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La rivoluzione che Riemann portò nella matematica va al di là della semplice ipotesi che porta il suo nome. I suoi principali contributi possono essere considerati quelli nella geometria, in particolare nell'aver imposto all'attenzione dei suoi colleghi le così dette geometrie
non-euclidee, ovvero quel tipo di geometrie che differiscono da quella Euclidea ad esempio perché non si
svolgono lungo un piano ma lungo una superficie sferica. Questa rivoluzione portò la matematica, e con essa anche la fisica, nel XX secolo: in effetti uno dei matematici più apprezzati che operò a cavallo tra XIX e XX secolo,
Henri Poncaré, fu inevitabilmente influenzato da Riemann e dalla sua
nuova matematica.
Georg Friedrich Bernhard Riemann nacque il
17 settembre 1826 a
Breselenz, in Germania. Secondo genito della coppia
Friedrich Bernhard Riemann, pastore luterano, e
Charlotte Ebell, non visse certo nell'oro, soprattutto considerando che in totale i genitori di Georg ebbero 6 figli, 4 femmine e 2 maschi, dei quali solo la maggiore, Ida, ebbe una vita tutto sommato lunga per i canoni dell'epoca. D'altra parte lo stesso Riemann, timodo, tranquillo e schivo, ebbe una salute non proprio di ferro: non a caso, insieme con la moglie
Elise Koch, amica della sorella Ida, negli ultimi anni di vita decise di trasferirsi in Italia, paese dal clima più mite, dove morì nel luglio del 1866 a
Selesca sulle rive del Lago Maggiore.
Gli anni giovanili, dedicati allo studio, trascorsero prima ad Hannover e poi a Lunenburg, dove il preside della locale scuola superiore, tale
Schmalfuss, sembra che incoraggiò l'interesse di Riemann verso la matematica, probabilmente prestandogli testi di matematica avanzata, tra cui il
Théorie des Nombres di
Adrien-Marie Legendre, volume che, narra la leggenda, Georg imparò a memoria dopo appena una settimana!
L'episodio, al di là della sua veridicità, illustra comunque il talento mnemonico prodigioso del giovane Riemann, un talento che, grazie al rigore matematico, riuscì a mettere a frutto per far avanzare di grandi la disciplina che in quel tempo vedeva in
Gauss il suo massimo esponente e in
Gottinga l'Università più prestigiosa d'Europa.
In effetti a Gottinga Riemann andò non per studiare matematica, ma teologia, per seguire le orme del padre, dunque. Però dopo appena un anno il nostro seguì le sue inclinazioni e passò così allo studio della matematica. Dopo la laurea e la partecipazione ai moti del 1948, conseguì il dottorato a Berlino (1851) per poi ottenere il posto da associato (1857), che diventa anche il suo primo stipendio stabile, e successivamente da ordinario (1859) a Gottinga.
Sebbene la sua carriera accademica si svolse principalmente a Gottinga, una parte molto importante nella sua formazione la ebbe il periodo berlinese, durante il quale, tra gli altri, ebbe modo di conoscere e studiare sotto la guida di
Lejeune Dirichlet, con il quale entrò in grande sintonia, come si capisce leggendo quanto scrive
Felix Klein a tal proposito:
Il legame tra Riemann e Dirichlet fu subito forte, grazie alla profonda affinità del loro modo di pensare e ragionare. Dirichlet amava chiarire dapprima le cose a se stesso, procedendo per via immediatamente intuitiva; in seguito, analizzava con logica penetrante le questioni fondamentali, ma evitava il più possibile lunghi calcoli. Questo suo modo di procedere piaceva a Riemann, che lo fece proprio e lavorò seguendo i metodi di Dirichlet.(1)
E' con questo metodo che, ad esempio per il dottorato, propose una tesi dal titolo
Sulla rappresentabilità di una funzione mediante una serie trigonometrica, alla quale doveva affiancare una dissertazione su uno tra tre argomenti che lo stesso Riemann doveva proporre e che la commissione avrebbe scelto. E Gauss, il presidente della commissione, scelse per una discussione geometrica dal titolo
Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria: è su questo lavoro che vennero poste le basi della geometria non-euclidea!
L'altro grande capolavoro riemanniano è però l'ipotesi che porta il suo nome e che venne descritta dallo stesso Riemann nel discorso di accettazione del posto da ordinario, per poi diventare un articolo dal titolo
Sul numero dei primi minori di una grandezza data. Quel discorso iniziava così: