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Nonostante tutto ci sono, però, un paio di elementi interessanti. Iniziamo da quello squisitamente scientifico anticipato nel titolo: l'elettrodinamica quantistica.
I'm lost behind the stars
Perché due non fanno treErano anni che non riflettevo su questa frase, ma l'effetto di tornarci oggi rispetto a quando ero bambino è quello di pensarla in termini matematici. Da un punto strettamente superficiale la risposta implica la matematica più elementare: il fatto che due oggetti sono evidentemente un numero differente rispetto a tre oggetti, per esempio due mele sono diverse da tre mele (anche se magari si possono trovare mele tali per cui due mele hanno lo stesso peso di tre mele, ma già questo è pensare da fisici e in questo specifico caso sì che due fanno tre!). Il passo successivo, però, è chiedersi: ma veramente due non fanno tre?
Tutto è relativoIn effetti avevo già alcuni appunti di partenza sulla questione: li avevo presi all'epoca della recensione della biografia a fumetti di Nikola Testa realizzata per Beccogiallo da Sergio Rossi e Giovanni Scarduelli. In una delle prime pagine del volume i due personaggi che stanno ricostruendo la vita dell'inventore, si scambiano queste significative battute:
- Guarda che così Tesla farà la fine di Einstein, un professore che diceva che tutto era relativo.E in effetti Einstein era ben distante dal pensare ciò. Prendiamo, per esempio, ciò che scrisse ne Il significato della relatività:
- Beh, sarebbe già un passo avanti, no?
- Sì, però Einstein non ha mai detto quella frase.
Il significato della relatività è stato ampiamente frainteso. I filosofi giocano con la parola, come un bambino con una bambola. Relatività, per come la vedo io, semplicemente denota che certi fatti fisici e meccanici, che sono stati ritenuti positivi e permanenti, sono relativi rispetto ad altri fatti nella sfera della fisica e della meccanica. Ciò non vuol dire che ogni cosa nella vita è relativa e che abbiamo il diritto di rovesciare il mondo intero maliziosamente.Inoltre in una intervista rilasciata a George Sylvester Viereck e pubblicata il 26 ottobre del 1929 sul The Saturday Evening Post afferma:
(...) e questa volta svanì piuttosto lentamente, iniziando dalla punta della coda e finendo con il sogghigno, che rimase per un po' dopo che il resto era scomparso.L'immagine del sogghigno del gatto del Cheshire non è, però, un'idea completamente originale di Lewis Carroll. C'è, infatti, un riferimento nell'edizione del 1788 di A Classical Dictionary of the Vulgar Tongue di Francis Grose:
"Be'! Ho visto spesso un gatto senza un sogghigno" pensò Alice, "ma un sogghigno senza un gatto! E' la cosa più curiosa che abbia mai visto in tutta la mia vita!"
Cheshire cat. He grins like a Cheshire cat; said of any one who shows his teeth and gums in laughing.Ancora nel 1792 John Wolcot in Pair of Lyric Epistles scrive:
Lo, like a Cheshire cat our court will grin.E infine, nel 1855, dieci anni prima della pubblicazione dell'edizione completa di Alice nel Paese delle Meraviglie nel romanzo The Newcomes di William Makepeace Thackeray troviamo la abbastanza sarcastica frase:
That woman grins like a Cheshire cat.L'origine del detto è abbastanza ignota, e c'è una supposizione legata al fatto che nel Cheshire c'è così tanta abbondanza di latte e crema che i gatti lì sghignazzano. Nel caso del Gatto del Cheschire per eccellenza, però, è probabilmente un misto tra follia e puro e semplice divertimento. Sta di fatto, però, che l'idea del gatto che scompare e più in generale di una immagine che si strasforma era particolarmente gradita a Carroll, che ideò un particolare porta francobolli. Sui due lati erano realizzate due scene tratte dal romanzo, una quella di Alice con in braccio il bambino della Duchessa, e l'altro proprio il Gatto. Quando l'astuccio con i francobolli veniva estratto dal porta francobolli, le due immagini si trasformavano, lasciando Alice con in braccio un maialino da un lato e il solo sogghigno del Gatto dall'altro!