sono le più realistiche e vincenti dei due romanzi, quelle caratteristiche che li accostano uno all'altro.
Certo, Il calore del sangue descrive una realtà, quella francese, molto più vicina alla nostra, che però rischia di trasformarsi sempre più drammaticamente in quello che Lansdale ha descritto: e se consideriamo che negli Stati Uniti rispetto a In fondo alla palude ben poco è cambiato nell'ultimo mezzo secolo (e in questo caso per farsi un'idea basta leggere i romanzi della serie Hap e Leonard), allora non c'è sicuramente da stare allegri, provincia o meno che sia.
mercoledì 12 agosto 2009
Forse...
Forse mi manca Milano. O forse mi manca stare lontano dai genitori. O mi è di troppo cucina di giù. O forse...
Fatto sta che ho iniziato a contare i giorni, ad aspettare di ritornare su.
Non è facile ritornare in un mondo che si è lasciato e poter tenere delle abitudini e degli stili che si è acquisiti nel tempo.
Fatto sta che ho iniziato a contare i giorni, ad aspettare di ritornare su.
Non è facile ritornare in un mondo che si è lasciato e poter tenere delle abitudini e degli stili che si è acquisiti nel tempo.
martedì 11 agosto 2009
Proverbio cinese (più o meno...)
Quando un uomo con la macchina blindata incontra un uomo con un lanciarazzi, l'uomo con la macchina blindata è un uomo morto.
(Coliandro)
(Coliandro)
lunedì 10 agosto 2009
Selvaggi
(...) spesso, non si chiama progresso la cancellazione di una razza, o di una cultura precedente? Gli inca distruggono i preincaici e li dipingono come selvaggi. Pizzarro in pochi giorni, distrugge la civiltà inca, saccheggia, brucia, ed ecco diventati selvaggi quelli che fino a poco tempo prima erano dei. Gli spagnoli, conquistatori, vinti in guerra, diventano pirati. E così 'l'esercito regolare anglosassone' cancellerà gli 'scotennatori' da questo continente. Hai mai pensato, Einstein, cosa potrebbe scrivere di noi un testo di storia nazista, se i nazisti avrebbero vinto la guerra? E così, fino ai giorni nostri. Quando i computer guidarono la prima escalation atomica, divisero il mondo in zone 'non evacuabili' o 'facilmente evacuabili'. In quelle facilmente evacuabili, c'erano i popoli che non potevano difendersi: i nuovi indigeni. E i dati che contenevano i computer di guerra erano quelli sull'armamento e sull'ideologia del nemico: la 'ferocia' e la 'superstizione' della tribù rivale. Si potrebbe fare una carta del mondo, Einstein, in cui i popoli sono segnati col nome con cui sono stati odiati. Cuori di bestie, come noi cinesi chiamavamo gli unni, mangiatori di maiale, come ci chiamavano gli arabi, infedeli kefir e avvelenatori ebrei, popolo del diavolo, mangiatori di carne cruda; e cannibali. Voi europei pensavate che i neri fossero cannibali: e loro pensavano che voi foste cannibali, perché vedevano portar via sulle navi i loro compagni come schiavi. Ogni popolo Einstein, a un certo momento della storia può diventare 'selvaggio': anche il più civile e moderno.
(Fang da Terra! di Stefano Benni)
(Fang da Terra! di Stefano Benni)
domenica 9 agosto 2009
sabato 8 agosto 2009
The Resistance countdown: Uprising
Il conto alla rovescia a The Resistance, ultimo lavoro dei mitici Muse è iniziato. Il cd uscirà l'11 settembre. Per intanto eccovi Uprising, singolo ufficiale uscito in questi giorni:
Stratos
L'Enciclopedia delfica era un insieme di bei racconti, leggibili anche a se stanti, con un legame logico che andava al di là del semplice scorrere del tempo.
Stratos si ricalca sulla stessa struttura: una serie di racconti leggibili ognuno separatamente, ma che si collegano uno all'altro grazie a un protagonista in comune: questo legame strisciante rende l'opera di Miguelanxo Prado un unico affresco sul futuro, una storia che si accosta, per certi versi, ai grandi romanzi distopici.
Le delicate vicende, raccontate con un gusto e una leggerezza che in Italia ho trovato solo su Esp, sembrano una via di mezzo tra 1984 di Orwell, Farheneit 451 dell'amatissimo Bradbury, Il tallone di ferro di London (avrò modo di parlarne presto): mettere in discussione la società, in particolare la società capitalistica che produce crisi una dietro l'altra stritolando le persone a tutti i livelli.
Un fumetto che nonostante l'ambientazione è di un'attualità disarmante, forse perché in Argentina questa crisi l'avevano sentita molto prima di noi.
Stratos si ricalca sulla stessa struttura: una serie di racconti leggibili ognuno separatamente, ma che si collegano uno all'altro grazie a un protagonista in comune: questo legame strisciante rende l'opera di Miguelanxo Prado un unico affresco sul futuro, una storia che si accosta, per certi versi, ai grandi romanzi distopici.
Le delicate vicende, raccontate con un gusto e una leggerezza che in Italia ho trovato solo su Esp, sembrano una via di mezzo tra 1984 di Orwell, Farheneit 451 dell'amatissimo Bradbury, Il tallone di ferro di London (avrò modo di parlarne presto): mettere in discussione la società, in particolare la società capitalistica che produce crisi una dietro l'altra stritolando le persone a tutti i livelli.
Un fumetto che nonostante l'ambientazione è di un'attualità disarmante, forse perché in Argentina questa crisi l'avevano sentita molto prima di noi.
venerdì 7 agosto 2009
Il sangue del cavaliere
Sembra una versione decisamente molto interessante di Highlander, il mitico film con Christopher Lambert con canzoni dei Queen come colonna sonora. Però, a differenza del film, che parte dal profondo nord per spaziare un po' in ogni tempo e in ogni luogo attraverso i flashback di McLoud fino ad arrivare agli Stati Uniti dei giorni nostri (o meglio di una ventina di anni fa), Il sangue del cavaliere di Wolfgang Hohlbein è ambientato nel sud Europa: parte dalla Transilvania per poi scendere verso la costa. Il periodo storico, poi, è ben preciso: le crociate e la tensione tra cristiani e musulmani.
Il protagonista, il nostro eroe, Andrej Delany, va alla ricerca dei superstiti del suo villaggio, catturati da un sanguinario inquisitore che sembra una copia (un po' sbiadita forse per scarso approfondimento) del nostro Eymerich. Nel corso della vicenda Delany, cresciuto da uno strano parente che lo ha addestrato alle tecniche di combattimento arabe, scoprirà che la sua capacità di guarigione estremamente veloce (non come quella di Wolverine, però) è in realtà un fatto ereditario e non unico. E il potere dei suoi geni lo spingerà a compiere un rito vampirico contro il suo avversario per acquisirne la forza e il vigore.
In definitiva l'inizio di una saga che mescola il vampirismo con Higlander all'interno di un romanzo storico-avventuroso, che da quest'ultimo punto di vista è ben descritto e approfondito. E' sicuramente questa parte del libro che consente a questo primo capitolo di essere comunque gradevole e divertente: una lettura veloce e interessante, che potrebbe, personalmente, anche avere un seguito.
Il protagonista, il nostro eroe, Andrej Delany, va alla ricerca dei superstiti del suo villaggio, catturati da un sanguinario inquisitore che sembra una copia (un po' sbiadita forse per scarso approfondimento) del nostro Eymerich. Nel corso della vicenda Delany, cresciuto da uno strano parente che lo ha addestrato alle tecniche di combattimento arabe, scoprirà che la sua capacità di guarigione estremamente veloce (non come quella di Wolverine, però) è in realtà un fatto ereditario e non unico. E il potere dei suoi geni lo spingerà a compiere un rito vampirico contro il suo avversario per acquisirne la forza e il vigore.
In definitiva l'inizio di una saga che mescola il vampirismo con Higlander all'interno di un romanzo storico-avventuroso, che da quest'ultimo punto di vista è ben descritto e approfondito. E' sicuramente questa parte del libro che consente a questo primo capitolo di essere comunque gradevole e divertente: una lettura veloce e interessante, che potrebbe, personalmente, anche avere un seguito.
giovedì 6 agosto 2009
Black Clouds & Silver Linings
L'ultimo lavoro dei Dream Theater, Black Clouds & Silver Linings, è una sorta di ritorno alle origini già fin dalla copertina, rispetto a Systematic Chaos, che si potrebbe considerare una sorta di inevitabile tappa intermedia nel percorso del gruppo.
D'altra parte, però, ci sono anche molte più contaminazioni con altri sotto generi metallici, come il dark o il gothic, ma nel complesso il nuovo cd dei Dream è decisamente molto bello, al tempo stesso classico e nuovo per il mitico gruppo che ha inventato il progressive. Oserei quasi accostarli ai Pink Floyd per le sperimentazioni che utilizzano sia nel cd principale sia negli altri due: ebbene sì, lo confesso! Sono uno di quelli che ha preso l'edizione speciale in 3 cd!
Il secondo cd, Uncovered, presenta cover dei Rainbow, Queen (particolarmente riuscite), Dixie Dregs, Zebra, King Crimson, Iron Maiden, tutte splendidamente eseguite. Il terzo cd, invece, ripropone Black Clouds & Silver Linings, ma in versione strumentale.
In definitiva un bel cd almeno da ascoltare da cima a fondo!
D'altra parte, però, ci sono anche molte più contaminazioni con altri sotto generi metallici, come il dark o il gothic, ma nel complesso il nuovo cd dei Dream è decisamente molto bello, al tempo stesso classico e nuovo per il mitico gruppo che ha inventato il progressive. Oserei quasi accostarli ai Pink Floyd per le sperimentazioni che utilizzano sia nel cd principale sia negli altri due: ebbene sì, lo confesso! Sono uno di quelli che ha preso l'edizione speciale in 3 cd!
Il secondo cd, Uncovered, presenta cover dei Rainbow, Queen (particolarmente riuscite), Dixie Dregs, Zebra, King Crimson, Iron Maiden, tutte splendidamente eseguite. Il terzo cd, invece, ripropone Black Clouds & Silver Linings, ma in versione strumentale.
In definitiva un bel cd almeno da ascoltare da cima a fondo!
mercoledì 5 agosto 2009
Hanno distrutto la Terra
Hanno distrutto la Terra. Questo urlano i protagonisti del romanzo di Poul Anderson, fisico e scrittore di fantascienza e fantasy. Tra le sue creazioni più belle e brillanti, la Pattuglia del Tempo, un gruppo di avventurieri che viaggiano lungo il tempo per riparare a eventuali errori nel flusso temporale o a risolvere i problemi creati dai terroristi temporali, tutto per far sì che il futuro dell'umanità possa compiersi.
Nella serie di racconti temporali di Anderson, lo scrittore dimostra una grande e vasta cultura sia come storico sia come... mitologo! Questo suo aspetto, oltre allo stile preciso, rapido e asciutto, viene ottimamente dimostrato nel corso del romanzo, durante il quale vengono descritte le peripezie di due gruppi di terrestri che vagano nello spazio dopo la distruzione della Terra.
Gli aspetti negativi del romanzo, però, che ho recuperato a Milano su una bancarella, stanno da una parte proprio nella sua rapidità.
I vari aspetti, le varie vicende sono scarsamente approfondite: ad esempio c'è poca attenzione alle battaglie spaziali, in particolare a quelle conclusive, che non sono per nulla descritte; non dimentichiamo poi che le avventure della missione spaziale europea, tutta femminile, sono in proporzione molto minori rispetto a quelle dell'equipaggio statunitense, tutto maschile.
Un romanzo comunque gradevole, molto utile per queste torride giornate estive.
Nella serie di racconti temporali di Anderson, lo scrittore dimostra una grande e vasta cultura sia come storico sia come... mitologo! Questo suo aspetto, oltre allo stile preciso, rapido e asciutto, viene ottimamente dimostrato nel corso del romanzo, durante il quale vengono descritte le peripezie di due gruppi di terrestri che vagano nello spazio dopo la distruzione della Terra.
Gli aspetti negativi del romanzo, però, che ho recuperato a Milano su una bancarella, stanno da una parte proprio nella sua rapidità.
I vari aspetti, le varie vicende sono scarsamente approfondite: ad esempio c'è poca attenzione alle battaglie spaziali, in particolare a quelle conclusive, che non sono per nulla descritte; non dimentichiamo poi che le avventure della missione spaziale europea, tutta femminile, sono in proporzione molto minori rispetto a quelle dell'equipaggio statunitense, tutto maschile.
Un romanzo comunque gradevole, molto utile per queste torride giornate estive.
martedì 4 agosto 2009
In fondo alla palude
Harry e la sorellina, Tom, trovano il cadavere di una donna ucciso e martoriato. E' una nera. Il caso viene gestito dal padre di Harry, barbiere tutti i giorni e uomo di legge se e quando capita. L'omicidio, purtroppo, è il primo di una serie che, tra le tensioni del Texas degli Anni Trenta tra bianchi e neri, con i primi che considerano questi ultimi ancora al livello di schiavi, i dubbi del padre di Harry, la leggenda dell'Uomo Capra che si aggira tra i boschi, alla fine verrà risolto proprio dai due ragazzini e semplicemente per caso, come nella vita reale.
La magia di Joe Lansdale nei suoi romanzi e in particolare per In fondo alla palude è proprio la sua abilità nel descrivere con grande precisione la vita reale dei personaggi: Champion Joe non si nasconde, racconta la faccia nascosta degli Stati Uniti, quella che non vogliono mostrare (ma che in questo periodo, con un presidente nero, Barak Obama, non possono fare a meno di mostrare) e lo fa con violenza, senza retorica. Emerge anche il Lansdale maestro dell'orrore, con l'esplorazione delle tradizioni mistiche, voodoo della comunità afroamericana, utilizzate per dare ancora più tensione a una vicenda che già per la sola trama è ricca di tensione.
E' un ricordo d'infanzia, un crudo racconto di vita, morte, violenza e razzismo, di follia e terrore, un racconto a tratti corale in cui, nonostante la voce narrante sia quella di Harry, ormai vecchio, il vero protagonista è il villaggio con le sue ipocrisie e la sua chiusura all'esterno.
Semplicemente un lettura stupenda!
La magia di Joe Lansdale nei suoi romanzi e in particolare per In fondo alla palude è proprio la sua abilità nel descrivere con grande precisione la vita reale dei personaggi: Champion Joe non si nasconde, racconta la faccia nascosta degli Stati Uniti, quella che non vogliono mostrare (ma che in questo periodo, con un presidente nero, Barak Obama, non possono fare a meno di mostrare) e lo fa con violenza, senza retorica. Emerge anche il Lansdale maestro dell'orrore, con l'esplorazione delle tradizioni mistiche, voodoo della comunità afroamericana, utilizzate per dare ancora più tensione a una vicenda che già per la sola trama è ricca di tensione.
E' un ricordo d'infanzia, un crudo racconto di vita, morte, violenza e razzismo, di follia e terrore, un racconto a tratti corale in cui, nonostante la voce narrante sia quella di Harry, ormai vecchio, il vero protagonista è il villaggio con le sue ipocrisie e la sua chiusura all'esterno.
Semplicemente un lettura stupenda!
lunedì 3 agosto 2009
La piccola provincia francese
L'avevo acquistato un anno fa, Il calore del sangue, attirato dalla quarta di copertina, ma ho sempre procrastinato la lettura, pensando che con la Némirovsky sarebbe finita, come con Hrabal in una delusione. E' stata, al contrario, una piccola rivelazione.
Il piccolo e breve romanzo della scrittrice francese è insolitamente raccontato, almeno per l'età della scrittrice, dal punto di vista di un uomo che ormai ha vissuto la maggior parte della sua vita. Dopo aver tanto viaggiato è tornato nel suo paese natio, un posto tranquillo, dopo tutto, in cui come in ogni paese della provincia, anche e soprattutto italiana, tutti conoscono tutti. E come in ogni paesotto le voci, i pettegolezzi, non fanno altro che girare, crescere, e l'ostracismo e la diffidenza verso i nuovi, i diversi, sono quasi all'ordine del giorno. Dietro poi la patina di perbenismo sotto la quale si nascondono gli abitanti del paese si nascondono segreti, tradimenti, amori inconfessabili anche a se stessi.
Un romanzo veramente molto bello che scivola via con una prosa bella, semplice, pur se con pochi dialoghi. Un romanzo da leggere assolutamente.
Il piccolo e breve romanzo della scrittrice francese è insolitamente raccontato, almeno per l'età della scrittrice, dal punto di vista di un uomo che ormai ha vissuto la maggior parte della sua vita. Dopo aver tanto viaggiato è tornato nel suo paese natio, un posto tranquillo, dopo tutto, in cui come in ogni paese della provincia, anche e soprattutto italiana, tutti conoscono tutti. E come in ogni paesotto le voci, i pettegolezzi, non fanno altro che girare, crescere, e l'ostracismo e la diffidenza verso i nuovi, i diversi, sono quasi all'ordine del giorno. Dietro poi la patina di perbenismo sotto la quale si nascondono gli abitanti del paese si nascondono segreti, tradimenti, amori inconfessabili anche a se stessi.
Un romanzo veramente molto bello che scivola via con una prosa bella, semplice, pur se con pochi dialoghi. Un romanzo da leggere assolutamente.
domenica 2 agosto 2009
sabato 1 agosto 2009
La linea nel Vecchio West
Per augurare a tutti un buon agosto, probabilmente di vacanze, eccovi un'avventura della Linea nel Vecchio West:
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